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Smartphone in crescita, ma il futuro è appeso a dazi e tariffe



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Il comparto registra un aumento dell’1,5% nel primo trimestre, spinto dalla produzione anticipata per evitare le tariffe di Trump e dai sussidi statali di Pechino. Ma le incertezze legate alle turbolenze commerciali restano un freno per i mesi a venire. Apple al top grazie alla strategia di stockpiling strategico messa in campo

Pubblicato il 16 apr 2025



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Il mercato globale degli smartphone torna a crescere, ma lo fa sotto una cappa di incertezza e strategia forzata, nel bel mezzo di una guerra commerciale inasprita tra Stati Uniti e Cina. Secondo i dati preliminari diffusi da Idc (International Data Corporation), nel primo trimestre del 2025 sono stati spediti 304,9 milioni di smartphone a livello globale, con un incremento dell’1,5% su base annua. Una performance che, seppur moderata, segna una tenuta sorprendente del comparto tech in uno dei periodi più delicati degli ultimi anni, dominato da tariffe in bilico, incertezza geopolitica e scelte industriali obbligate.

Il risultato non è tanto frutto di una ripresa della domanda quanto piuttosto di una strategia difensiva delle aziende, che hanno accelerato la produzione e le spedizioni in anticipo rispetto a potenziali aumenti tariffari imposti dagli Stati Uniti sull’import dalla Cina. Come ha spiegato Francisco Jeronimo, vice president di Idc per i dispositivi client, “i vendor hanno accelerato i programmi produttivi anticipando volumi significativi di spedizioni, in particolare verso il mercato statunitense, per mitigare gli aumenti dei costi e le interruzioni nella supply chain, gonfiando così i numeri del trimestre oltre quanto indicato dalla domanda reale dei consumatori”.

Gli effetti della pausa temporanea sulle tariffe

L’amministrazione Usa ha concesso una esenzione temporanea di 90 giorni sui dazi all’importazione di smartphone cinesi, offrendo una boccata d’ossigeno ai brand americani. Ma si tratta di un sollievo momentaneo che non rimuove la tensione strutturale nel mercato. Ryan Reith, group vice president di Idc per i device tracker globali, sottolinea che “la dipendenza dalla supply chain cinese è ancora fortissima, e la volatilità tariffaria rende difficile pianificare con efficacia. Le aziende devono ora decidere se sfruttare la finestra esentiva per aumentare le spedizioni, consapevoli che l’incertezza economica potrebbe frenare la domanda nei prossimi mesi”.

Questa doppia tensione – tra approvvigionamento e consumo – definisce una nuova normalità per il settore, dove non bastano più le innovazioni tecnologiche per sostenere il ciclo di mercato. I produttori devono muoversi in anticipo, spesso sulla base di previsioni geopolitiche, più che su analisi di mercato.

Il mercato Usa: crescita in controtendenza

Emblematico il caso del mercato statunitense, che ha visto una crescita superiore al 5% nel trimestre, sfidando le attese più caute. Secondo Anthony Scarsella, research director di Idc, “la spinta è arrivata da un rinnovato interesse per i nuovi modelli di punta, ma anche da una corsa all’acquisto preventiva rispetto all’aumento dei prezzi atteso in caso di introduzione dei dazi”. Il consumatore americano, dunque, ha risposto con un comportamento anticipatorio, accelerando gli acquisti prima del possibile rincaro.

Questa dinamica però potrebbe non ripetersi nei prossimi mesi. L’effetto scorte potrebbe esaurirsi, e senza nuovi incentivi o certezze sulle tariffe, la domanda rischia di rallentare. Molto dipenderà dalla stabilità della tregua tariffaria e dalla resilienza del potere d’acquisto in un contesto economico ancora fragile.

Il ruolo chiave della Cina e i sussidi governativi

Sul versante orientale, il mercato cinese ha svolto un ruolo fondamentale nel sostenere la domanda globale, grazie all’attivazione dei sussidi statali su smartphone dal gennaio 2025, che si aggiungono a quelli già attivi su altri beni di consumo. Il programma, pensato per stimolare la spesa interna, copre dispositivi sotto i 6.000 yuan (circa 820 dollari), una fascia che rappresenta la stragrande maggioranza delle vendite dei brand locali.

I risultati non si sono fatti attendere: Xiaomi ha beneficiato pienamente della spinta interna, con una crescita significativa grazie ai modelli mid-range. Vivo ha registrato un incremento annuo del 6,3%, consolidando la propria presenza sia in patria che nei mercati internazionali, in particolare con la linea V e i dispositivi di fascia bassa.

OPPO, pur in crescita in Cina, ha perso terreno a livello globale, scivolando al quarto posto per spedizioni a causa della debolezza nei mercati esteri. Ma è Samsung a riprendersi il primato mondiale grazie al successo della nuova gamma Galaxy S25 e ai modelli mid-range Galaxy A36 e A56, che integrano funzionalità AI a prezzi accessibili. Una strategia che ha premiato sia sul fronte premium che su quello mainstream.

Apple tra leadership e criticità

Apple ha registrato il miglior primo trimestre della sua storia in termini di unità spedite, grazie a una politica di stockpiling strategico in previsione dei dazi. L’azienda ha potenziato le scorte non solo negli USA, ma anche in altri mercati, anticipando possibili disservizi nella catena di fornitura. Tuttavia, il brand ha sofferto in Cina, dove i modelli Pro sono rimasti esclusi dal programma di sussidi, rendendo i dispositivi meno competitivi rispetto alle proposte locali sovvenzionate.

Apple si trova così al centro di una sfida strutturale, in cui deve conciliare la difesa delle proprie marginalità con la necessità di restare competitiva in mercati chiave sempre più aggressivi sul fronte del prezzo.

Verso il secondo trimestre: le incognite non mancano

Il secondo trimestre del 2025 sarà un banco di prova cruciale. Da una parte, la pausa tariffaria di 90 giorni potrebbe continuare a stimolare la produzione e le vendite, sfruttando l’effetto urgenza tra i consumatori. Dall’altra, l’instabilità delle relazioni commerciali tra Usa e Cina – che potrebbe sfociare in nuovi round di dazi – è un freno per la programmazione industriale e la fiducia dei consumatori.

La filiera tecnologica globale, ancora fortemente centrata sulla Cina, non dispone di alternative pronte a garantire la stessa scala ed efficienza. Un decoupling effettivo è ancora lontano, e il rischio per i produttori occidentali è quello di trovarsi stretti tra le tensioni diplomatiche e l’impossibilità di modificare rapidamente la propria base produttiva.

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