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Telecom Italia: assemblea di fuoco, si fa strada l’ipotesi Opa

L’appuntamento è per mercoledì 17. I cinque “saggi” al lavoro sul dossier 3 Italia. I piccoli azionisti di Asati spingono sull’Opa parziale da parte di Hutchison Whampoa. E non sono i soli a caldeggiare la scalata dei cinesi

Pubblicato il 15 Apr 2013

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Conto alla rovescia per l’assemblea degli azionisti di Telecom Italia. L’appuntamento, previsto per mercoledì 17, sarà l’occasione anche per discutere quanto deciso dall’ultimo Cda sul dossier 3 Italia e sulla separazione della rete. In vista di mercoledì Asati, propone che il Gruppo Hutchison Whampoa presenti al mercato una “offerta pubblica di acquisto preventiva volontaria parziale” delle azioni di Telecom Italia, fino al 30 % del capitale , ad un valore 1.1-1,2 euro (poco superiore al “Book value” e distante dal multiplo “normale” su Ebitda).

Nel contempo l’associazione dei piccoli azionisti chiede all’assemblea degli azionisti di Telecom Italia di modificare lo Statuto sociale, in ordine alla nomina del Cda, “con criterio proporzionale in modo da dare maggiore rappresentanza alle minoranze”. Secondo Asati la norma in atto, che riconosce all’azionista di riferimento i 4/5 dei membri del Cda, è stata una delle cause principali del disastro della società.

Sul versante scorporo “si proceda – scrive Asati in una nota – alla costituzione della Società della rete favorendo l’ingresso di Cdp (senza pregiudiziali al suo ingresso direttamente nel capitale di Telecom Italia), al fine di mantenere e assicurare al Paese una infrastruttura sensibile e strategica a controllo nazionale”.

I piccoli azionisti riconoscono al Gruppo Hutchison Whampoa “ il forte impegno in Italia nelle telecomunicazioni”. Il gruppo – sottolinea la nota – ha dedicato importanti risorse ed ha accettato bilanci in perdita. Risulta anche una scarsa interfererenza con il management. Di principio non esiste una pregiudiziale indotta da un paventato “pericolo giallo” (chi ha detto che il “cavaliere” deve essere bianco). La si veda invece come una importante opportunità”. E a chi sbandiera una potenziale minaccia per l’italianità della compagnia, Asati ricorda che già “il 55% del capitale attuale della società è già all’estero”. Invece di paventare un pericolo asiatico si dovrebbero – avverte Asati – “fissare le regole, una governance ed un percorso che noi abbiamo indicato a tutela di tutti gli azionisti e del Paese”.

“L’assemblea di mercoledi – conclude la nota – sarà quindi una occasione storica per discutere siffatta opportunità. Gli azionisti, Telco, Findim, i fondi italiani ed esteri, si dovranno assumere le conseguenti responsabilità, Asati ha indicato la sua proposta. In caso contrario si discuta delle possibili alternative, siamo pronti a contribuire con serietà e impegno consapevoli della drammatica situazione in cui si trova la Società”.

A Telecom Italia saranno necessarie due settimane, forse tre, per valutare la possibile integrazione con H3G. Valutazioni – secondo quanto riporta il Corriere Economia – che, oltreché industriali, saranno politiche: necessario lo scorporo della rete in una newco e una visione condivisa sul futuro da parte dei soci Telecom e Telefonica. L’ingresso dei cinesi in Telecom potrebbe essere “più agevole”, prosegue il giornale, se venisse messa in sicurezza la rete fissa, asset strategico per il Paese, dentro una newco gemella dell’attuale Telecom di cui la Cdp potrebbe diventare azionista di controllo, magari con un aumento di capitale riservato. Per chiarire i nodi, sottolinea il giornale, saranno fondamentali le due, tre settimane che il presidente di Telecom, Franco Bernabè, e il comitato dei “saggi” si sono dati per valutare se un’operazione di integrazione con 3 Italia abbia un interesse per il gruppo italiano. I nodi forti, prosegue il giornale, restano sempre quelli delle valutazioni. Sono i soci Telco i soggetti che hanno manifestato maggiore freddezza per l’ipotesi portata in Cda da Bernabè. In Telco, che vorrebbe un cambio di strategia complessiva di Telecom Italia, sarebbero crescenti i dubbi sulla leadership di Bernabè. Tanto è vero che sarebbero già state ipotizzate alcune alternative: tra gli azionisti si guarderebbe con favore a figure come l’attuale Ad di Eni, Paolo Scaroni.

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