Commercio elettronico e polizze sempre più nel futuro di Poste
Italiane, per bilanciare il declino dei settori tradizionali: si
scrivono meno lettere ma il business digitale viaggia più veloce
che mai. Ieri il board ha esaminato i conti del 2009, chiuso a
livello di gruppo con un utile netto a 904 milioni (+2,4%) e ricavi
a 20 miliardi (+12,6%), grazie anche al successo dei servizi
assicurativi (+29%) e delle carte prepagate Postepay (5,6 milioni,
+22,8%; l’Ad Massimo Sarmi le definisce la “Coca-cola
italiana”).
“Il nostro progetto di mall virtuale è stato appena scelto dal
ministero dello Sviluppo economico tra quelli più innovativi: la
nostra intelligence tecnologica permetterà di incrociare
l’offerta di prodotti delle aziende con il profilo del
consumatore di quel tipo di merce, così le Poste diventeranno
anche una piattaforma di garanzia del commercio elettronico”,
sottolinea Sarmi, intervistato dal Corriere della Sera. “Il
prossimo mese, poi, ci aspettiamo il via libera dell’Isvap per
Poste Assicura, il nuovo ramo danni che si affiancherà a Poste
Vita e al Banco Posta”.
Il gruppo italiano non può permettersi, infatti, di riposare sugli
allori. Come per altri settori, anche il servizio postale sta
combattendo la lotta intestina tra declino storico della carta e
boom del digitale. Per questo l’agenda di Sarmi si divide tra
viaggi all’estero per esportare il modello del gruppo italiano
(la prossima settimana sarà in Russia), progetti tecnologici
all’avanguardia e sviluppo di nuovi servizi per reinventare il
lavoro del postino e della rete dei 14 mila uffici postali. “Sul
business delle lettere la perdita quest’anno sarebbe stata di
oltre 400 milioni”, nota Sarmi. “I nuovi servizi ne hanno
generati oltre 200. Non siamo al pareggio ma credo che la crescita
dei servizi continuerà”.
Poste Italiane è anche il più grande gruppo del Paese in termini
di dipendenti: 154 mila. L’innovazione riuscirà a salvare i
postini? “Fino a quando ci sarà bisogno di una rete fisica
diffusa sul territorio le Poste ci saranno”, risponde Sarmi.
“Ma dobbiamo valorizzare la mobilità in modo più ampio. Già
oggi 12 mila postini sono abilitati tramite pos a nuove
funzionalità di pagamento”: in pratica, portano a casa del
cliente alcuni servizi dell’ufficio postale. In futuro il cliente
potrebbe “chiedere la funzionalità di pagamento e prenotazione
di una visita medica o anche acquistare farmaci”, anticipa
l’Ad. “Il settore sanitario si presta molto bene a questo
sviluppo di servizi”.
Proprio la crescita nei servizi permette a Poste Italiane di
allontanare il fantasma della ristrutturazione. I sindacati
parlano, allarmati, di 5-10 mila esuberi, ma Sarmi frena: il gruppo
italiano è in ottima salute, con un ebitd sui ricavi del 13,8%
(quello del gruppo postale tedesco è l’1%, in Olanda si viaggia
sul 3-4%, Usa e Gran Bretagna sono in rosso). “Abbiamo una
redditività elevata pur mantenendo l’occupazione e nonostante le
difficoltà della corrispondenza. Ma il lavoro dei manager è anche
anticipare e per questo pensiamo a corsi di formazione per favorire
la migrazione interna verso servizi nuovi”.
Altro nodo da risolvere è quello della banda larga, necessaria a
supportare gli investimenti imponenti fatti da Poste Italiane sui
servizi ad alto valore tecnologico. “Non si può essere sommari
nel prevedere una banda di larghissima dimensione ma bisogna
partire dal mercato”, secondo Sarmi. “L’infrastruttura a
tutti si può fare quando le risorse sono ampie. Viceversa bisogna
trovare le soluzioni per i servizi offerti. Stiamo pensando di
usare la rete mobile di prossima generazione come possibile
soluzione radio sostitutiva per aree dove è più difficile
arrivare”. Non il wi-max, però: “Abbiamo l’esperienza ma
avremmo dovuto partecipare alla gara a livello nazionale e non
abbiamo ritenuto di doverlo fare”.
Ma il futuro di Poste è molto variegato: c’è la vendita di
servizi all’estero (come il contratto per fornire il servizio di
firma digitale in Albania) e anche la fornitura dei servizi per gli
incentivi in corso del governo. Sarmi assicura che Poste ci
guadagnerà “investendo le giacenze. Per legge dobbiamo
acquistare solo titoli di Stato europei, in sostanza quasi tutti
italiani. Ma guadagniamo anche così”.