IL PATTO TELCO

Telefonica vende 139 milioni di convertendo Telecom: fine dei giochi?

Gli azionisti italiani hanno già annunciato l’uscita da Telco. E gli spagnoli non stanno a guardare: gli analisti leggono nella mossa il primo segnale della ritirata

Pubblicato il 20 Giu 2014

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Telefonica ha venduto oggi sul mercato per 139 milioni di euro il bond convertendo di Telecom Italia che aveva acquistato a novembre per 103 milioni di euro per mitigare la diluizione della sua quota dovuta alla conversione. Secondo quanto riferito da Bloomberg e dal Sole 24 Ore, l’operazione si sarebbe conclusa lunedì 16 giugno con il supporto di JP Morgan.

Si tratta di obbligazioni che avrebbero potuto essere scambiate per azioni di Telecom Italia nel 2016 e che fanno parte dell’emissione di convertendo da parte di Telecom per un valore di 1,3 miliardi di euro.

Questa operazione è per Bloomberg il segnale di un dilemma in cui si trova Telefonica, dopo l’inizio dello scioglimento di Telco: “
Telefonica, il principale investitore in Telco Spa, probabilmente non sarà in grado di accrescere la sua quota in 
Telecom Italia senza scatenare l’
opposizione dei regolatori in Brasile, dove le due aziende sono concorrenti. L’uscita da Telecom Italia sarebbe però un’ammissione che l’alleanza strategica siglata sette anni fa non funziona”, scrive l’agenzia di stampa.

“La mossa di Telefonica potrebbe essere letta come un segnale che gli spagnoli potrebbero vendere la quota in Telecom Italia e alla fine uscire dalla partecipazione nell’azienda italiana”, commenta Angelo Drusiani, della Banca Albertini Syz & C. a Milano.

Anche Il Sole si chiede quale possa essere il significato strategico della mossa di Telefonica, notando che lo smobilizzo del prestito arriva nel mezzo dello scioglimento di Telco, che porterà il gruppo di Cesar Alierta a detenere il 14,8% diretto di Telecom Italia.


“La vendita del convertendo risulta ancor più curiosa perché sarebbe avvenuta nel giorno stesso in cui gli azionisti di Telco diversi da Telefonica hanno avviato le pratiche per la scissione dal veicolo”, nota il quotidiano economico.

Proprio il 16 giugno, infatti, era il primo giorno utile per dare il via alla separazione. Un’operazione che porterà i soci di Telco a diventare azionisti diretti della compagnia telefonica con le seguenti quote: gli spagnoli al 15%, Generali al 4,3%, Intesa Sanpaolo e Mediobanca all’1,7% ciascuno. In questo scenario, è plausibile che il fronte italiano proceda in tempi rapidi alla vendita delle partecipazioni, andando contemporaneamente ad abbattere il debito che le accompagna. 
Il risultato finale sarà una Telefonica potenzialmente “sola” con in mano poco meno del 15% del capitale: troppo poco per dettare la linea, dato che dovrà fare i conti con il mercato, che all’ultima assemblea di Telecom Italia ha fatto capire di essere il nuovo socio forte della compagnia. D’altra parte, con quel pacchetto, il gruppo presieduto da Cesar Alierta sembra avere margini di manovra assai ridotti: non è rappresentato nel board; non ha i numeri sufficienti per dire la sua in tema di operazioni straordinarie perché non rappresenta una minoranza di blocco che richiede i due terzi del capitale.


“Qualcuno si spinge a suggerire che quello smobilizzo potrebbe essere solo il primo passo verso una futura ritirata spagnola”, conclude il quotidiano finanzario.

Telecom Italia è debole nella seduta odierna e sottoperforma il settore in Europa con il mercato che si interroga sul futuro della compagnia telefonica alla luce dei recenti movimenti azionari.

“La cessione del convertendo”, spiega Stefano Vulpiani di Icbpi all’agenzia Reuters, “anche se supportata dal forte apprezzamento del bond alimenta gli interrogativi sul futuro ruolo di Telefonica nell’azionariato di Telecom Italia alla luce della recente scissione di Telco e dei noti vincoli Antitrust in Brasile”.

Andrea Devita di Banca Akros teme che la mossa di Telefonica sul convertendo possa corrispondere a un minor “commitment” del gruppo spagnolo e questo “potrebbe aumentare l’appeal speculativo” di Telecom. “La mossa è quasi trascurabile ma potrebbe segnalare un ripensamento strategico dell’investimento italiano”, aggiunge.

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