Asati incalza Elliott sulla guida di Tim. In una lettera aperta al fondo, a Vivendi, ai vertici di Tim e alle istituzioni i piccoli azionisti chiedono chiarimenti sulla strategia che il fondo Usa ha intenzione di mettere in campo in vista dell’assemblea del 24 aprile e soprattutto sapere il nome di chi sarà l’Ad della compagnia. L’associazione si dice intanto concorde sullo scorporo della rete “a condizione che l’operazione preveda come obiettivo l’integrazione con Open Fiber e che la nuova Netco sia quotata in Borsa e che a regime Telecom Italia possa mantenere una quota rilevante della nuova società”. Ok anche all’utilizzo dei proventi delle precedenti operazioni per ridurre la leva finanziaria gravata da un pesante debito e la ripresa della distribuzione dei dividendi pur verificandone “la compatibilità con il piano di investimenti della società”.
“Crediamo che per assumere, alla prossima assemblea, un orientamento consapevole, per noi come per gli altri Soci – si legge nella missiva – sia indispensabile conoscere le linee principali della strategia che il fondo Elliott ritiene di voler perseguire per il futuro di Tim in termini di sviluppo del business, di partnership e di alleanze, di organizzazione della società e di politiche del personale; e capire come questi obiettivi si differenziano da quelli del piano predisposto dall’attuale vertice aziendale (che, peraltro, dovrà essere confermato in assemblea)”. In questo senso è “fondamentale conoscere il nome della persona che si propone per la guida di Tim, se Elliott ha un parere favorevole per Amos Genish, e quale sarà lo staff di manager che lo affiancherà”. Inoltre è importante individuare consiglieri indipendenti e, possibilmente, italiani per garantire trasparenza nella gestione e rispetto degli interessi di tutti gli stakeholder, azionisti, dipendenti.
“Ma non sono loro e neanche la cessione di quote della rete o di Sparkle (uno dei punti della strategia di Ellioot ndr) a darci la fiducia in una crescita sostenibile e duratura di Tim – spiega Asati – Le azioni proposte dal fondo Elliott dovranno essere indirizzate non solo al bene degli azionisti, compresi quelli di minoranza sempre danneggiati dalla privatizzazione, ma dovranno essere di interesse del Paese per cui il Governo e la Consob, su una azienda così essenziale per lo sviluppo, dovranno intervenire affinché non venga dispersa la notevole capacità e la grande professionalità esistente nel suo interno e nell’indotto che opera congiuntamente da molti anni assieme”.
Per Asati non c’è alcun dubbio che la gestione Vivendi “non sia stata tra le migliori dai tempi della privatizzazione, e anzi, visti i risultati delle precedenti, è tutto dire e non è poco”.
“Sbagliate le scelte strategiche, discontinue ed incomprensibili quelle gestionali con il succedersi di tre Ad nel giro di tre anni, ripetute occasioni di pesanti conflitti di interesse, incapacità di stabilire rapporti costruttivi con le istituzioni, le motivazioni per chiedere all’Assemblea un cambiamento deciso ci sono tutte – si legge nella lettera – Anche se dobbiamo onestamente riconoscere che Amos Genish, oltre alla indiscutibile competenza, ha avuto il merito di riaprire il dialogo con le Istituzioni e di ridare respiro strategico all’azione della Società”.