Oltre che celebrare nelle intenzioni di Vladimir Putin una ritrovata grandezza della Russia, i Giochi invernali di Sochi rappresentano una occasione curiosa e rivelatrice di capire quali sfide sia possibile vincere sul versante della mobilità e delle nuove tecnologie.
Mai si erano tenute infatti Olimpiadi d’inverno più grandi per numero di atleti partecipanti e per conseguenza di inviati e addetti; e quattro anni fa l’esigenza di portare connessione a migliaia di client ad alta quota per una circostanza estremamente limitata nel tempo era assai meno pressante che oggi. Si calcola che a esercitare pressione sulla rete sono circa 120 mila apparecchi ampiamente eterogenei, all’insegna del massimo BYOD (Bring Your Own Device).
L’infrastruttura di Sochi 2014 è stata creata da Avaya, con uno sforzo calcolato in tre anni di progettazione e diciotto mesi di deployment per un servizio destinato a dispiegarsi pienamente per un paio di settimane, consumando da uno a due terabyte di dati al giorno.
Vale per tutte le Olimpiadi, solo che questa è la prima dove regnano la mobilità e l’ubiquità del digitale. La statistica più interessante è probabilmente l’inversione del rapporto tra rete cablata e rete wireless: a Vancouver, per la precedente edizione tenutasi nel 2010 che ha visto un numero di presenze di atleti solo lievemente inferiore, era attiva una connessione wireless per ogni quattro cablate. A Sochi è l’esatto contrario. I punti di accesso wireless disponibili per l’Olimpiade sono 2.500.
Una delle peculiarità di questa Olimpiade è sicuramente la presenza del resort in riva al mare distante cinquanta chilometri da alcune piste. Si è dovuto cablare la distanza tra i due luoghi e risolvere altri mille problemi logistici senza spazio per errori, per esempio la disposizione dei servizi di rete lungo il trampolino per il salto con gli sci, perché i fotografi desiderano disporsi il più possibile lungo la struttura per cercare le inquadrature più suggestive e devono essere adeguatamente serviti dalla banda in ogni punto.
I problemi maggiori di flessibilità sono stati risolti da una tecnologia chiamata Fabric Connect che permette di virtualizzare reti al livello soprastante l’infrastruttura fisica e così spostare rapidamente le risorse di elaborazione lungo l’infrastruttura nel momento in cui servono, per esempio quando la folla si concentra attorno a una finale o a una premiazione oppure invece lungo il tracciato del biathlon. E oltre alla domanda degli apparecchi in loco bisogna pensare anche alle esigenze di broadcasting: ogni impianto olimpico dispone di 36 canali video ad alta definizione governati via protocollo IPTV (Internet Protocol Television).
Quando seguiamo le trasmissioni televisive dedicate ai Giochi, oltre a restare stupiti dalle imprese degli atleti dobbiamo esserlo anche di quelle della rete; Sochi 2014 è anche un grande cimento per le tecnologie digitali e di networking.
L’infografica sui picchi di banda passante durante la cerimonia di apertura