Tassa Tlc a favore del cinema? Asstel: contraria a norme Ue

L’associazione di Confindustria boccia l’ipotesi sostenuta dai disegni di legge bipartisan oggetto di un’audizione al Senato: “E’  in contrasto con la direttiva 2002/20/CE”

Pubblicato il 04 Ott 2010

Plauso di Asstel, associazione delle Tlc di Confindustria, in
merito alla decisione della Commissione europea di ritenere
"incompatibili con le norme Ue sulle telecomunicazioni” le
tasse sul fatturato degli operatori tlc introdotte da Francia e
Spagna per compensare l’eliminazione della pubblicità dai canali
televisivi.

La posizione della Ue si basa sulla Direttiva 2002/20/CE, che
stabilisce che i diritti amministrativi imposti alle imprese di
telecomunicazioni devono essere mantenuti entro le esigenze di
copertura dei costi dei servizi di cui tali imprese fruiscono.

Questa stessa posizione è stata sostenuta da Asstel in occasione
dell’audizione che l’Associazione ha tenuto il 30 settembre
presso la VII Commissione del Senato sui disegni di legge 87 e
abbinati, in cui si propone l’istituzione di un Fondo per il
finanziamento del cinema e dell’audiovisivo la cui provvista
dovrebbe essere alimentata da un prelievo sugli operatori di
comunicazioni elettroniche.

Secondo Asstel, infatti, si tratterebbe di una vera e propria tassa
di scopo con cui si imporrebbe alle Tlc e agli Internet Provider di
contribuire al finanziamento di altre industrie con i proventi
generati dalla propria attività tipica. Misura in diretto
contrasto con la Direttiva comunitaria. Ma non solo. “Esistono
valide ragioni di sistema che vanno seriamente considerate –
afferma il presidente di Asstel Stefano Parisi – l’intera
industria digitale, dalle reti Tlc ai produttori di contenuti è un
mondo in forte evoluzione. Non c’è alcuna razionalità economica
nell’insistere a volere privilegiare una parte a scapito
dell’altra, come purtroppo sta già avvenendo con la normativa
sulla copia privata. L’industria dei contenuti deve utilmente
trovare, proprio attraverso l’utilizzo della rete, nuovi modelli
di business e fonti di remunerazione parametrate al gradimento del
mercato per i propri prodotti".

“In un periodo storico in cui tutti i maggiori Paesi
industrializzati hanno predisposto piani per
l’infrastrutturazione a larghissima banda – conclude Parisi –
appare singolare che alla vigilia di un importante ciclo di
investimenti, si decida di gravare gli operatori di rete di
ulteriori balzelli. L’attenzione del Legislatore, al contrario,
dovrebbe essere volta a creare un contesto normativo stabile per
favorire gli investimenti”.

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