Serentschy: “Ue preoccupata per l’indipendenza dell’Agcom”

Secondo il presidente del Berec le authority sono il cardine delle liberalizzazioni: “Ma in Italia sono messe in discussione”, dice riferendosi alla nuova norma sull’unbundling. E sullo sviluppo della fibra avverte: “Serve un mix di tecnologie fisso-mobile”. No all’ulteriore riduzione dell’affitto del rame

Pubblicato il 16 Apr 2012

“Gli organismi autonomi sono il vero cardine della liberalizzazioni, osserviano preoccuopati che nel vostro Paese sono messi in discussione”. È l’analisi fatta da Georg Serentschy, presidente del Berec, intervistato dal Corriere Economia, l’organismo europeo che raggruppa i presidenti delle 27 autorità nazionali.

Riferendosi all’emendamento al decreto semplificazioni che dà istruzioni all’Agcom sulle misure da prendere nel caso dei servizi di unbundling , Serentschy ammette che la Ue sta guardando con molta attenzione agli sviluppi di questo provvedimento pur riconoscendo che “le modifiche introdotte nel testo dal governo abbiano corretto in parte gli eccessi iniziali”.

Il presidente del Berec analizza anche il contesto di mercato che vede declinare i fatturati delle telco: “Guardare solo all’andamento di questo e altri indicatori simili, come fanno gli osservatori finanziari, è un po’ miope: riduzione dei prezzi non significa riduzione della redditività – puntualizza .E’ vero, tuttavia, che i fatturati in calo hanno un effetto negativo sul clima degli investimenti. Detto questo, il nostro impegno principale è favorire gli investimenti nella rete di nuova generazione con i mezzi che abbiamo a disposizione”. In questo contesto il Berec punta “a rendere più trasparenti le regole in modo da attrarre verso le telecomunicazioni soggetti importanti come i fondi pensione”.

Per quanto riguarda l’Agenda digitale e le necessità o meno di mettere in campo nuovi investimenti, Serentschy chiarisce che, nonostante siano già stato fatti molto investimenti (soprattutto in Lte), sarebbe utile “un nuovo ciclo”.

“Nelle reti fisse un ciclo di investimenti graduali produrrà una crescita dell’ampiezza di banda parallela al crescere della domanda – spiega – In questo caso le reti in rame avranno una seconda vita grazie a tecnologie come il vectoring che danno i 100 Mega al secondo senza bisogno della fibra ottica”.

Investimenti che avrebbero un valore anti-ciclico. “Internet veloce può cambiare l’organizzazione del lavoro, allargare i mercati ed esercitare un impatto immediato sull’efficienza del sistema e la vita di ogni giorno”.

Per quanto riguarda le modalità, il numero uno del Berec si dice d’accordo con il commissario Kroes quando afferma che, per sviluppare la banda larghissima serve un mix di tecnologie fisso-mobile: “Il mobile gioca un ruolo importante ma, pur con l’Lte, non potrà dare accesso ultraveloce a tanti contemporaneamente. Bisogna integrare fisso e mobile per portare il traffico il più rapidamente possibile dall’interfaccia radio alla fibra ottica. Soprattutto il traffico pesante come lo streaming video in alta definizione”.

Oltre al mix tecnologico, allo sviluppo della fibra potrebbe giovare un’ulteriore riduzione dell’affitto delle rete in rame, i cui prezzi sono calati del 50% dal 2000 ad oggi? “Un approccio del genere scoraggerebbe gli investimenti”.

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