BANCHE DATI

Telemarketing selvaggio, maxi multa a Fastweb

Confermata la sanzione da 300mila euro per l’utilizzo irregolare di vecchi elenchi telefonici: depositata la sentenza dalla Corte di Cassazione. La decisione, che ha bocciato il ricorso dell’operatore Tlc, parte da ripetute segnalazioni del Garante Privacy

Pubblicato il 19 Ago 2016

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Telemarketing illecito con numeri reperiti da vecchi elenchi telefonici. E’ stata confermata la sanzione amministrativa a carico di Fastweb per il telemarketing selvaggio. Non sono lecite le offerte promozionali fatte utilizzando i nominativi contenuti negli elenchi telefonici pubblici forniti da società di servizi informatici, specializzate nel settore delle banche dati.

La Corte di cassazione, con la sentenza 17143, respinge il ricorso dell’operatore telefonico contro la sentenza con la quale il Tribunale di Milano l’aveva condannata a pagare 300mila euro per aver utilizzato, nonostante fosse a conoscenza dell’origine irregolare dei dati, oltre 14 milioni di nominativi.

La vicenda ha preso il via, dopo innumerevoli segnalazioni al Garante della privacy, da un’attività ispettiva eseguita dall’Autorità presso la società e i suoi call center. Dal controllo era emerso che i dati utilizzati provenivano da elenchi telefonici formati prima dell’agosto 2005, rispetto ai quali era stato disposto dal Garante (26 giugno 2008) un divieto di trattamento. Il tutto senza che la società telefonica avesse fornito la prova di aver inoltrato un’informativa per chiedere il consenso degli interessati.

Il Garante aveva agito prima con un provvedimento inibitorio e successivamente con la sanzione, giustificata anche dall’avere commesso le violazioni contestate in relazione a una banca dati di particolare rilevanza e dimensioni (articolo 164-bis, comma 2 del Codice sulla protezione dei dati personali). Fastweb dal canto suo contestava, tra l’altro, l’interpretazione restrittiva del diritto comunitario, i tempi eccessivi del procedimento sanzionatorio e la violazione del principio del ne bis in idem per il cumulo delle sanzioni.

Ma anche su quest’ultimo punto la Cassazione, scrive il Sole 24 Ore, dà ragione al Tribunale. I giudici ricordano che, in tema di illeciti amministrativi stabiliti dal Codice della privacy (Dlgs 196/2003), la fattispecie prevista dall’articolo 164-bis, comma 2, non costituisce un’ipotesi aggravata rispetto a quelle semplici richiamate dalla norma, ma una figura di illecito del tutto autonoma.

I giudici precisano che in essa si prevede la possibilità “che vengano infrante dal contravventore, anche con più azioni ed in tempi diversi, una pluralità di ipotesi semplici, però unitariamente considerate dalla norma con riferimento a banche dati di particolare rilevanza o dimensioni”. Nel caso di concorso di violazioni di altre disposizioni oltre a quella in esame, consegue dunque – afferma la Cassazione – un ipotesi di cumulo materiale di sanzioni amministrative.

La Suprema corte distingue il trattamento di dati personali, per quanto numerosi e aggruppati, dalla gestione e dal trattamento di intere banche dati di grande consistenza, per la quale scatta un illecito del tutto autonomo, sanzionabile “in modo proprio con la previsione di una diversa forbice comminatoria”.

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