È tempo di separazione. Separazione vera. E questa volta è l’Italia ad aprire le danze. O, almeno sulla carta. Tim ha presentato al governo un progetto che prevede lo scorporo dell’infrastruttura e una governance ad hoc, anche se dalle indiscrezioni trapelate sull’incontro non è per niente chiara la “natura” della nuova creatura. Il presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani, in occasione della celebrazione del ventennale dell’Authority, ha precisato che la proposta in questione è al momento niente più che una “bozza”.
Fra il dire e il fare, dunque, ce ne passerà. Ad ogni modo l’idea di scorporo di Tim va ben oltre quel che in Europa ha rappresentato, almeno fino a qualche tempo fa, la pietra miliare dello “scorporo” infrastrutturale, ossia la Openreach di BT al cui modello la stessa Telecom si è ispirata per la sua Open Access. Ma qualcosa non ha funzionato. A oltre dieci anni dal battesimo, era il 2006 quando partiva l’operatività di Openreach, la “divisione” di BT sta per cambiare definitivamente pelle. I risultati attesi in materia di broadband e ultrabroadband sono stati deludenti ed è fallita dunque la “mission”. Stando a indiscrezioni di stampa il governo britannico starebbe caldeggiando il completo scorporo di Openreach che stando a quanto annunciato dalla stessa struttura connetterà alla fibra appena 3 milioni di abitazioni di qui al 2020.
Il governo vorrebbe spingere la separazione della rete nell’ambito di un piano che prevede una review della strategia di infrastrutturazione. Il governo punterebbe a dare vita ad una newco multistakeholder, progetto analogo a quello di cui si discute da anni in Italia e che certamente tornerà di attualità di qui alle prossime settimane. Lo scorporo della rete Telecom potrebbe infatti preludere a una “liaison” con Open Fiber, per mettere a fattor comune le infrastrutture. Se in molti sono convinti che la competzione infrastrutturale sia un modello sostenibile considerata l’inevitabile crescita della domanda di fibra di qui ai prossimi anni, c’è invece chi continua a sostenere che l’Italia non può permettersi più di una rete, pena la non sostenibilità del business degli attori in campo.
Quale delle due posizioni avrà la meglio è ancora presto per dirlo. E dipenderà anche e soprattutto dalla governance. Alla guida della società in cui dovrebbero confluire le infrastrutture critiche in capo a Tim potrebbe arrivare – ma al momento sono solo rumors – Franco Bernabè. L’ex presidente di Telecom fu “defenestrato” proprio per la sua idea di una società di rete quotata, progetto che non fu mandato giù da Telefonica, l’allora azionista di maggioranza di Telecom. Di ben altra idea i francesi di Vivendi, che hanno peraltro richiamato il manager nel board poco meno di un anno fa.