Un presidio di lavoratori sotto alle sedi di Camera e Senato, fin dai prossimi giorni, per chiedere al Governo e al Parlamento, durante l’approvazione della legge di stabilità, di varare al più presto le nuove norme che regolino le offerte pubbliche di acquisto, sostenendo l’emendamento firmato tra gli altri ma Massimo Mucchetti e Altero Matteoli. Poi il rinnovo della richiesta al Governo per la convocazione di un tavolo di confronto con Telefonica e le Parti sociali per avere garanzie sul futuro industriale del Gruppo Telecom e sulle prospettive occupazionali. E l’inizio del confronto di merito con Telecom Italia per analizzare i singoli aspetti del piano industriale 2014-2016 “per verificare i reali contenuti dello stesso e le coerenze rispetto agli annunci effettuati, soprattutto in termini di investimenti in reti, ricerca e sviluppo, informatica e prospettive occupazionali”. Poi una manifestazione sotto alla sede Telecom il 20 dicembre, giorno in cui è fissata l’assemblea degli azionisti, per far sentire la presenza dei lavoratori il giorno in cui si discuterà della richiesta di azzeramento del Consiglio d’amministrazione presentata dalla Findim di Marco Fossati, che detiene il 5% delle azioni Telecom. Ma i sindacati chiedono anche “la riapertura del confronto sull’applicazione degli accordi del 27 marzo 2013, su cui l’azienda procede unilateralmente con forzature inaccettabili, per permettere un reale monitoraggio sugli interventi e sull’implementazione dello stesso che sia conforme a quanto sottoscritto”. E infine l’individuazione “di opportune soluzioni per i lavoratori oggetto di esternalizzazione negli anni 2000 – 2006, che oggi pagano le conseguenze di scelte sbagliate con la perdita del posto di lavoro a causa della politica degli appalti”.
“Nel caso in cui non fosse modificata la legge sull’Opa e/o il Governo non attivi il tavolo di confronto con Telefonica sarà indispensabile, in accordo con le Confederazioni – si legge nella nota che i sindacati hanno diffuso alla fine della riunione – arrivare allo sciopero generale dei dipendenti del Gruppo Telecom al fine di preservare il patrimonio occupazionale e aziendale garantendo, nel contempo, al Paese l’opportunità di avere un’azienda di telecomunicazioni in grado di sviluppare le reti di nuova generazione indispensabili per ammodernare il Paese e rilanciarne la competitività”.
Sono questi i punti emersi dalla riunione del coordinamento Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil delle RSU del Gruppo Telecom alla presenza delle strutture territoriali e delle segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, durante la quale è stata presa la decisione di avviare una vertenza su Telecom. Alla base dell’incontro di oggi la necessità di “analizzare – si legge in un comunicato congiunto – la situazione verificatasi a seguito della modifica dell’azionariato di controllo del Gruppo Telecom da parte di Telefonica e della presentazione del Piano Industriale 2014 – 2016 approvato dal Consiglio di amministrazione il 7 novembre” e illustrata ai sindacati dall’Ad Telecom Marco Patuano la scorsa settimana.
“Il Coordinamento – si legge nel comunicato – considera grave che un’azienda del valore di decine di miliardi possa essere acquisita tramite poche centinaia di milioni a causa di una legislazione che consente il controllo di fatto attraverso ‘scatole’ societarie che permettono il controllo di fatto dell’azienda a scapito della maggioranza degli azionisti”.
“La situazione finanziaria – prosegue la nota – (…) richiederebbe un aumento di capitale per reperire risorse aggiuntive finalizzate a rilanciare gli investimenti sulla costruzione di reti di nuova generazione, indispensabili per il rilancio complessivo della competitività del Paese e della riforma della Pubblica Amministrazione”.
“La scelta del Consiglio di Amministrazione di varare un piano industriale 2014 – 2016 con un aumento di capitale molto contenuto e focalizzare gli interventi sull’assetto industriale evidenzia luci e ombre”, affermano i sindacati. Tra gli apsetti positivi “la scelta di non procedere con lo scorporo della rete ma di lavorare alla realizzazione di un modello che garantisca la parità di accesso mantenendo la rete integrata all’interno dell’azienda, di indirizzare risorse aggiuntive verso lo sviluppo delle reti di nuova generazione per consentire di recuperare il ritardo rispetto agli altri Paesi Europei, la definizione di un nuovo modello di business che consenta all’azienda di recuperare spazi di mercato”. Interventi necessari “a rimettere in condizione l’azienda di recuperare i ritardi accumulati e rilanciarne le potenzialità sul mercato”. Poi le ombre, focalizzate sulle modalità con cui si è scelto di reperire le risorse: “Il ‘convertendo’ per realizzare un mini aumento di capitale non è sufficiente a garantire le adeguate risorse dedicate agli investimenti e allo sviluppo – si legge nel comunicato – l’operazione di vendita delle torri che, in parallelo con gli errori commessi nel passato sul patrimonio immobiliare, potrebbe portare al loro riaffitto a un canone elevato, la vendita della partecipazione in Argentina che ridimensiona l’assetto internazionale dell’azienda e riduce i margini del Gruppo, il remix degli investimenti che sposta dal commerciale alla costruzione di nuove reti ingenti risorse con il rischio di ridimensionare le capacità commerciali dell’azienda”.
Un insieme degli interventi che secondo Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil “ha consentito di recuperare risorse da indirizzare agli investimenti ma inciderà notevolmente sulla redditività dell’azienda e l’indebitamento nei prossimi anni rischiando di comprometterne l’operatività e la capacità di competere sul mercato globale delle telecomunicazioni. In questo caso la previsione del Piano Industriale di mantenere inalterati i parametri fondamentali di marginalità non è credibile”.