Telefonica e i soci italiani di Telecom Italia stanno trattando sull’ipotesi di mantenere lo status quota per altri sei mesi circa dal 28 settembre, per avere più tempo per studiare un piano di riorganizzazione del gruppo, che potrebbe prevedere cessioni di asset e forse la fusione. Lo riporta Reuters, riportando quanto detto da fonti vicine alla vicenda.
“Si sta lavorando a una soluzione che consenta a Telefonica di non acquistare nuove azioni Telecom Italia e di mantenere lo status quo per un certo tempo – spiega la fonte – L’idea è una proroga di 6 mesi, forse un anno”. “Si potrebbe arrivare a mantenere lo status quo fino a marzo”, evidenzia una seconda fonte. “L’ipotesi è che Telefonica offra un incentivo ai soci italiani, senza però aumentare la sua partecipazione in Telecom Italia” – spiegano – I colloqui sono in fase piuttosto avanzata”.
La fusione tra Telefonica e Telecom Italia è una possibilità, ma non l’unica e il gruppo spagnolo potrebbe alla fine anche vendere la sua partecipazione. “Non necessariamente – dice la prima fonte in merito alla possibilità che si arrivi a una fusione – Se si ottenesse la proroga si avrebbe più tempo per la cessione di tutte le azioni a un altro operatore, o solo della parte dei soci italiani”. A inizio settembre era circolata l’ipotesi di lavoro era prendere tempo per risolvere la questione in Brasile e arrivare nel medio termine a una piena fusione tra Telefonica e il gruppo italiano.
Il futuro del gruppo tiene banco sui media italiani. Una Telecom Italia concentrata sulla telefonia fissa, senza più Tim (cioè il mobile) e il Brasile con la rete in una newco. E’ questa l’ipotesi di lavoro – riportata dal Messaggero – sulla quale stanno lavorando, in modo molto riservato, Mediobanca e Intesa Sanpaolo, anche per conto di Generali e che esclude Telefonica.
Un piano così congegnato rappresenta una soluzione nazionale e dovrebbe coinvolgere partner italiani, a cominciare da Cdp, visto che di fatto resterebbero fisso e infrastruttura, sia pure scorporata, la Findim dei Fossati (5%), F2i (conferendo Metroweb), Cdp. Dalla vendita di Tim Brasil e del mobile, il gruppo incasserebbe oltre 25 miliardi che abbatterebbero gli attuali 28 miliardi di debiti mettendo Telecom al riparo dal rischio di far diventare spazzatura i titoli. Questo piano sarebbe una svolta.
Ieri si è tenuta una riunione informale del Cda nella quale il presidente Franco Bernabè e l’Ad Marco Patuano avrebbero dato un’informativa sullo stato di avanzamento del piano che dovrebbe essere presentato al board del 3 ottobre. La bozza prevede la societarizzazione delle divisioni customer care, retail, business, mobile. Sullo sfondo c’è l’ipotesi, in piedi da tempo, di un aumento di capitale da 3 miliardi voluto da Bernabè.
Ma, come scrive La Repubblica, un eventuale aumento di capitale non piace a nessuno, nè a Telefonica nè ai soci italiani, ma è possibile che altri investitori possano essere interessati all’avventura. Alla finestra ci sarebbe sicuramente l’imprenditore egiziano Naguib Sawiris, che già un anno fa si era dimostrato disponibile a sottoscrivere un aumento di capitale di Telecom, così come il fondo del Qatar o i big del settore da Vodafone ad At&t ad America Movil. Non escludendo che possa essere la stessa Telefonica a trovare nuovi investitori finanziari disposti a sostituirsi agli italiani. In questo quadro piuttosto confuso il governo italiano non ha manifestato alcun interesse alla vicenda – essendo la società privata – mentre la Cassa Depositi e Prestiti ha sempre valutato l’ingresso in una società della rete.
Contestualmente – riporta Bloomberg – Telecom Italia starebbe pensando di vendere le 12mila torri mobili. Le attività valgono circa 500 milioni di euro.
Bernstein assegna “una probabilità del 75% al fatto che Generali, Mediobanca e Telefonica trovino un accordo per la vendita/acquisto di Tim Brasil a un multiplo di circa 7 volte l’Ev/Ebitda”. Secondo gli analisti di Bernstein l’acquisto verrebbe effettuato tramite Telefonica Brasil con un ampio aumento di capitale, con l’asset che poi verrebbe suddiviso tra Telefonica Brasil, Amx e Oi. In particolare, i clienti Tim verrebbero suddivisi nell’ordine del 36%-28%-36%. Secondo Bernstein, Telecom “non essendo riuscita a sistemare il bilancio in tempi migliori, ora non può più portare avanti un aumento di capitale – con un par value di 0,55 euro per azione una ricapitalizzazione è quasi impossibile da raggiungere. Davanti a un downgrade del credito ora ha poche alternative se non vendere il suo prezioso – ma in deterioramento – asset Tim Brasil. Sistemerà il bilancio e darà sostegno al prezzo dell’azione”.
Gli esperti di Kepler Cheuvreux credono che la migliore opzione per Telecom sia un aumento di capitale riservato sottoscritto da investitori industriali di lungo termine, che acquisterebbero un asset ad un basso multiplo e punterebbero alla creazione di valore futura: “Lo spin-off della rete e l’incremento negli investimenti in fibre ottiche in un Paese con carenza di cavi, il consolidamento del mobile italiano -pensiamo che Wind e Hutchison non possano sopravvivere a lungo – e il posizionamento di Tim Brasil come puro mobile”.