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Telecom Italia: governance e Brasile sul tavolo del cda

Findim e Asati chiedono di adottare il principio di proporzionalità nel metodo di voto del consiglio. Riguardo a Tim Brasil all’esame la mozione presentata dai consiglieri indipendenti che chiedono di applicare una procedura riservata

Pubblicato il 15 Gen 2014

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Sale l’attesa per il cda di Telecom Italia di domani mattina. Sul tavolo due temi chiave per il futuro della compagnia: la governance dell’azienda e il futuro di Tim Brasil. In merito alle sorti dell’asset carioca, il board analizzerà la mozione presentata dai consiglieri indipendenti che chiedono di applicare una procedura riservata alle operazioni con parti correlate in caso di offerte per Tim Brasil. Una soluzione che di fatto depotenzierebbe Telco: pur rappresentando il 22,4% del capitale della compagnia di tlc, la holding di Telecom Italia – partecipata da Telefonica, Generali Ass., Mediobanca e Intesa Sanpaolo – esprime i 4/5 dei consiglieri del Board.

La soluzione gode anche dell’appoggio dell’Ad Marco Patuano. Dopo aver dichiarato “core” Tim Brasil nell’ultimo Piano industriale, è intenzionato a difendere a oltranza la propria decisione e cerca pertanto di smorzare sul nascere eventuali manovre relative alla controllata sudamericana.

In quanto alla governance del gruppo, Asati (l’associazione dei piccoli azionisti Telecom che riunisce circa l’1% del capitale sociale) e Marco Fossati (azionista del gruppo con una quota del 5%) spingono per trasformare la compagnia in una public company, il che si tradurrebbe anche in un Cda meno sbilanciato e più rappresentativo delle minoranze. Secondo indiscrezioni di stampa, per cercare di avvicinare le parti, il vice presidente vicarioi Aldo Minucci potrebbe proporre una soluzione spuria, costituita da una rappresentanza proporzionale nel Cda, corretta con un premio di maggioranza. Il che porterebbe Telco a esprimere 10 consiglieri su 15, se il numero dei componenti del board fosse confermato.

Fossati, in una lettera inviata ai consiglieri, chiede di introdurre un principio di proporzionalità pura nel metodo di voto per la nomina del consiglio, che attualmente riserva i quattro quinti dei posti alla lista di maggioranza. “Chiediamo al consiglio di amministrazione Telecom di farsi promotore di una modifica dello statuto sociale, volta a introdurre un principio di proporzionalità pura per la nomina degli amministratori (e dei sindaci) mediante voto di lista”, si legge nella lettera.

A chiedere un cambio di statuto Asati. “In riferimento all’alta affluenza dei soci nella scorsa assemblea del 20 dicembre con una presenza del capitale prossima al 54% e che ha visto una minoranza pari al 23% votare in maniera difforme da una maggioranza del 27% per la revoca e un 4% di astenuti – si legge in una nota dell’associazione – si è reso evidente come sia matura e ormai indispensabile l’abolizione della norma dello statuto sociale che attribuisce alla lista di maggioranza i 4/5 dei consiglieri e che si renda necessario una modalità di elezione del consiglio di amministrazione più idonea a rappresentare all’interno dello stesso le minoranze”.

Asati ha inviato al Consiglio di Amministrazione di TI, al Collegio Sindacale e alla Consob, una proposta di modifica dello statuto con l’abolizione della norma dei 4/5 a favore di un meccanismo di attribuzione dei seggi basato sulla ripartizione proporzionale (metodo d’Hondt). I piccoli azionisti auspicano “che l’attuale Cda ridotto a 11 Consiglieri, in piena consapevolezza della volontà di cambiamento espressa dagli azionisti di minoranza che rappresentano la maggioranza del capitale di TI, affronti il tema del cambiamento dello statuto fin dal prossima riunione del Consiglio prevista il 16 gennaio”.

“Qualora si dovesse decidere invece di svolgere il tutto in una unica assemblea – prosegue Asati – richiede formalmente che la convocazione della stessa non sia ridottaai canonici limiti di legge,cioè minimo 40 giorni, ma lanuova Assemblea di Bilancio e nomina del nuovo Consiglio avvenga con ampio preavviso almeno di 60 giorni in modo da non dare adito a possibili strumentalizzazioni tese ad interpretare la convocazione neilimiti minimi di legge come un modo per rendere difficoltosa l’organizzazione delle minoranze e facilitare l’attuale socio di maggioranza”.

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