Pollice, verso, ma anche una manifesta contrarietà delle associazioni imprenditoriali di categoria al decreto firmato venerdì pomeriggio dal ministro del Mibact Dario Franceschini con cui sono state rincarate per il prossimo triennio il compenso per la copia privata di fonogrammi e di videogrammi previsto dalla legge sul diritto d’autore a carico del listino prezzi di tablet e smartphone: da 90 centesimi a 4 euro. Un “provvedimento ingiustificato che non riflette il comportamento dei consumatori e l’evoluzione delle tecnologie”, accusa il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania – Non in linea con lo sforzo che il paese deve compiere per sostenere l’innovazione digitale
La decisione di Franceschini, rappresenta “un provvedimento iniquo, una vera e propria ‘tassa’ che graverà oltre il 300% in più sui consumatori che andranno a comprare smartphone e tablet. Puzza di soldi dati alla Siae, perché questi fondi non andranno certo ai giovani autori”, rincara la dose il presidente di Asstel-Assotelecomunicazioni, Cesare Avenia parlando con l’Adnkronos.
“Franceschini dice che non è una ‘tassa’? Noi gli rispondiamo che è un ‘iniquo compenso’ che certamente inciderà in termini di aumento del costo di smartphone e”, afferma Avenia che guida l’associazione che riunisce in Confindustria la filiera delle telecomunicazioni e che è socia fondatrice di Confindustria Digitale.
Il numero uno di Asstel contesta anche la tempistica dell’intervento. “Franceschini ha lanciato il suo annuncio a sei minuti dall’inizio della partita Italia-Costarica e questa scelta parla da sola”. “Con il dl sull’equo compenso il consumatore paga per il presunto danno che potrebbe fare al diritto d’autore per copie di opere realizzate con smartphone e tablet, ma è un’assurdità perché ormai i contenuti multimediali vengono acquisiti e consumati con abbonamenti in streaming e chi compra un Cd vergine legalmente non fa copie attraverso tablet e smartphone”.
Situazione, riferisce Avenia, “verificata anche da uno studio commissionato dall’ex ministro Bray che confermava il calo di copie private”. Insomma, “questo aumento dell’equo compenso non si giustifica proprio e non riflette il comportamento dei consumatori e l’evoluzione delle tecnologie”.
L’Italia, inoltre, conclude Avenia, “non si allinea affatto agli altri Paesi europei perché, tranne la Francia che finanzia così la cultura, in Germania le imprese hanno fatto valanghe di ricorsi e non hanno pagato, in Gran Bretagna non si paga così come in Spagna, mentre in Slovacchia è previsto un contributo bassissimo”.