LA GUERRA DELL'ETERE

Sassano: “Subito un piano frequenze bis”

Il professore di Ricerca Operativa al Dipartimento di Informatica della Sapienza di Roma: “L’Italia ha tre anni di tempo per disegnare un nuovo assetto della banda Uhf. O sarà a rischio il futuro della comunicazione digitale”

Pubblicato il 06 Mar 2012

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Frequenze, l’Italia deve rimboccarsi le maniche. E presto. Perché lo scenario internazionale dello spettro radio è cambiato in un batter d’occhio con l’ultima Conferenza Mondiale Wrc-12 di Ginevra e con la delibera di febbraio del Parlamento europeo. E ora l’equilibrio italiano che sembrava faticosamente raggiunto, sia pure con il nodo beauty contest, sta per crollare sotto i colpi delle nuove richieste che spingono per destinare nuove fette dell’etere alle reti mobili, agli smartphone e ai tablet invece che alla vecchia tv. Davanti a noi solo tre anni di tempo. Se l’Italia traccheggerà, facendosi trascinare di nuovo in scelte antistoriche, rischia di pagare un prezzo salato. E di precipitare in un vertiginoso gap tecnologico ed economico rispetto al resto del mondo.
Ma c’è una possibilità in corner. Con un colpo di coda il nostro Paese potrebbe ancora “giocare un ruolo da protagonista ai tavoli dell’Itu”, dice Antonio Sassano, Ordinario di Ricerca Operativa al Dipartimento di Informatica alla Sapienza di Roma. Coordinando cioè i lavori in vista del 2015, quando i paesi dell’area uno dovranno presentare i nuovi “assetti” frequenziali, chiarendo quali parti dare alle Tlc e quali alle tv. Tenendo a mente, oltretutto, che il Parlamento europeo chiede oltre mille MHz aggiuntivi a favore della banda larga mobile.
Professore, cosa è successo al Wrc-12 di tanto sconvolgente?
È successo che i delegati dei 165 Paesi presenti alla conferenza hanno raggiunto “inaspettatamente” un accordo per attribuire al mobile, a partire dal 2015, la banda 694-790 MHz, cioè la banda 700 MHz. L’accordo accoglie una richiesta presentata dai paesi arabi e africani della Regione 1 (l’area che copre, oltre all’Europa, l’Africa, il Medioriente e parte dell’Asia) che chiedevano di utilizzare per le comunicazioni mobili la banda 700 MHz, attualmente utilizzata in modo esclusivo dalla Tv.
Perché “inaspettatamente”?
Perché tutti si aspettavano che la Conferenza avrebbe rimandato al 2015 la decisione sul secondo dividendo digitale. E invece, a sorpresa, per rispondere alla pressante richiesta degli stati Africani e Arabi (sostenuti dagli stati dell’Asia-Pacific e dagli Stati americani) ha dovuto anticipare i tempi ed è stata “costretta” a deliberare che le frequenze del secondo dividendo digitale sono i 12 canali da 8 MHz (in tutto 96 MHz) della banda 700 MHz.
Come mai tutto questo interesse da parte dei paesi arabi del Maghreb?
Intanto va detto che lo sviluppo della banda larga mobile (le cosiddette tecnologie Imt) è avvenuto su frequenze e con canalizzazioni diverse in aree geografiche diverse. In Europa, dove la banda 700 MHz (i canali dal 49-60) è occupata dalla televisione, ci si era finora limitati ad assegnare all’Imt la banda 800 MHz (i canali dal 61 al 69). Nella zona Asia-Pacifico (la Regione 3) dove le frequenze della banda 800 erano già utilizzate dalle Tlc, la banda 700 MHz è invece destinata all’espansione della telefonia mobile. Negli Stati Uniti, in Canada e in Sud America si è optato per l’uso della banda 700 MHz con una canalizzazione più flessibile. Negli Stati Uniti, in particolare, larghe porzioni della banda 700 MHz sono già state assegnate e utilizzate da parte degli operatori Lte come At&t e Verizon e si marcia a tappe forzate verso l’assegnazione del resto della banda Uhf. I Paesi arabi e africani della Regione 1 sono invece in una situazione particolarmente spiacevole: le frequenze della banda 800 MHz sono quasi tutte impegnate da altri usi e il dividendo digitale ricavabile è limitato. La banda 700 MHz, che i Paesi Europei hanno preservato per la TV, è invece poco utilizzata dato che in quei Paesi il servizio televisivo è prevalentemente satellitare. Dunque Africa e Medio-Oriente non hanno un dividendo digitale e sottoutilizzano le frequenze 700 MHz che potrebbero, invece, essere più utilmente impiegate per realizzare reti a banda larga wireless meno costose e adatte a servire territori molto estesi, poco abitati e dotati di limitate infrastrutture civili.
Quindi hanno chiesto di poter realizzare subito nuove reti Tlc sulla banda 700, altrove destinata alla tv digitale terrestre.
Esatto. L’accordo allinea la Regione 1 alle politiche delle altre due regioni, creando di fatto un mercato globale per i terminali mobili. Quindi la Conferenza di Ginevra ha individuato, nella banda 700 MHz, il secondo dividendo digitale. Ma non basta. La Conferenza del 2012 ha già deciso che questa allocazione, anche se su base co-primaria con il broadcasting, sarà effettiva dalla Conferenza del 2015. Questo è il massimo compromesso ottenuto dalle emittenti televisive europee. Tre anni di tregua e di intenso lavoro preparatorio.
Anche il parlamento europeo ha parlato di 1.200 MHz da liberare entro il 2015.
Sì, il “Radio Spectrum Policy Programme” prevede che in tutta Europa la banda 800 MHz debba essere dedicata in modo esclusivo alle Tlc mobili. Inoltre invita tutti gli Stati ad avviare un inventario dello spettro che consenta, entro il 2015, di individuare almeno 1.200 MHz di spettro alla banda larga wireless: un’enormità se si pensa che i 9 canali della banda 800 MHz appena assegnati con procedura d’asta occupano 72 MHz.
Dunque il 2015 sarà un anno decisivo.
Sì perché il combinato disposto delle azioni di Itu ed Eu costringeranno tutte le amministrazioni europee ad indicare, nel più breve tempo possibile, le esigenze di spettro nazionali per gli operatori mobili e per il servizio di “broadcasting” radio-televisivo e a contribuire alla definizione delle opzioni di assegnazione e canalizzazione delle frequenze 700 MHz. Entro, appunto, il 2015.
Anche l’Italia ha tre anni di tempo.
Sì, e sono pochissimi per predisporre e difendere ai tavoli tecnici Itu un’eventuale “posizione Paese” e per avviare un ri-pianificazione della banda 700 MHz. Una “ri-pianificazione” che dovrebbe inevitabilmente coinvolgere il resto della banda Uhf dal momento che la banda 700 (i canali dal 49 al 60) contiene 3 dei 5 canali attualmente utilizzati da Mediaset (49, 52, 56), un canale dei 3 attualmente utilizzati da Telecom Italia Media (60), il canale utilizzato da Dfree (50), quello utilizzato da ReteCapri (57) e quattro canali destinati al “beauty contest” (54, 55, 58, 59). Insomma, 10 canali utilizzati dalle emittenti nazionali su 12.
Qual è la prima cosa da fare?
Bisogna iniziare subito a disegnare il nuovo assetto della Banda
Uhf allo scopo di evitare gravi errori strategici. Ne cito solo alcuni: proseguire con la transizione nel Sud Italia senza un nuovo piano delle frequenze compatibile con le decisioni del Wrc-12, assegnare provvisoriamente le frequenze “ex-beauty contest” alle televisioni fino al 2018 o, infine, assegnare definitivamente ad emittenti nazionali (o locali) le frequenze senza aver prima ottenuto i coordinamenti internazionali e magari farlo per 15 o 20 anni (come, per altro, era previsto dal “beauty contest).
Qual è il rischio?
Ormai l’Italia è un paese al confine tra chi utilizzerà le frequenze della Banda 700 per la banda larga mobile e chi continuerà ad utilizzarle, almeno parzialmente, per la tv. I Paesi del Nord-Africa sono a 100 Km di mare da noi e il mare è un amplificatore per il segnale elettromagnetico: dunque tutte le frequenze della banda 700 MHz utilizzate nel Sud dovranno rispettare i diritti alla protezione delle future reti mobili del Nord-Africa. Inutile dire che dopo il Wrc-12 i Paesi del Nord-Africa saranno molto più severi nel darci un consenso al coordinamento delle frequenze nella banda 700 MHz.
Ma in Sicilia non si usano le frequenze del Piano da lei ideato?
Il Piano Agcom è uno strumento di pianificazione e prevede l’uso di frequenze anche in aree non previste dal Piano di Ginevra 2006. Sulla base del Piano Agcom, il ministero si sarebbe dovuto immediatamente attivare per raggiungere accordi bilaterali con tutti i Paesi vicini e solo allora le reti digitali sarebbero state ufficialmente registrabili a Ginevra. Ma tutto ciò non è stato fatto. Ci si è cullati nell’illusione che fosse possibile utilizzare tutte le frequenze da tutti i siti e senza nessun vincolo. Non averlo fatto si rivelerà come uno dei più grandi errori strategici degli ultimi anni. Ora il tempo è scaduto. Tutto deve essere ridiscusso alla luce del fatto che la banda 700 MHz ha un valore molto più alto per i nostri vicini del Nord-Africa. Inoltre molte nazioni europee, le cui aziende sono interessate al business della banda larga mobile nel Maghreb, sosterranno le richieste dei nostri vicini. Il coordinamento, che era possibile in uno scenario “televisivo” ora è diventato una “mission impossible”.
Cosa potrebbe succedere?
Che se i nostri vicini decideranno di non stipulare accordi bilaterali, potremo attivare esclusivamente impianti che utilizzano le frequenze degli “allotment” certificati dal Piano di Ginevra del 2006. Ad esempio, ma sono solo alcuni dei molti esempi possibili, il canale 52, assegnato a Mediaset, non potrà essere utilizzato in nessuna provincia della Sicilia e il canale 56, sempre Mediaset, potrà essere utilizzato solo per servire le province di Messina e Catania. Infine il canale 60 (Telecom Italia Media) potrà essere utilizzato solo per servire la provincia di Enna.
Altrimenti dice che le trasmissioni tv irradiate in Sicilia disturberanno la trasmissione del segnale sui cellulari in Africa?
Voglio dire che le condizioni tecniche di convivenza tra le nostre trasmissioni televisive e la banda larga mobile nord-africana, che come abbiamo visto dovranno essere definite nei prossimi tre anni, potrebbero costringere i “broadcaster” che avranno in uso i canali della Banda 700 MHz a modificare i propri impianti in modo tale da difendere dall’interferenza le stazioni radio-base o gli apparati mobili (dipenderà dalla canalizzazione prescelta in sede Itu) in Algeria, Libia e Tunisia. Si tratta di vincoli, specialmente quelli sulle stazioni radio base, molto duri da rispettare.
Uno scenario molto complicato…
In qualche modo saremo il campo di battaglia di questa “guerra delle frequenze” e dunque, credo che dovremo essere in prima fila per discutere non “se” questa nuova transizione avrà luogo, come qualcuno ha già iniziato a fare nel nostro dibattito nazionale auto-referenziale, ma piuttosto le condizioni tecniche, i tempi e le modalità operative che caratterizzeranno questo nuovo “switch- over”.

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