L’annuncio ufficiale è arrivato stamattina, prima dell’apertura della Borsa: Telco la holding di controllo che col 22,4% fa il bello e cattivo tempo in Telecom Italia, passa saldamente nelle mani di Telefonica. Gli spagnoli, dall’attuale 46% saliranno al 66% con un’opzione di crescita sino al 70%. A scendere saranno Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Assicurazioni Generali. L’accordo prevede tra l’altro la ricapitalizzazione e il rifinanziamento della società, e a una prima fase verrà data esecuzione oggi, mentre per una seconda fase l’esecuzione è subordinata all’ottenimento da parte di Telefonica di tutte le autorizzazioni delle competenti autorità nel settore delle telecomunicazioni e antitrust. L’azienda spagnola salirà al 66% di Telco.
Pronta la reazione del presidente esecutivo di Telecom, Franco Bernabè, che domani sarà in audizione al Senato: “L’operazione non riguarda Telecom ma solo Telco – ha voluto precisare il manager – Telecom non è diventata spagnola, solo Telco ha avuto un cambiamento azionario”.
In una nota l’operatore spagnolo fa sapere che “anche con la riorganizzazione dell’azionariato di Telco, Telefonica continuerà a non influenzare le decisioni sui mercati in cui è presente insieme a Telecom Italia e a sostenere lo sviluppo della società in Italia. Fermo restando che saranno esplorate “le migliori opzioni strategiche per ritrovare la sua flessibilità finanziaria”. Secondo Telefonica l’operazione “porta stabilità alla struttura azionaria di Telecom Italia, mantenendo l’indipendenza della società”. “A questo proposito – prosegue la nota – Telefonica ha sottoscritto un impegno con i suoi soci per non aumentare la sua partecipazione in Telecom Italia. Oltre a questo, Telefonica continuerà ad astenersi dal partecipare o dall’influenzare quelle decisioni che riguardano i mercati in cui sono presenti entrambe le società”. La compagnia spagnola “rinnova il suo impegno a contribuire allo sviluppo di Telecom Italia sul suo mercato domestico, attraverso sinergie e condivisioni di best practices”.
“Allo stesso modo – conclude Telefonica – la rinnovata stabilità azionaria nella società italiana consentirà di esplorare le migliori opzioni strategiche per ritrovare la sua flessibilità finanziaria”.
Telefonica sottoscriverà oggi un aumento di capitale sociale di Telco, per 324 milioni di euro, da liberarsi mediante versamento in denaro, valorizzando la partecipazione in Telecom Italia posseduta da Telco a 1,09 euro per azione. “Telco – si legge in una nota di Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo – utilizzerà gli importi derivanti dall’aumento di capitale per rimborsare, immediatamente e fino a concorrenza, l’indebitamento bancario in essere in scadenza a novembre 2013. Il residuo debito bancario di Telco sarà interamente rifinanziato fino a massimi 700 milioni, da Mediobanca e Intesa Sanpaolo in parti uguali, attraverso un nuovo finanziamento a condizioni di mercato”.
A seguito dell’integrale sottoscrizione dell’aumento di capitale, Telefonica salirà al 66% di Telco, mentre Generali sarà al 19.32%, Intesa Sanpaolo al 7.34% e Mediobanca al 7.34%.
Quanto alla prima fase dell’accordo, fino alla eventuale conversione delle azioni prive del diritto di voto sottoscritte da Telefonica in azioni con diritto di voto, i diritti di governance di ciascuna delle parti rimarranno immutati rispetto a quelli attualmente in vigore.
Contestualmente all’esecuzione dell’aumento di capitale, Telefonica acquisterà, al valore nominale, dai Soci Italiani – pro quota – una parte del prestito obbligazionario emesso da Telco, cosicché la quota di tale prestito detenuta da Telefonica dopo la compravendita sarà pari al 70% del totale, ed il restante 30% sarà ripartito tra AG (17%), IS (6,5%) e MB (6,5%).
Il corrispettivo sarà costituito da azioni ordinarie di Telefonica (dalla stessa possedute), quotate alla Borsa di Madrid, valorizzate Euro 10,86 ciascuna. Tali azioni saranno liberamente liquidabili sul mercato, entro limiti quotidiani predefiniti e decorso un periodo di intrasferibilità di 15 giorni.
Riguardo alla seconda fase, a partire dal 1^ gennaio 2014, subordinatamente all’ottenimento di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust (incluse quelle in Brasile e in Argentina), Telefonica avrà facoltà di convertire – anche in più tranche fino al raggiungimento di una quota massima del 64,9% dei diritti di voto – le proprie azioni di Classe C, senza diritto di voto, in azioni di Classe B, con diritto di voto.
All’eventuale superamento, grazie alla conversione, della soglia del 50% dei diritti di voto da parte di TEF, la governance di Telco e di Telecom Italia sarà così articolata: per quanto riguarda Telco il consiglio di amministrazione continuerà ad essere composto da 10 membri, i soci italiani nomineranno 5 amministratori e TEF i restanti 5; i quorum assembleari di cui allo statuto vigente rimarranno invariati; per quanto riguarda le modalità di presentazione della lista per la nomina degli amministratori di Telecom Italia, le parti hanno concordato che il numero degli amministratori da eleggere non sia inferiore a 13 e che, al netto degli amministratori da riservare alle liste di minoranza, i Soci Italiani avranno la possibilità di indicare i primi 2 nominativi della lista, mentre i restanti nominativi saranno indicati per metà dai Soci Italiani e per metà da Telefonica.
In Telecom Italia verrano eletti non meno di 13 amministratori. Al netto dei posti riservati agli azionisti di minoranza, i soci italiani avranno la possibilità di indicare i primi due nominativi della lista, riservati a presidente e amministratore delegato, mentre i restanti nominativi saranno indicati per metà dai soci italiani e per metà da Telefonica.
Secondo il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro, “Telecom Italia, come tutte le società che hanno un contenuto reale, possa trarre giovamento della presenza rafforzata di un operatore internazionale che e’ uno dei primi al mondo”.
Le banche non escono del tutto, come probabilmente vorrebbero, ma manterranno (ancora per qualche mese se Telefonica avrà interesse a salire) un 30% che ha il sapore della foglia di fico: giusto per placare le polemiche che il passaggio di TI in mano spagnola inevitabilmente comporterà. Tra l’altro, Telefonica è gravata da una massa di debiti di 68 miliardi di euro e non si sa quanto sia vogliosa di investire nelle nuove reti in Italia.
L’accelerazione è avvenuta nel tardo pomeriggio di ieri dopo un’intensa giornata di trattative nella sede di Mediobanca. Espressione logistica piuttosto che luogo simbolo dei poteri di un tempo: più che il salotto buono degli equilibri del capitalismo italiano, stavolta piazzetta Cuccia è stata la semplice sede che ha ospitato la trattativa dove si è consumato il passaggio verso il controllo estero di una delle più grandi imprese italiane.
Intanto anche dal Brasile arrivano le prime reazioni. Secondo una fonte interna ad Anatel il passaggio del controllo di Telecom alla spagnola Telefonica rappresenterà ”una sfida al mantenimento della qualità dei servizi prestati nel Paese”. In base alle regole del settore delle telecomunicazioni in Brasile, è vietata la sovrapposizione di concessioni. Ovvero: un unico gruppo non può avere due imprese vincolate al settore della telefonia mobile in una stessa regione; quindi sarebbe costretto a venderne una. Se Telefonica assumerà il pieno controllo di Telecom in Europa – viene fatto notare dagli analisti brasiliani – sarà indirettamente socia maggioritaria di Tim in Brasile, dove è già proprietaria della Vivo.
Un’eventuale unificazione – osservano le fonti di Anatel – potrebbe però provocare problemi nella qualità dei servizi offerti, dal momento che la base di clienti che oggi usa fasce dei due operatori sarebbe ”allineata” alle frequenze di una sola compagnia. Secondo dati Anatel divulgati lo scorso luglio, la Vivo è ancora leader del mercato brasiliano di telefonia mobile, seguita dalla Tim. Le due aziende insieme avrebbero oltre il 55% di market share.