Telecom Italia andrà avanti sullo scorporo e sull’intesa con 3 Italia. Ne è convinta Kepler secondo cui “la separazione della rete e la cessione di attività commerciali ad Hutchison Whampoa abbia senso per Telco – una via d’uscita per le banche italiane e con Telefonica che ora ha il pieno possesso di Vivo in Brasile – e per Telecom, che troverebbe finalmente una struttura dell’azionariato a supporto dello sviluppo industriale di lungo termine, la questione cruciale per il gruppo”.
Per gli esperti è difficile definire la creazione di valore del deal dal momento che mancano informazioni, “come il perimetro di costi e ricavi della newco sulla rete, la quota ceduta alla Cdp, che probabilmente deterrebbe una quota di maggioranza se Telecom Italia fosse venduta ad HW. Considerando il nostro caso base”, che implica una valutazione della rete scorporata di 7 volte l’Ebitda, “le attività italiane esclusa la rete scambierebbero implicitamente ad un multiplo inferiore a 3 volte l’Ebitda e ci aspettiamo un re-rating. Separando la rete”,
“Telecom Italia – puntualizzano gli analisti – cristallizzerebbe il valore del network e ridurrebbe il rischio” abbassando il debito, “affrontando poi la questione principale di una struttura dell’azionariato che non supporta il suo sviluppo industriale di lungo termine. Questo è il motivo per cui pensiamo che andrà avanti con la cessione della rete e la vendita delle attività commerciali ad HW, mentre un aumento di capitale nell’ambito dell’attuale piano è improbabile, non supportato da Telco”.
Intanto il goodwill resta una mina vagante nei conti di Telecom Italia. Dopo i 7,3 miliardi di write-off del 2011, lo scorso anno il gruppo ha effettuato ulteriori svalutazioni di avviamenti per 4,3 miliardi, che sarebbero state molto più ampie se si fosse ampliato l’orizzonte temporale del test. Lo scrive il Sole 24 Ore, sottolineando che nel giro di un anno e mezzo rischiano di andare in fumo i 6 miliardi di riserve residue, alle quali Telecom ha attinto finora per continuare a pagare i dividendi. In bilancio sono rimasti ancora 32,17 miliardi di avviamenti, quasi tutti eredità delle fusioni Olivetti-Telecom e Telecom-Tim. Su richiesta della Consob, la società ha spiegato che il grosso dell’impairment, che ha mandato in rosso i conti del 2012, 4 miliardi, è relativo al mercato domestico e “legato prevalentemente agli effetti del peggioramento dello scenario congiunturale, nonché al contesto di mercato caratterizzato da forti dinamiche competitive e di riduzione delle tariffe”. Telecom aggiunge che se il trend negativo proseguisse questi elementi di incertezza “sarebbero potenzialmente suscettibili di determinare in futuro analoghi effetti svalutativi”.