IL QUINTO ANGOLO

Telecom-Telefonica, ma dov’è l’Agcom?

Nella vicenda che ha rimesso Telecom al centro della scena ha colpito il mancato coinvolgimento dell’authority. Come mai è fuori dalla partita? Sta facendosi largo l’idea di un unico mercato e di un euro-regolatore?

Pubblicato il 11 Nov 2013

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Negli ultimi mesi la vicenda Telecom è stata di nuovo al centro dell’attenzione politica e finanziaria. Nulla di sorprendente visto che era facile prevedere che le cose si sarebbero complicate. Una situazione da tempo al limite e per la quale era del tutto evidente che ci sarebbe stato bisogno di un intervento straordinario.

A molti è parso che l’unica cosa plausibile, sul piano dell’interesse nazionale, dell’azienda e dei suoi lavoratori, fosse il progetto di separare la rete. Fare cioè una società ad hoc a maggioranza pubblica attraverso l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti. Altri si sono opposti, ritenendo sbagliato l’ingresso, seppure indiretto, dello Stato nella proprietà della rete. Insomma, tante parole sono state spese in queste settimane, politici, economisti e commentatori vari, ognuno ha detto la sua.

Infine, è arrivata l’iniziativa di Telefonica. Il Governo, fino a quel punto assente, si è mosso, o meglio ha annunciato di volerlo fare, e il Senato ha approvato la riforma sull’Opa nata dalla mozione bipartisan Mucchetti-Matteoli. In concreto però nulla è stato fatto ed uguali, dopo tante chiacchiere, restano i problemi di Telecom.

Oltre alla consueta confusione delle nostre classi dirigenti, ha poi colpito il mancato coinvolgimento di Agcom. Quest’ultima non è stata chiamata, al contrario di altre Autorità, nei vari passaggi istituzionali sulla vicenda. Non dal Parlamento, non, a quanto è dato di sapere, dal Governo. E’ ovvio che Agcom non fa politica industriale e non ha competenze sugli assetti proprietari e finanziari di un’azienda privata.

Ma nel caso di specie due sono le questioni che rendono il suo ruolo essenziale. La prima che l’infrastruttura di Telecom, in assenza di alternative, è fondamentale per il funzionamento del settore. La seconda che le regole adottate dall’Autorità hanno un ruolo decisivo, oltre che sugli assetti concorrenziali, sul futuro dell’ex monopolista. Vincoli regolatori più o meno ampi e valori di remunerazione degli investimenti sono concetti indissolubilmente legati agli esiti organizzativi e proprietari che riguarderanno l’azienda.

Come può dunque Agcom essere fuori dalla partita. A meno che qualcuno non stia già sopravanzando l’idea di un unico mercato e di un unico regolatore europeo.
Il convitato in sostanza non sarebbe Agcom, ma gli uffici di Bruxelles. Senza fare troppa dietrologia, sarà il caso di seguire qualche indizio. Per primo quello contenuto nelle parole del Presidente del Consiglio all’ultimo convegno di Confindustria digitale: pochi operatori forti in Europa e più potere alla Commissione, in una perfetta intesa con le idee della Kroes.

Vedremo come andrà a finire anche se viene il sospetto che nel vecchio continente l’idea è quella di vedere in futuro due molossi delle reti, uno attestato sull’asse franco tedesco (voci insistenti parlano di un accordo tra France Telecom e Deutsche Telekom), l’altro sull’asse mediterraneo capitanato da Telefonica (con Telecom Italia in posizione ancillare).
Il tutto vigilato dalla Commissione europea. In ogni caso, senza stare a pensar male, un fatto è certo: Agcom non può restare fuori. Lo impone l’assetto attuale delle leggi in materia, ma soprattutto la circostanza che la stessa Autorità salvaguarda nel settore concorrenti e concorrenza, che, insieme alle sorti di Telecom, forse qualcuno vuole affidare ad altri.

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