Non l’ha presa bene, anzi per la verità sarebbe andato su tutte
le furie il ministro Paolo Romani nello scorrere la lista dei
firmatari dell’iniziativa “Diamo all’Italia una strategia
digitale” apparsa a tutta pagina sul Corriere della Sera nei
giorni scorsi.
Fra i 104 sostenitori del “manifesto” che lancia il j’accuse
al mondo politico italiano, “colpevole” di non aver posto la
strategia digitale al centro del dibattito diversamente da quanto
stanno facendo le principali economie mondiali, ci sono i numeri
uno delle principali aziende di tlc, gli stessi che siedono al
Tavolo Romani istituito con l’obiettivo di favorire la
realizzazione delle nuove reti in fibra ottica.
A chiedere a tutte le forze politiche, nessuna esclusa – recita
l’appello – “un impegno concreto”, che deve tradursi
“nella presentazione, entro 100 giorni, di proposte organiche per
un’Agenda digitale per l’Italia” ci sono anche Franco
Bernabè (Telecom Italia), Paolo
Bertoluzzo (Vodafone), Luigi Gubitosi
(Wind), Stefano Parisi (Fastweb), Corrado
Sciolla (Bt Italia). Hanno aderito all’iniziativa anche
i top manager delle principali network company – da Cesare
Avenia (Ericsson) a David Bevilacqua
(Cisco), passando per Maria Elena Cappello (Nokia
Siemens Networks) e Umberto De Julio (Italtel) – e
dei colossi dell’informatica Ibm e Microsoft, rappresentati
rispettivamente da Nicola Ciniero e Pietro
Scott Jovane. E non manca un nutrito gruppo di docenti ed
esperti del settore, da Maurizio Decina a
Francesco Sacco, da Eugenio
Prosperetti a Franco Morganti.
A riferire il “malumore” di Romani ci ha pensato
Roberto Sambuco, Capo dipartimento per le
Comunicazioni del ministero dello Sviluppo economico, intervenuto
al convegno organizzato a Roma dall’I-Com per la presentazione
del rapporto sullo stato della banda larga in Italia. “Il
ministro Romani non ha gradito e ritiene incomprensibile e
contraddittoria l’iniziativa, sostenuta proprio da chi partecipa
attivamente ai progetti del governo a sostegno della realizzazione
delle nuove reti”, ha detto Sambuco lanciando un chiaro messaggio
agli operatori: “Non lasceremo lo sviluppo delle Ngn agli ordini
delle aziende italiane che ragionano in termini di ritorno degli
investimenti e business. È compito dello Stato favorire la
realizzazione delle infrastrutture il prima possibile”. E chi ci
mette i soldi? Sambuco risponde che “ci sono fondi sovrani
interessati a partecipare”.