Robot-giornalisti? Non siamo in un libro di Isaac Asimov ma nelle redazioni odierne di qualche gruppo dei media anglosassone dove sempre più spesso ci si rivolge agli sviluppatori di software per trovare dei modi per inserire algoritmi informatici nella routine quotidiana dell’industria delle notizie.
I compiti per cui sono pensati questi software sono del resto in qualche misura standard e ripetitivi: di solito si tratta di scorrere il flusso quotidiano di news per trovare notizie interessanti da cui sviluppare degli articoli. Sembra il lavoro giusto da affidare a una macchina: scandagliare i feed delle agenzie, magari costruire lanci basati su un mero resoconto di fatti e numeri, lasciando ai giornalisti umani le ricerche, le analisi e il più classico giornalismo investigativo.
Forbes.com, per esempio, usa una piattaforma di intelligenza artificiale fornita da una società hitech, la Narrative Science, per generare news automatizzate da flussi di dati in tempo reale e contenuti estratti da articoli già scritti. Questo è possibile anche perché le notizie di taglio business come quelle che pubblica il sito di Forbes sono scritte secondo uno schema preciso, con un linguaggio e un set obbligato di dati, cifre e informazioni (nomi di aziende, sigle della Borsa, ecc.).
Con lo stesso criterio l’LA Times usa i robot per “scrivere” i pezzi sui terremoti, usando un algoritmo che estrae un insieme predefinito di dati che devono sempre comparire in questo genere di news: magnitudine, luogo e ora dell’evento, ecc. I dati sono estratti automaticamente dal sito dello Us Geological Survey.
La testata britannica The Guardian ha condotto un suo esperimento per capire quanto un algoritmo possa prendere il posto degli umani chiedendo a uno sviluppatore che lavora per l’azienda, Will Franklin, di creare un giornalista-robot personalizzato per il Guardian – il Guarbot.
Pensare che i robot possano scrivere gli articoli con un discorso logico e compiuto, uno stile caratteristico e un’analisi, è ovviamente spingersi oltre quello che fanno oggi testate come Forbes o LA Times. Anche se all’inizio di quest’anno lo studioso svedese Christer Clerwall ha messo a confronto un articolo di cronaca sportiva generato da una macchina e uno scritto da un giornalista in carne ed ossa e a quanto pare i lettori non hanno trovato grandi differenze – anzi, l’articolo del robot forniva una descrizione più dettagliata.
Il Guardian riferisce però che dal suo esperimento non ha ricavato risultati altrettanto lunghieri per il robot. Il Guarbot ha dovuto estrarre da un database di articoli già scritti sulla quinoa un articolo ex novo su questo cereale e l’esito non è certo esaltante. I giornalisti in carne ed ossa non hanno per ora nulla da temere. Non almeno dagli algoritmi.