Telecom Italia può valere 1 euro per azione (+1,74% a 0,6435 euro), ma potrebbe anche scendere a 0,44-0,38 euro. Tutto dipende da se e come verranno portati a termine i deal sulla rete e/o con 3 Italia, su cui le incertezze sono varie. E’ quanto sostengono gli analisti di Bernstein, che al momento hanno una raccomandazione market perform con target price a 0,65 euro sul titolo. Bernstein ha ridotto le stime di Eps 2013-2014 su Telecom dell’11% e in una nota dal titolo “Telecom Italia: temporeggiare sta diventando una forma d’arte?” sostiene che il gruppo “abbia sbandato di crisi in crisi negli ultimi cinque anni”, con il Brasile che ha visto un turnaround “ma ora si sta indebolendo di nuovo, l’Italia che si è stabilmente deteriorata, insieme al debito e ai criteri di credito, nonostante una significativa riduzione nel debito assoluto…Ogni anno il prezzo dell’azione scende un altro po’ e il tiro alla fune tra i vari azionisti, il Governo e il management continua a risultare in…indecisione. In questo contesto il Cda di Telecom ha rimandato la decisione sulla potenziale separazione della rete al 30 maggio”.
Le discussioni, nota Bernstein, giungono “in un momento di massima debolezza per Telecom“. Per gli esperti cristallizzare il valore della rete “potrebbe creare valore per gli azionisti, in teoria”, e considerando un Ev di 14 miliardi euro per l’asset si avrebbe un multiplo implicito di 6 volte l’Ebitda, “molto sopra le 4 volte” a cui scambia oggi il titolo. Applicando una “valutazione più ‘normale’ di 4,5 volte l’Ebitda al resto del business retail, il prezzo delle azioni ordinarie salirebbe fino a 0,85 euro”.
“In realtà'”, spiegano gli analisti, “il valore potrebbe oscillare ampiamente in un senso o nell’altro a seconda dei dettagli” dell’operazione e dei termini regolatori “ed è ragionevole ipotizzare che le condizioni probabilmente imposte da Cdp possano tradursi in un mercato più competitivo e in una posizione molto più debole per TI Retail”. In particolare “una società della rete separata sarebbe obbligata a servire ugualmente tutti gli operatori, probabilmente eliminando un qualche vantaggio di cui Telecom oggi gode. Stimiamo che il business retail restante vedrebbe un’accelerazione del calo dell’Ebitda al 30-35% rispetto all’attuale flessione del 20% del gruppo sui tre anni. Con cali simili il fair value del business retail potrebbe essere solo di 17 mliardi di euro, implicando un prezzo dell’azione di 0,41-0,37 euro”.
In ogni caso, anche se il Cda giovedì darà il via libera allo scorporo, Bernstein ritiene “che non ci siano garanzie che un deal ci sarà. La tempistica del potenziale annuncio dice più sulla debolezza di Telecom – e il rischio che possa entrare in una spirale del debito se i risultati peggiorassero – e sul suo desiderio di ottenere un accordo con Hutchison Whampoa ai giusti termini che non su quanto sia interessante lo spin off” della rete. Gli analisti ricordano poi come le agenzie di rating siano state “esplicite sul fatto che lo scorporo da solo sarebbe nel migliore dei casi credit neutral per TI, quindi sembra più probabile che Telecom dovrà negoziare o entrambi i deal sul tavolo o nessuno”.
Ma, spiega Bernstein, “la via per il completamento dell’operazione” sulla rete “appare lunga e complessa” e “molto dipende dalle negoziazioni con il regolatore”. I conflitti all’interno del board di Telco poi “rendono l’esito imprevedibile”. Infine, gli analisti citano l’incerto contesto politico: “non ci aspettiamo che il Governo duri molto e pensiamo che il rischio di sostituzione con un Esecutivo decisamente meno interessante sia elevato”. Quanto infine a un’intesa con Hutchison Whampoa, “le questioni di governance sembrano essere di ostacolo, con potenziali conflitti di interessi sempre più scomodi sia per il management di Telecom che per il Governo italiano” alla luce dei contrasti tra i soci di Telco sul tema. Certamente il titolo Telecom è su valutazioni basse e il gruppo “ha molte opzioni; ma l’incapacità di cogliere queste opzioni sta diventando un’abitudine. Se le attività dovessero deteriorarsi ulteriormente o gli spread tornare a salire – ad esempio in scia a ulteriore instabilità politica – la società potrebbe entrare in una spirale del debito e l’azione non sarebbe affatto su valutazioni basse”, conclude Bernstein.
Gli analisti di Berenberg, invece, si aspettano che il Cda del gruppo approvi la separazione della rete come primo passo verso la creazione di una business unit, nello stile di Openreach, responsabile dello sviluppo della rete d’accesso locale in Italia. “A questo stadio non ci aspettiamo notizie riguardo la quota che sarà venduta alla Cdp, nonostante si parli ancora di questa opzione e probabilmente verrà portata a termine. Dal punto di vista degli investitori, il vero upside ci sarà solo qualora Telecom riesca a trovare qualcuno interessato ad investire nella nuova business unit in cambio di cassa per ridurre il debito netto del gruppo”, implicando quindi una valutazione superiore ai livelli attuali, hanno commentato gli esperti. Inoltre dalla casa d’affari credono che questa mossa possa portare dei benefici al merito di credito di Telecom. “Per concludere il prossimo passo sarà la separazione finanziaria del business della rete, il secondo sarà il deal con Cdp per la vendita del 20-25% della quota per 2 miliardi. Questo potrebbe essere significativo per l’azione in base al prezzo e al trattamento da parte delle agenzie di rating”, hanno concluso gli esperti.