Serve una svolta. Un nuovo impegno delle aziende. E anche un deciso intervento pubblico per recuperare il ritardo tecnologico italiano. L’ingegnere Stefano Pileri, amministratore delegato di Italtel, lancia la sfida nel suo semestre di presidenza di Consel, Consorzio Elis di formazione professionale superiore, e lo fa con il progetto ItaliaLab, che mette insieme aziende e università per invertire la tendenza negativa e, perché no, rispondere a ogni forma di rassegnazione al declino. Il percorso di formazione, messo a punto con il Politecnico di Milano, appena cominciato, si concluderà nella primavera del 2014 e punta a far sbocciare idee che possano essere “adottate” dalle aziende o trasformarsi in start up. “Vogliamo suscitare passione e voglia di fare, mostrare le frontiere aperte. Gli speaker, personaggi di riferimento nei loro settori, non diranno quello che hanno fatto ma quello che c’è da fare, i problemi da risolvere. Devono dare ispirazione non soluzioni”.
Qual è l’obiettivo di sistema di ItaliaLab?
Capire come la tecnologia può mettersi al servizio dei grandi temi che la società contemporanea ci pone. Noi partiamo da sei aree di approfondimento, come l’invecchiamento della popolazione o l’efficienza energetica. E lì cercheremo di individuare e proporre soluzioni possibili grazie alla tecnologia digitale.
Come farete per fare emergere le soluzioni?
Chi partecipa al modulo dovrà presentare un progetto con un business plan di massima, che sarà valutato da una ventina di manager dell’innovazione. Le migliori proposte da febbraio avranno vita propria e potranno essere accolte dalle aziende oppure dare spunto a start up con studenti universitari.
Perché ItaliaLab nasce adesso?
Tutti gli indicatori ci pongono agli ultimi posti come uso delle tecnologie digitali a beneficio delle aziende, delle famiglie e, in genere, della competitivà del Paese. Oltre le statistiche c’è un’altra evidenza che ci costringe ad agire.
Quale?
Le multinazionali ci stanno abbandonando. Non solo perché ci sono Paesi emergenti e in crescita dove è più conveniente investire. L’Italia non cresce ma soprattutto non dimostra di voler invertire la tendenza negativa. Ecco noi pensiamo che se le aziende si impegnano, collaborando con i migliori centri accademici del Paese, i risultati possono esserci.
Le aziende sono pronte per questo nuovo corso?
L’innovazione interna non è facile. Le aziende sono spesso troppo rigide e con una scarsa cultura del rischio. Inoltre ormai da cinque anni sono concentrate più sull’ottimizzazione dei costi che sulla crescita, sulla ricerca di nuovi prodotti o servizi. Tutto ciò ha creato un ambiente poco favorevole all’innovazione. Ci sono le eccezioni ma in generale prevalgono i sentimenti negativi e persino un certo fatalismo, anche nelle grandi aziende.
Come si può modificare questo clima?
Dimostrando che l’innovazione è possibile, anche a costi contenuti. Con ItaliaLab vogliamo far vedere che, se si esce dal clima negativo, se si lavora con metodo e passione si possono scatenare energie positive e ottenere risultati impensabili all’interno delle organizzazioni. Se riusciremo a sviluppare anche solo due idee, in joint venture con un’azienda e sotto forma di start up, per noi sarà un successo.
Le start up possono essere un modello di innovazione?
Noi dobbiamo ritrovare lo spirito di 40/50 anni fa. Le start up possono essere un modo, anche se non è l’unico. Perché farle sembra facile ma spesso dopo le prime fasi, quando si arriva all’impatto con il mercato c’è il trauma. Diciamo che il modo di pensare e di agire delle start up andrebbe replicato all’interno delle grandi aziende e alcune lo stanno facendo.
Nella situazione in cui si trova l’Italia basta un buon antidepressivo o serve anche un potente ricostituente?
Ci vuole un ricostituente. E non mi scandalizzerei se fosse pubblico, un intervento per investire nelle infrastrutture necessarie per il futuro del Paese.
Non le sembra fuori moda chiedere aiuto allo Stato?
Non credo. Negli Stati Uniti la mano pubblica è molto più presente di quanto non sembri. E comunque io non credo sia più accettabile che a farla da padrone sia il mercato e soprattutto il mercato della finanza. Abbiamo visto le distorsione provocate dalla prevalenza delle iniziative finanziarie che hanno finito per sottrarre risorse allo sviluppo industriale. Molto meglio avere una visione a 5/10 anni e impegnare le risorse su progetti utili per il Paese.
Vorrebbe il ritorno alle partecipazioni statali?
Sì, se con nuove partecipazioni statali virtuose riuscissimo a sviluppare una rete di data center che superi l’attuale imbarazzante parcelizzazione, a velocizzare gli obiettivi dell’agenda digitale europea nel nostro paese, a incentivare l’innovazione dei processi e ad attrare di nuovo gli investimenti delle multinazionli. Invece di vederle andare via e non fare nulla.
ITALIALAB
Stefano Pileri: “Diamo una scossa alle aziende”
Il numero uno di Italtel lancia la sfida con il progetto ItaliaLab: “Vogliamo dimostrare che l’innovazione è possibile, anche a costi contenuti. L’Italia non cresce, serve un ricostituente. E non mi scandalizzerei se fosse pubblico”
Pubblicato il 25 Nov 2013
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