L'OPERAZIONE TELEFONICA

Telecom, Zanonato promuove Patuano. Ma Mucchetti insiste sull’Opa

Il ministro: “Piano di investimenti significativo”. Ma i firmatari della mozione sull’Opa passata in Senato rilanciano con un emendamento alla legge di Stabilità. Fassina: “Il Governo sta valutando”. E non è detto che le nuove norme, se approvate, obblighino gli spagnoli alla scalata

Pubblicato il 11 Nov 2013

Il ministro dello Sviluppo economico promuove il piano di Marco Patuano su Telecom Italia, e preferisce non soffermarsi sulla vendita della controllata del gruppo italiano in Argentina: “A me risulta che la compagnia telefonica ha un piano di investimenti significativo, che con l’attuale amministratore delegato si è rafforzato – ha detto Flavio Zanonato rispondendo a una domanda sull’affaire Telefonica a mergine di un convegno a Monza – A me interessa soprattutto tutto ciò che aumenta la banda larga ed efficienza telematica del nostro Paese per ridurre il divario digitale che resta un handicap per la nostra economia”.

Intanto però, sul fronte parlamentare, le nuove norme sull’Opa diventano un emendamento alla legge di stabilità, e a presentarlo sono gli stessi firmatari della mozione approvata dal Senato il 17 ottobre. Da allora si era parlato di un decreto ad hoc del Governo, mentre negli ultimi giorni il vice ministro dello Sviluppo economico, Antonio Catricalà, aveva frenato: “E’ certamente necessaria una riforma della normativa sull’Opa ma probabilmente non è questo il momento visto che è in corso la partita Telecom-Telefonica” , aveva detto solo pochi giorni fa, aggiungendo: “E’ da vedere se il consiglio dei ministri dovrà occuparsene”. Una posizione che a molti è sembrata in palese contrasto con la mozione che impegnava l’esecutivo a tradurre in legge il testo “in tempi brevissimi”.

Così l’asse trasversale di chi chiede che il Governo e le Camere si occupino subito della questione torna a premere, con l’emendamento firmato da Massimo Mucchetti (Pd) (nella foto), Altero Matteoli (Pdl), Maurizio Gasparri (Pdl), Paola Pelino (Pdl), Luigi Zanda (Pd), Mauro Maria Marino (Pd), Valeria Fedeli (Pd), Loredana De Petris (Sel), Linda Lanzillotta (Scelta civica) e Nunziante Consiglio (Lega Nord).

“Si aprirebbe un problema molto serio tra il Senato e il Governo nel momento in cui l’esecutivo venisse meno alla parola data nell’aula di Palazzo Madama – afferma l’ex vicedirettore del Corriere della Sera – Il governo, non dando corso alla parola data, aprirebbe un conflitto con il Senato. Il Senato aveva espresso e sta esprimendo una volontà politica chiara, mentre il Governo finora ha brillato per la sua assenza”.

Per il governo risponde Stefano Fassina, viceministro dell’Economia: “Il governo ha già risposto sulla riduzione della soglia per l’Opa – afferma – ora sta maturando una posizione: l’emendamento va nella giusta direzione, abbiamo bisogno di inserire altri strumenti per verificare il controllo a tutela dei piccoli azionisti”.

Nel testo presentato in queste ore compaiono alcune novità rispetto alla mozione, tra le quali il principio che debba lanciare l’offerta pubblica di acquisto chiunque acquisisca, anche attraverso con un’azione concordata, il controllo di fatto della società, “qualora la partecipazione acquisita dia diritti di voto inferiori al 30% del capitale ordinario, purché superiore al 15%”. Per controllo di fatto si intende “il potere di nomina, con voto determinante in almeno due assemblee ordinarie consecutive, di un numero di amministratori in grado di esprimere la maggioranza deliberante per le materie di gestione ordinaria”. A dover determinare i casi nei quali un azionista o un gruppo di azionisti esercitano il “controllo di fatto” su una società dovrà essere, a cadenza annuale, la Consob, che sarà chiamata a stilare una un primo elenco entro la fine di gennaio.

Secondo quanto lo stesso Mucchetti scrive nella relazione a corredo dell’emendamento, l’obiettivo è quello di tutelare il risparmio evitando “effetti distorsivi sugli assetti azionari delle società a capitale realmente diffuso”.

Rimane il fatto che a questo punto non è chiaro come il testo possa influire sull’affaire Telefonica-Telecom Italia, dal momento che la quota diretta in Telecom da attribuire a Telefonica è, dopo l’accordo del 24 settembre, del 14,8%, subito sotto la soglia che farebbe scattare l’Opa. Anche se la stessa intesa prevede che gli spagnoli sottoscrivano un aumento di capitale per arrivare al 70% di Telco, rispetto al quale però gli spagnoli hanno la facoltà di fare un passo indietro di fronte a ostacoli “di tipo regolatorio”. Senza dimenticare che dal 2014 Telefonica potrebbe anche convertire le sue azioni in titoli con il diritto di voto, ed esercitare l’opzione che le consentirebbe di prendere il 100% di Telco. Decisioni che saranno possibili soltanto dopo che saranno stati sciolti i nodi che riguardano l’antitrust rispetto al mercato sudamericano: se anche infatti Telecom cedesse Telecom Argentina, il problema rimarrebbe in piedi per il mercato brasiliano, appena definito “strategico” da Marco Patuano, nuovo Ad di Telecom.

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