Telefonica, 6.500 esuberi in Spagna entro il 2013

Via al piano licenziamenti che costerà 2,7 miliardi ma da cui la compagnia di tlc si aspetta di ridare slancio alla divisione domestica. Accordo raggiunto con i sindacati: la telco pagherà i sussidi di disoccupazione

Pubblicato il 18 Lug 2011

Telefonica vara un piano di 6.500 esuberi entro il 2013, per un
costo di 2,7 miliardi di euro tasse escluse: si tratta di una
riduzione del personale che colpisce quasi il 20% della forza
lavoro spagnola (35mila dipendenti) del colosso delle
telecomunicazioni e che fa parte della strategia con cui Telefonica
sta cercando di potenziare la redditività della divisione
domestica, una volta il traino del suo business ma che oggi cresce
a rilento a causa della diminuzione del traffico su rete fissa,
dell’intensificarsi della concorrenza e anche della crisi
economica spagnola.

Il costo dell’operazione di ristrutturazione è stato calcolato
intorno ai 415mila euro per dipendente, ha comunicato la telco nei
documenti presentati al regolatore spagnolo, e verrà registrato in
bilancio come spese straordinarie una tantum per il personale.

Telefonica ha tuttavia fatto sapere agli investitori che i suoi
obiettivi sul dividendo non saranno toccati dai costi della
ristrutturazione e che si attende notevoli vantaggi collegati con i
tagli alla forza lavoro che non sono ancora stati inclusi negli
obiettivi di redditività e operatività degli anni
2011-2013.



In merito ai licenziamenti, Telefonica ha raggiunto all’inizio
del mese un accordo con i sindacati spagnoli che prevede 45 giorni
di paga per ogni anno che il dipendente ha lavorato per Telefonica
più una liquidazione. L’azienda ha anche acconsentito a coprire
i costi del sussidio di disoccupazione per i dipendenti interessati
che altrimenti sarebbero stati a carico dello Stato – ovvero dei
contribuenti spagnoli. Un'importante concessione al governo –
insieme alla riduzione degli esuberi dagli 8.500 annunciati a
giugno agli attuali 6.500 – dopo le pesanti critiche di Madrid che,
in un momento in cui il tasso di disoccupazione in Spagna tocca il
21% (il più alto dell’euro zona), non vede affatto di
buon’occhio le aziende che licenziano.

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