Sale la tensione in vista dell’assemblea di Tim del 4 maggio con un duro botta e risposta tra Vivendi ed Elliott. I francesi accusano il fondo Usa di “incoerenza” per aver votato in assemblea dei soci la conferma in cda dell’Ad Amos Genish mentre “combatte contro il piano industriale difeso dallo stesso Ad e dall’intero management di Telecom Italia”. Vivendi, insomma, ricorda che Genish ha messo la firma sul piano industriale voluto proprio da Vivendi.
Elliott non ci sta e si dice “molto preoccupato” non solo per “i fallimenti” di Vivendi nella corporate governance di Tim, ma anche per “le recenti accuse di corruzione che coinvolgono Vicent Bollorè”. “Questo è solo l’ultimo caso di un track record tribolato di conflitti di interesse, interesse personale e questioni ancora più gravi di potenziale criminalità da parte di coloro che pretendono di chiedere la nostra fiducia per guidare Tim”, si legge in un appello ai soci di Tim. Dopo l’assemblea del 24 aprile, in cui Genish ha trovato ampio sostegno anche tra i due contendenti, ora c’è attesa per l’assise del 4 maggio, in cui la lista del fondo statunitense, composta da dieci indipendenti, sfiderà quella del socio di controllo francese.
Vivendi intanto si dichiara “lieta” del “plebiscito” per Genish, nominato amministratore di Tim con oltre il 98% dei voti da parte dell’assemblea del 24 aprile, che “dimostra la diffusa fiducia di tutti gli azionisti Telecom Italia sulla qualità di Amos Genish nel realizzare il piano industriale di sviluppo e crescita sostenibile dell’azienda italiana”. “A questo proposito”, prosegue il comunicato, “Vivendi nota l’incoerenza della posizione del fondo attivista Elliott che ha sostenuto Amos Genish in occasione del voto anche se il fondo di combatte il piano industriale difeso dal ceo e dall’intero management di Telecom Italia”, mentre “le proposte di smantellamento di Telecom Italia, come descritte nella nota pubblicata da Elliott il 9 aprile, sono state chiaramente respinte dallo stesso management di Telecom Italia con la sua nota del 17 aprile”.
Secondo i francesi, “l’assemblea generale di Telecom Italia del 4 maggio consentirà agli azionisti di esprimere le proprie opinioni sul progetto industriale che desiderano implementare all’interno della propria azienda” e la lista di Vivendi, guidata da Genish, “riunisce un insieme di candidati altamente qualificati per continuare il lavoro svolto in questi mesi da Telecom Italia e che ha già iniziato a dare i suoi frutti”. “In una logica di democrazia degli azionisti che è sempre stata difesa da Vivendi, questa lista rafforza la gamma di competenze e opinioni”, conclude la nota.
Elliott ribadisce il giudizio positivo su Genish, sottolineando che “se eletti i candidati di Elliott “valuteranno con il management il merito di tutte le proposte in grado di creare valore e deciderebbero se e quando implementarle nel miglior interesse per la creazione di valore a lungo termine per tutti gli azionisti”. Elliott ricorda anche ai soci che, in caso di vittoria della sua lista, il cda di Tim sarebbe composto dai suoi dieci candidati a cui si aggiungerebbe il ceo Amos Genish, candidato da Vivendi, un dirigente esecutivo di Vivendi (il ceo Arnaud de Puyfontaine, ndr) e tre amministratori scelti sempre dai francesi.
In campo anche i piccoli azionisti. “Tutti dobbiamo riflettere sul fatto che l’azionista di maggioranza di Vivendi che è anche azionista di maggioranza di Tim e su di essa esercita ‘controllo di fatto’, mette potenzialmente a rischio una azienda fondamentale per lo sviluppo del Paese”, Si legge in una nota di Asati
L’assemblea del 4 maggio è un “appuntamento fondamentale per far emergere Elliott e per numerosi diversi aspetti, per avviare un percorso verso una vera public company, per una significativa riduzione del debito, per migliorare il rapporto debito/ebitda, per la distribuzione dei dividendi a partire dal bilancio 2018, per ri-costruire un rapporto con i piccoli azionisti, per sperare in una partecipazione piu’ importante nel capitale Tim da parte di Cdp, per realizzare la NetCO, una Rete unica con Open Fiber per evitare diseconomie, con il controllo di Tim e con le sue professionalità al servizio dello sviluppo del Paese”, concludono i piccoli azionisti.
Tim diventa dunque terreno di forte scontro. Ma indipendentemente da chi sarà il vincitore della “guerra delle due assemblee” è evidente che Tim ha bisogno finalmente di una governance stabile, con un progetto industriale proiettato al futuro, con amministratori dediti all’interesse della società e non distratti da questo o quell’azionista per quanto importante.