Teleperformance, Apollonj Ghetti: “L’Albania non sostituirà l’Italia”

“Non chiuderemo bottega per andare a Tirana”, assicura l’amministratore delegato il quale però evidenzia le difficoltà del comparto: “Abbiamo perso clienti importanti a causa della crisi. E la mole di informazioni reperibili online può compromettere il lavoro degli operatori”

Pubblicato il 15 Lug 2011

Teleperformance Italia non metterà la chiave sotto lo zerbino e
non manderà a casa i suoi dipendenti. Così annuncia la direzione
dell’azienda francese, attiva nel settore dei call center, dopo
aver firmato un accordo con le parti sociali.  Due i punti
salienti dell’intesa: il ricorso alla cassa integrazione per un
periodo di sei mesi per 900 dipendenti distaccati presso le sedi di
Roma e Taranto e l’apertura di un ufficio per le “partenze
volontarie”. Sono già 227 gli operatori che hanno accettato di
lasciare il posto a fronte di un assegno di due o tre mesi di
stipendio.
Una soluzione, questa, vantaggiosa per l’azienda. Secondo la
legge in effetti, un’azienda che licenzia parte del suo personale
per motivi economici, non può assumerne altro per i sei mesi
successivi.

Per azienda e i sindacati si tratta di un buon accordo. Per le
associazioni sindacali il dato importante è che l’azienda abbia
rinunciato ai licenziamenti. Ad aprile scorso, invocando un calo
delle attività e quindi del suo fatturato, Teleperformance aveva
annunciato il licenziamento in tronco di 1400 operatori. Una
decisione che aveva spinto i sindacati ad alzare le barricate
mentre i dipendenti manifestavano davanti alle sedi italiane
dell’azienda francese.

“Abbiamo perso alcuni clienti importanti, come ad esempio
l’Enel, che rappresentava per noi 400 posti di lavoro”, si
giustifica Lucio Maria Apollonj Ghetti
amministratore delegato di Teleperformance Italia, senza parlare
– rileva l’Ad – "delle difficoltà dei call-center colpiti
dalla crisi e dall’aumento dei dati disponibili su
Internet".
“Basta fare una piccola ricerca per trovare tutte le informazioni
che uno desidera – gli fa eco Gabriele Piva, direttore delle
risorse umane – Di conseguenza, gli operatori diventano
superflui”.

Rimane anche il problema di una concorrenza poco rispettosa delle
regole. “Abbiamo cominciato a firmare dei contratti a tempo
indeterminato tre anni fa – prosegue Piva – Dobbiamo quindi
pagare i contributi il che rappresenta un costo per l’azienda che
influisce i nostri risultati. Ma tutte le società non hanno un
atteggiamento simile. Alcune moltiplicano i contratti a tempo,
altre non firmano proprio un bel niente”.

Per quanto riguarda la questione albanese che aveva scatenato le
reazione dei sindacati dopo che la direzione della società aveva
paventato la possibilità di delocalizzare le attività proprio in
Albania, Apollonj Ghetti. Promette che “l’Albania non
sostituirà mai l’Italia da un punto di vista professionale. Non
chiuderemo bottega per andare a Tirana”. Resta il fatto che
Teleperformance ha aperto i suoi primi call center a Tirana e
Durazzo già due anni fa. Tirana rappresenta per l’azienda una
grande opportunità, soprattutto per quanto riguarda i costi.

“Lo stipendio di un operatore italiano assunto regolarmente
equivale grosso modo a 850 euro al mese in cambio di 30 ore di
lavoro a settimana – rivela una fonte sindacale – In Albania, la
retribuzione è poco più dello stipendio percepito da un
funzionario dello Stato, ovvero 470 euro al mese sempre per 30 ore
a settimana”. Gli albanesi, per di più, sono per la maggior
parte laureati e sono disposti a lavorare anche di notte e durante
il week-end senza pretendere un bonus.

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