Un risk premium per gli operatori di telecomunicazioni che
realizzeranno le nuove reti Ngn. E nessun obbligo, per tutti gli
altri, ad investire nelle infrastrutture ossia a condividere il
rischio. Commissione europea, Parlamento e Consiglio hanno
raggiunto l’accordo su una delle più spinose questioni alla base
dell’approvazione del nuovo Telecom Package, il pacchetto di
norme alla base della riforma del settore delle telecomunicazioni,
la cui entrata in vigore – ratifica del Testo permettendo – è
fissata al prossimo anno.
È passata dunque la proposta del Commissario europeo per la
Società dell’Informazione Viviane Reding, già sostenuta dal
Consiglio ma fino a qualche giorno fa non dal Parlamento, più
orientato invece sul risk sharing, la condivisione
dell’investimento fra tutti gli attori interessati ad usufruire
delle nuove reti. Un altro successo per la lady di ferro delle Tlc
che in vista delle elezioni europee di giugno punta a portare a
casa la storica Riforma e che si dice assolutamente fiduciosa sul
raggiungimento del risultato.
“Si sta procedendo molto velocemente in direzione
dell’approvazione nonostante siano trascorsi meno di due anni –
ossia un tempo inferiore a quello necessario a completare il
processo legislativo – dall’avvio del processo di riforma,
iniziato ufficialmente a novembre del 2007”, ha sottolineato la
Reding in occasione della conferenza stampa a seguito della
riunione del Consiglio europeo del 31 marzo. “Il processo è in
corso. Stiamo a vedere cosa succede. Ma siamo fiduciosi”, ha
aggiunto il Commissario, la quale non ha mancato di ricordare che
l’accordo raggiunto sul Testo presentato al Consiglio del 31
marzo “è stato possibile grazie alla diplomazia femminile”. E
in effetti le altre figure chiave dell’operazione “Telecom”
sono la tedesca Angelina Niebler, direttore del Comitato Industria,
Ricerca ed Energia, la sua vice francese Catherine Trautmann e la
spagnola Pilar De Castillo Vera (membro del Comitato), ribattezzate
nei corridoi di Bruxelles le “Spice Girls delle Tlc”.
In attesa della ratifica di fine maggio – l’ultima occasione per
l’approvazione formale del Testo -, sulle reti Ngn il
“triumvirato” non ha più dubbi in merito alla linea da
seguire: gli operatori di Tlc che realizzeranno le reti a banda
larghissima avranno diritto a vedersi riconosciuto un premio per
gli investimenti. Un premio che impatterà sulle tariffe di accesso
che includeranno una sorta di “fee” per ripagare gli
investimenti sulla base del rischio sostenuto. Vale a dire che le
regole per le Ngn saranno dunque diverse rispetto a quelle per le
reti in rame.
Per i grandi operatori di Tlc – gli unici che hanno la capacità
economica di investire nelle nuove infrastrutture – una manna,
tenuto conto che per la realizzazione delle reti saranno necessari
esborsi notevoli e che la domanda di mercato per i servizi
ultrabroadband al momento è inesistente. E ad accrescere il
rischio di impresa ci si è messa anche la difficile situazione
economica mondiale.
Vero è che la partita della banda larga è considerata fra le più
promettenti in termini proprio di potenzialità per la ripresa
economica. Secondo stime della Commissione europea la spinta sulla
banda larga può contribuire alla creazione di almeno un milione e
mezzo di nuovi posti di lavoro generando, entro il 2015, attività
economiche per 850 miliardi di euro (è calcolato in 82,4 miliardi
il contributo annuale complessivo delle attività broadband sul Pil
europeo).
Banda larga però non vuol dire solo Ngn. “La strategia broadband
europea è fondata sul massimo utilizzo della fibra ottica ma per
colmare le lacune ben vengano altre tecnologie, come ad esempio
quelle wireless – ha puntualizzato Mrs Reding -. Sarà totalmente
garantito il principio di non discriminazione tecnologica perché
quel che è importante è garantire i servizi al cittadino”. A
fine anno, secondo calendario, è atteso anche il pronunciamento
della Commissione europea sulla cosiddetta “funzione di scopo”
ossia sull’eventuale inserimento della banda larga fra i servizi
universali. La questione passerà di fatto sul tavolo dei nuovi
commissari (quelli eletti a giugno). Se dovesse passare la linea
dell’universal broadband gli operatori di telecomunicazioni
sarebbero obbligati a garantire la totale copertura del territorio
per i servizi di connessione a Internet ad alta velocità. Al
momento il 93% del territorio europeo risulta coperto, ma
l’attuale utilizzo dei servizi è limitato a meno di un quarto
delle abitazioni continentali.