Le dimissioni del professor Maurizio Decina da componente dell’Agcom – rassegnate, come da lui comunicato, “per gravi motivi personali e familiari” – hanno suscitato profonda amarezza in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di condividere con lui un’esperienza di lavoro quanto mai interessante e impegnativa.
Dispiace innanzi tutto per Maurizio che abbia dovuto interrompere anzitempo un percorso professionale intrapreso poco più di dodici mesi or sono con totale dedizione e con il travolgente entusiasmo che è proprio della sua natura generosa e appassionata. Non vorrei si dimenticasse, tra l’altro, che Decina aveva rinunciato a una ben più lucrosa attività privata per mettere la sua sterminata competenza tecnica al servizio di una pubblica istituzione, allo scopo di contribuire allo sviluppo delle telecomunicazioni nel nostro Paese.
Più egoisticamente, l’abbandono di Maurizio è per me motivo di forte rammarico personale. Non solo per la perfetta integrazione che si è realizzata fra le nostre differenti culture – ingegnere elettronico lui, giurista io – ma soprattutto perché in un anno di intensa collaborazione è sorto e si è rapidamente cementato fra noi un rapporto autentico di fraterna amicizia. Per questo non potrò non sentire la mancanza, nella quotidianità del lavoro in Agcom, del confronto vivo e costante con la sua fulminante intelligenza, la sua simpatia straripante e il suo grande cuore.
Per l’Autorità, infine, l’uscita di scena di Decina rappresenta una perdita assai grave. Autorevolezza scientifica universalmente riconosciuta, conoscenza approfondita del settore, onestà intellettuale, indipendenza di giudizio, capacità di fare squadra. Questo è Maurizio Decina. Il grande rispetto che nutro nei confronti della Camera dei deputati, alla quale ho dedicato più di tre decenni della mia vita professionale, mi rende certo che la scelta del successore di Decina cadrà su persona di elevatissima qualificazione, più che degna di ricoprire l’incarico. Ma sostituire Maurizio non sarà facile.