Alla fine ha vinto il mercato. Inaspettatamente. Contro ogni previsione degli azionisti di maggioranza e anche di quelli di minoranza. L’Assemblea di Telecom Italia passerà alla storia non solo come l’assemblea dei record in termini numerici – 56% il capitale presente – ma soprattutto come l’assemblea della svolta. Per la prima volta nella storia dell’azienda di Tlc, la “cassaforte” Telco rappresentata dai quattro azionisti Telefonica (66%), Generali (19,32%), Mediobanca (7,34%), Intesa Sanpaolo (7,34%) che con il 22,4% di quota in Telecom hanno finora “comandato”, sono stati battuti. Ma la svolta ha un significato più ampio: Telecom Italia di fatto assomiglia sempre più a una public company e ciò rappresenta una svolta non solo per l’azienda ma per il capitalismo italiano.
L’uscita di scena di Findim e il conseguente appoggio della finanziaria capitanata da Marco Fossati ai tre candidati della lista Assogestioni (Lucia Calvosa, Davide Benello, Francesca Cornelli– sostenuta anche da Asati e votata da oltre la maggioranza del capitale presente (50,28%)- ha rappresentato il coup de theatre che ha ribaltato la “storia” di Telecom. Telco ha perso la maggioranza e quindi il mercato ha vinto sul patto di sindacato. I commenti del giorno dopo si sprecano: c’è chi sostiene che Findim e Asati si siano “sacrificate” in nome del bene comune e chi invece le considera “perdenti” dopo la battaglia portata avanti per mesi con l’obiettivo di scardinare la governance e portare alla presidenza Vito Gamberale. Posizioni alternate anche a guardarla dal lato Telco: la “scatola” ha vinto – dicono gli uni – perché è riuscita a piazzare tutti i suoi, inclusi i 7 consiglieri a integrazione del neopresidente Giuseppe Recchi, dell’amministratore delegato Marco Patuano e Denise Kingsmill; la “scatola” è morta – dicono gli altri – e vista l’imminente scadenza del patto (febbraio 2015) si fa plausibile lo scioglimento a giugno (quando è prevista la prima “finestra” di uscita possibile) anche in considerazione della già espressa intenzione di lasciare il tavolo espressa nel corso del tempo dalle banche e da Generali.
Insomma dopo l’Assemblea della svolta ci si prepara ad assistere ad un’ulteriore svolta, a meno dell’entrata in scena di un nuovo azionista che riesca a rinsaldare il “patto” e ad avviare un nuovo corso.