Incontro solo interlocutorio, oggi, tra Telecom Italia, sindacati e
Ministero, per portare avanti il confronto sulla tranche di 3.700
licenziamenti nell'ambito dei 4.500 tagli previsti dal piano
2010-2012.
Mentre il tavolo di oggi prosegue per un approfondimento sullo
scenario industriale, è già stato fissato un nuovo incontro per
giovedì prossimo, quando verranno nuovamente affrontati, in due
diverse riunioni, sia il nodo degli esuberi, sia il tema degli
investimenti e dei progetti per la realizzazione delle reti di
nuova generazione.
All'incontro di oggi non era presente l'amministratore
delegato di Telecom, Franco Bernabé: l'azienda era
rappresentata dal capo del personale, dal responsabile delle
relazioni industriali e dal responsabile per le reti. Mentre per il
governo, il viceministro allo Sviluppo Economico con delega alle
Tlc, Paolo Romani, ha avviato il confronto per poi lasciare il
tavolo a azienda e sindacati. Nonostante la data stabilita per il
nuovo incontro il governo è dubbioso circa la possibilità di
risolvere la vertenza entro la fione del mese, come ha ricordato
oggi il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi. ''E’
difficile pensare a una conclusione sulla vicenda degli esuberi
Telecom entro fine mese,anche se non bisogna porre limiti alla
provvidenza'', ha detto Sacconi a margine della
presentazione del rapporto Cnel. "Inoltre – ha precisato il
ministro – la considerazione sugli esuberi sarà fatta a valle
degli accordi sugli investimenti. Vedremo se e in che misura ci
saranno esuberi e che protezione del reddito potremo
individuare".
La vertenza Telecom scalda anche i banchi del Parlamento. Lo
dimostra un’interrogazione presentata al presidente del
Consiglio, al ministro del Lavoro e delle politiche sociali, al
ministro dello Sviluppo economico, al ministro dell'Economia e
delle finanze in cui 7 senatori del Pd hanno chiesto al governo di
intervenire “con la massima urgenza per convocare, quanto prima,
un tavolo tecnico con i dirigenti e i sindacati di riferimento
della Shared service center (Ssc) e di Telecom Italia per
verificare, valutata la legittimità della politica adottata dalla
Telecom, le reali intenzioni dell' azienda sul futuro dei
lavoratori della Ssc". A firmare l’interrogazione Teresa
Armato, Alfonso Andria, Anna Maria Carloni, Franca Chiaromonte,
Vincenzo De Luca, Maria Fortuna Incostante, Adriano Musi.
"Il gruppo Telecom – fanno presente i parlamentari- ha inteso
creare un unico polo informatico, con lo scopo improntato ad un
efficientamento strategico. La realtà dei fatti è però diversa e
rivela un'autentica opera di smantellamento
dell'informatica del gruppo Telecom Italia, nonché il preludio
di licenziamenti veri e propri, camuffati da cessione di ramo
d'azienda ad una società a
responsabilità limitata".
"Infatti -sottolineano i senatori del Pd- nel corso dei mesi
passati, il gruppo Telecom, per ben due volte, è stato sul punto
di vendere la Ssc, sia ad Ibm che ad Engineering, per poi
rinunciare all'ultimo momento, anche grazie alla ferma
opposizione dei suoi dipendenti. Nel giugno scorso,
l'amministratore delegato di Ssc e il responsabile delle
risorse umane di Telecom Italia hanno presentato ai sindacati il
piano industriale 2010-2012 relativo alla Ssc, nel quale, più che
presentare gli obiettivi industriali da perseguire, si fa presente
l'eccedenza di 646 lavoratori, di cui 229 nella sola sede di
Napoli".
"Con tale piano, la Telecom ha proposto ad una parte di
lavoratori in esubero(100) la possibilità di riassorbimento in
Telecom Italia, a condizione di una volontaria rinuncia a 2 livelli
di inquadramento, mentre per gli altri 500 dipendenti e' stata
espressa la volontà di arrivare ad un accordo, non precisando
contenuti né modalità". Gli interroganti affermano che
"desta forti preoccupazioni soprattutto la situazione di
Napoli, ove l'annunciato taglio di 229 addetti comporterebbe
l'eliminazione del 40% della forza lavoro, con conseguenti
drammatiche ripercussioni in un territorio ove l'occupazione è
già a livelli minimi rispetto alla media nazionale e dove,
considerata l'età, sarebbe impossibile trovare un nuovo lavoro
e prematuro andare in pensione", concludono i parlamentari.