TELCO PER L'ITALIA 2019

Rangone: “Tlc, così non si può più andare avanti. Regole del gioco vanno ripensate”

Il ceo di Digital360: “Serve visione sistemica e di lungo periodo. In ballo la salute di un intero settore e la crescita del Paese. Ago della bilancia troppo orientato in chiave pro-consumatore”

Pubblicato il 12 Giu 2019

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“Così non si può andare avanti. Sono anni che si tira la corda di un settore, quello delle Tlc, che nonostante rappresenti un pilastro portante dello sviluppo del Paese si trova a essere letteralmente bistrattato fra regole inique e politiche anticompetitive”: il ceo di Digital360 Andrea Rangone nell’aprire i lavori dell’edizione 2019 di Telco per l’Italia accende per l’ennesima volta i riflettori sulle difficoltà del comparto, evidenziando, numeri alla mano, come la situazione sia per molti versi addirittura peggiorata. “Negli ultimi anni si era assistito a timidi segnali di ripresa che facevano ben sperare, ma la curva si è invertita nuovamente in direzione della decrescita”.

Rangone come ci si è ritrovati in questa situazione?

Era inevitabile: da un lato la rinnovata guerra dei prezzi innescata dallo sbarco in Italia di Iliad ha impattato, e non poteva essere altrimenti, sulle revenues delle altre telco, che già versavano in situazioni non idilliache. Basta guardare ai risultati delle trimestrali per avere la prova provata dell’impatto provocato dalla competizione sempre più serrata che sta comportando anche una riorganizzazione in termini di business e di risorse e che rischia di inasprirsi. Ma il vero paradosso è che le telecomunicazioni sono l’unica utility che decresce in un contesto in cui il trend è in direzione opposta, basti pensare a luce e gas. E per la prima volta addirittura siamo al cash flow negativo se si considerano gli investimenti a nove zeri per le licenze 5G. È evidente che più di qualcosa non ha funzionato a partire dal contesto regolatorio.

A proposito di contesto regolatorio, dov’è che bisogna agire?

Bisogna partire intanto dal ruolo delle Autorità. In questi anni l’ago della bilancia è stato troppo orientato in chiave pro-consumatore, come se favorire la concorrenza in termini di prezzi e tariffe fosse la chiave per sostenere lo sviluppo del settore. Le Autorità devono avere una visione sistemica e di lungo periodo, calcolando impatti ed effetti delle misure in atto. E peraltro credo che Agcom e Antitrust debbano lavorare in maniera molto più sinergica. Qui è in ballo la salute di un intero settore e della crescita del Paese. Dunque le regole del gioco vanno ripensate andando a riequilibrare i pesi e quindi a favorire anche e soprattutto la sostenibilità del comparto che poi si traduce in benefici veri per i consumatori: i prezzi bassi non servono se ne va della qualità dei servizi.

Quali interventi potrebbero sbloccare la situazione?

Intanto bisogna favorire il più possibile la realizzazione delle infrastrutture ultrabroadband, fibra e 5G. In Italia è cresciuta molto l’infrastrutturazione in termini di fibra, ma ci sono aree, come quelle grigie, in cui si concentrando industrie e imprese che sono ancora senza connettività.

Pensa ad azioni specifiche?

Sicuramente si può pensare a interventi come quelli fatti nelle aree bianche, ma ancor di più bisogna interpretare i driver di crescita. E questo vale anche per il 5G. Sul fronte aziende è innegabile il ruolo forte del cloud. E l’Italia in questo senso ha dimostrato e sta dimostrando grande fermento. Il mercato sta crescendo a tassi del +30% anno su anno e nonostante si tratti di una percentuale notevole ci sono parecchie sacche ancora da colmare. Intelligenza artificiale, big data, virtual e augmented reality sono già il presente e diventeranno la chiave di volta per molti business. Pensiamo alle opportunità sul fronte industriale, della sanità, della diagnostica, della formazione. Ma parliamoci chiaro: queste opportunità si potranno cogliere solo a fronte di un’infrastrutturazione adeguata, perché per queste applicazioni e per questi servizi c’è bisogno di banda larghissima. Dunque non si scherza.

E sul fronte consumer?

Il driver principale dell’ultrabroadband negli altri Paesi è stata la tv via cavo. L’Italia paga dunque un prezzo per non aver puntato su questa tecnologia. Ma è anche vero che la Tv via Internet è senza dubbio una killer app visto che può fare da driver alla domanda stessa di banda ultralarga contribuendo al contempo allo sviluppo di un’offerta sempre più innovativa e creando dunque quel circolo virtuoso che alimenta la macchina della crescita e dell’innovazione. Proprio come sul fronte business, applicazioni quali la virtual reality e l’augmented reality sono già considerate determinanti in settori quali il gaming e l’entertainment. Ma anche in questo caso senza banda ultralarga non si andrà da nessuna parte.

Senta non crede però che le aziende del settore abbiano anch’esse qualche colpa se si è arrivati a questo punto?

Sicuramente degli errori sono stati commessi. In primis quello della comunicazione. I messaggi non sono stati veicolati nella maniera corretta verso gli interlocutori, la politica in primis, che poi hanno il compito a loro volta di veicolare la cultura digitale. Si continua ancora troppo spesso a parlare per sigle e acronimi, a spingere tecnologie e prodotti e non a fare leva su ciò che c’è di strategico, sul new business, sulla visione, sulla strategia.

E la politica?

È chiaro che il tema del digitale, in cui rientrano le Tlc, è un tema di natura politica. Ma non solo e non tanto per le misure che bisogna mettere in atto: quel gap culturale di cui tanto parliamo da anni si deve alla mancata attenzione nei confronti di queste tematiche, alla scarsa diffusione mediatica, allo scarso peso a livello di dibattito economico. Qualcosa si è mosso rispetto al passato, ma non è sufficiente. Non bisogna mollare la presa però. Non ora. Siamo tutti destinati al digitale, ma la questione temporale è determinante: prima si capisce che è ora di affrontare la questione in maniera seria e strutturata prima si torna a crescere.

LE SLIDE DI ANDREA RANGONE A TELCO PER L’ITALIA (clicca qui)

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