Samsung Electronics ha nominato per la prima volta un direttore non esecutivo come presidente del Cda, allo scopo di aumentare la trasparenza e l’indipendenza della governance. Si tratta di Bahk Jae-wan, ex ministro delle Finanze, che prende il posto di Lee Sang-hoon, in carcere da dicembre per aver interferito con l’attività dei sindacati. La nomina è effettiva da subito.
Vertici Samsung nella bufera
Samsung si è trovata al centro di un vasto scandalo su tangenti e corruzione che ha travolto l’intero paese nel 2016 e causato l’impeachment e l’incarcerazione della ex presidente Park Geun-hye. Una serie di top manager, tra cui il numero uno de facto del gruppo, Jay Y. Lee, considerato l’erede del colosso dell’elettronica, sono sotto processo, accusati di aver dato soldi alla presidente in cambio di favori per Samsung.
Samsung ha dichiarato che Bahk, 65 anni, già serve come direttore esterno per Samsung dal marzo del 2016 e ha “una profonda conoscenza dell’azienda e del cda”. Bahk , continua la nota di Samsung, “ha una vasta e preziosa esperienza come amministraotre….e ci aspettiamo che guidi le deceisioni strategiche del board”.
Il predecessore di Bahk ha dato le dimissioni dopo nemmeno due anni come chairman del cda. Già la sua nomina era una novità per Samsung perché ha separato i ruoli di presidente e di chief executive per accrescere l’indipendenza del board visto che Jay Y. Lee era rimasto coinvolto nello scandalo che ha portato all’impeachment della presidente Park.
“Non do grande peso alla nomina di Bahk”, ha commentato su Reuters Park Sang-in, professore della Seoul National University ed esperto di corporate governance. “Bahk è già stato nel board di Samsung, lo considero un interno”.
Il presidente del board di Samsung non è coinvolto in attività operative quotidiane ma presiede le riunioni del Cda per passare in rassegna e approvare le più importanti decisioni di business, compresi i piani di investmento.
Lo scandalo che ha coinvolto Jay Lee
Intanto i guai legali per “l’erede al trono Lee” continuano: ad agosto scorso la Corte suprema della Corea del Sud ha in parte respinto la sentenza favorevole ottenuta in appello da Lee e deciso che le accuse contro il top manager andranno giudicate da un tribunale di grado inferiore. Ciò apre le porte a condanne più pesanti, compresa la detenzione.
A fine 2017 i procuratori della Corea del Sud hanno chiesto 12 anni di carcere contro Lee alla Corte di appello, dopo una condanna a cinque anni inflitta in primo grado. Ma a febbraio 2018 Lee ha vinto l’appello ed è stato scarcerato, avendo ottenuto la riduzione della condanna a due anni e mezzo e la sospensione della pena. Il caso è poi passato alla Corte Suprema che avrebbe dovuto dare il verdetto definitivo; invece, i giudici supremi hanno concluso che l’interpretazione di corruzione accettata dall’Alta Corte di Seul è troppo ristretta e hanno ordinato un nuovo passaggio al tribunale d’appello.
Lee junior, 51 anni, è figlio di Lee Kun-hee, a sua volta figlio del fondatore di Samsung e presidente del gruppo. Secondo l’accusa Lee avrebbe cercato favori dalla ex presidente per ottenere l’appoggio al suo piano di successione alla guida aziendale: l’obiettivo sarebbe di assicurarsi uno stretto controllo di Samsung a scapito di altri manager o membri della famiglia. Gli avvocati di Lee sostengono che Samsung non ha mai ricevuto favori dalla Park e che qualunque pagamento fatto da Samsung era solo una risposta a quanto richiesto dalla ex presidente.