Ministro, siete accusati di fare poco per lo sviluppo delle
infrastrutture in banda larga. Che tra l’altro sarebbero anche un
volano anticrisi.
Accusa respinta. Anzi, uno dei meriti del nostro Governo è stato
di aver portato la banda larga al centro del dibattito sulle
infrastrutture strategiche del Paese. Ed è stato proprio il mio
ministero a proporre la banda larga come una delle ricette per
superare la crisi, nella consapevolezza che investire in
infrastrutture di rete crea “lavori nuovi”, occupazione
“intelligente” e qualificata, favorisce una crescita
sostenibile e consente al Paese di restare al passo coi tempi,
recuperando i ritardi accumulati. Non a caso uno dei nostri primi
atti è stato ‘Italia a 20 megabit’, il piano nazionale per
superare il digital divide.
Una ricetta senza medicine. Il piano per il broadband è
fermo per mancanza di fondi.
Non è così. Il Piano per la banda larga è già operativo in
collaborazione proficua con le regioni e gli enti locali. Nel 2009
abbiamo siglato accordi con sette Regioni e prossimamente
diventeranno operative le collaborazioni con quasi tutte le altre.
Un importante risultato del Piano è stato anche quello di
coordinare tutti gli interventi
sul territorio, che sino alla nostra azione erano stati condotti
in modo autonomo e scollegato da amministrazioni pubbliche e
operatori, con sovrapposizioni, duplicazioni e, quindi, dispersione
di risorse. Sappiamo che c’è ancora molto da fare, ma crediamo
di essere sulla strada giusta.
Restiamo sempre in attesa dei famosi 800 milioni del
Cipe.
Ma questo non ha né fermato né rallentato le iniziative. Abbiamo
indirizzato al Piano tutti i fondi reperibili: oltre 130 milioni di
euro nel 2009, tra fondi statali e regionali, già messi a gara e
assegnati. Nel 2010 impegneremo ulteriori 200 milioni di euro
già disponibili e forse anche risorse aggiuntive. Non
elimineremo solo il digital divide, ma aggiorneremo la Rete,
garantendo al 96 per cento degli italiani una capacità di banda
sino a 20 megabit e al restante 4 per cento una connettività senza
fili più modesta, ma che assicurerà comunque una connessione di
almeno 2 megabit.
Se arrivassero i famosi 800 milioni si farebbe prima.
L’opposizione dice che in questa legislatura non se ne farà
nulla.
Dobbiamo alimentare il Piano affinché non si fermi. Per questo
sono necessarie anche gli 800 milioni da erogare in forma graduale
nel tempo. Con buona pace dell’opposizione vedrà che nei
prossimi mesi ci saranno novità positive anche su questo.
Lei ha fatto propria l’idea di una società della Rete,
oltre Telecom Italia, per lo sviluppo della fibra
ottica.
Il Piano attuale non è sufficiente in prospettiva. Fra dieci anni,
con gli attuali tassi di sviluppo nell’utilizzo della Rete,
servirà una velocità di banda ancora più elevata, molto più
elevata, che potrà essere garantita solo dalla fibra ottica. La
fibra sarà necessaria entro i prossimi dieci anni per il 40-50%
della popolazione, concentrata nei centri urbani e nei distretti
industriali. È lì, dunque, che dobbiamo arrivare, senza ritardi.
Ma oggi, anche per effetto della crisi economica, il settore delle
telecomunicazioni non sembra avere le capacità d’investimento
necessarie per realizzare da solo un progetto così ambizioso.
E allora?
E allora un Governo consapevole e lungimirante deve mettere in
campo idee innovative, progetti e anche risorse che permettano di
realizzare ciò che il mercato, da solo, non sembra in grado di
fare. Per questo, il Ministero dello sviluppo economico intende
garantire, anche nello sviluppo della fibra ottica, il suo ruolo di
stimolo e coordinamento. Abbiamo intenzione di promuovere uno
strumento – che potrebbe assumere la forma di una società ad hoc
per la Rete in fibra – in grado di coinvolgere il maggior numero di
operatori del settore. Una società della Rete in fibra, che potrà
svolgere un ruolo da protagonista nella costruzione
dell’infrastruttura evoluta di telecomunicazioni di cui il Paese
ha bisogno. Coinvolgeremo tutti gli operatori, a partire da Telecom
Italia, e le Istituzioni, in particolare l’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni.
Ma gli operatori sono divisi su questa proposta e Telecom
Italia è la più titubante di tutti. Invece di una società
nazionale della rete, pensa ad accordi a livello regionale. Come
pensa di convincerli?
Mi pare che l’amministratore delegato di Telecom Italia, Franco
Bernabè, abbia accolto con interesse l’idea della società della
rete e si sia dichiarato pronto a discuterne. Gli accordi con le
Regioni non sono in contrasto con questa idea, perché anch’esse
potrebbero confluire in una cornice nazionale unitaria. Ne
parleremo con tutti i possibili soggetti interessati.
Qualcuno potrebbe obiettare che un governo che si dice
liberista pratica politiche dirigiste. Perché non lasciare fare al
mercato?
Sarei molto felice se il mercato riuscisse a fare da sé. Ma se il
mercato non ci riesce, o non riesce a dare un servizio di base
omogeneo a tutti i cittadini e a tutte le imprese anche uno Stato
liberale ha il dovere di intervenire a integrazione dei privati e
in collaborazione con loro. Ho detto in più occasioni che non
avere la banda larga oggi avrebbe lo stesso significato di non
avere deciso, negli anni Sessanta, di costruire l’autostrada del
Sole. Esiste però una grande differenza: se costruire in ritardo
l’autostrada del Sole avrebbe comportato solo un elevato danno
economico, accumulare ritardi nelle reti di comunicazione crea
innanzitutto un divario socioculturale, che sarebbe di fatto
impossibile recuperare. Un errore fatale, che il Paese, gli
italiani non possono permettersi e che noi, con la nostra azione di
Governo, non consentiremo.
In questi giorni circolano dossier su una fusione Telecom
Italia-Telefonica. Cosa ne pensa? C’è un’italianità da
difendere? E la si difende con la proprietà di un’azienda o ci
sono altri modi per garantire l’interesse nazionale?
Mi pare che le imprese interessate abbiano smentito. In ogni caso,
sono in contatto con i vertici Telecom Italia per capire le loro
strategie. Siamo consapevoli che Telecom Italia è una società
privata e il nostro è un governo che rispetta la libertà delle
imprese; ma è altrettanto vero che la rete telefonica è un assett
strategico per il Paese e che un servizio di tlc all’avanguardia
è un interesse primario dei cittadini e delle imprese. È questo
che il Governo, al di là delle forme societarie e della
nazionalità degli azionisti, ha il dovere di tutelare.
Scajola: “La rete è un asset strategico”
Il ministo allo Sviluppo economico: “Un servizio di Tlc all’avanguardia è interesse primario di imprese cittadini”
Pubblicato il 08 Feb 2010
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