960,983 milioni di euro: tanto ha speso Cassa Depositi e Prestiti per raggiungere l’8,7% di quota azionaria in Tim. È quanto emerge dal file depositato alla Sec (la Consob americana). La Cassa ha ora in pancia 1.322.250.000 di azioni e considerate le oscillazioni del titolo la minusvalenza latente sulla quota è stimata in circa 225 milioni. La “scalata” di Cdp – che stando a rumors sarebbe intenzionata a raggiungere il 10% prima dell’assemblea del 29 marzo – sta facendo il paio con una serie di manovre al rialzo da parte di alcuni Fondi (fra mercoledì e giovedì della scorsa settimana gli scambi sono stati nettamente superiori ai 200 milioni di “pezzi” contro una media mensile di 132 milioni) e secondo quanto risulta a Corcom fra i fondi più attivi ci sarebbe Blackrock. Manovre che non lasciano indifferente l’azionista di maggioranza Vivendi pronto a fare dura battaglia per ribaltare l’attuale cda.
Vivendi accusa Conti: “Ha fuorviato i Sindaci e favorito Elliott”
In un addendum al documento “Restituire valore a Telecom Italia” i francesi sono tornati a puntare il dito contro “le irregolarità nella governance di Telecom Italia evidenziate dal report del Collegio Sindacale” che quindi “rafforzano la volontà di Vivendi di richiedere il ritorno ad un cda più equilibrato” che “ristabilirebbe le condizioni e tutele di governance necessarie per permettere una corretta gestione dell’azienda a beneficio di tutti i suoi azionisti, dipendenti e stakeholder”. È sul presidente Fulvio Conti che si riversano le maggiori accuse: “Riteniamo inconcepibile che il Presidente Conti abbia fuorviato i Sindaci. Tali rilievi evidenziano e confermano che non si può più fare valido affidamento sull’indipendenza del Presidente e membro del cda di Tim attualmente in carica, avendo questi deliberatamente favorito i Consiglieri nominati da Elliott, nonché tentato occultare la propria condotta”.
La replica di Conti: “Non ho favorito Elliott e non dipendo da Vivendi”
Immediata la replica del presidente che in una lungo intervento su Repubblica ha messo nero su bianco la sua pozione: “Non ho favorito Elliott né dipendo da Vivendi”, sottolinea Conti ricostruendo quanto accaduto a seguito della riunione dell’8 novembre: “Numerosi consiglieri hanno manifestato insoddisfazione per l’operato dell’Ad, lasciandomi intendere che Amos Genish non aveva più la loro fiducia. Ma la decisione di conferire o revocare le deleghe spetta solo al cda. Così ho avviato una serie di consultazioni con i singoli amministratori, o con alcuni di questi insieme, per analizzare il da farsi. Poi, avvalendomi anche del mio consulente legale, lo studio BonelliErede, ho convocato un cda per il 13 novembre in cui 10 consiglieri su 15, tra cui il sottoscritto, hanno votato la revoca di Genish”. Nel respingere le accuse del collegio sindacale e sottolineando che “Vivendi vuole riavere la maggioranza in cda ma con Genish come Ad non ha creato valore, Conti ha poi aggiunto che “le decisioni del 13 novembre sono state prese dal cda in maniera collegiale, dopo un’approfondita discussione in base a informazioni note a tutti e già emerse nel consiglio dell’8. Per quanto riguarda lo studio Bonelli Erede, con mia sorpresa, un ‘memo’ da me richiesto per istruire ai fini di legge il consiglio del 13, è stato per errore distribuito da un legale in copia ai 10 consiglieri eletti nella lista Elliott. Ma la decisione del cda è maturata su fatti da me presentati a tutto il consiglio e non su nuove informazioni scambiate in modo asimmetrico”. “Nonostante le accuse di irregolarità, che respingo con fierezza e cognizione di causa – ha concluso il presidente – posso rimanere super partes perché sono riconosciuto indipendente e non dipendo né da Vivendi né da Elliott, ma sono un amministratore di Tim al servizio dell’interesse di Tim”.
Elliott al contrattacco con Time for Tim
E non si è fatta attendere nemmeno la replica di Elliott: il fondo americano ha “acceso” un sito ad hoc – Time For Tim (https://www.time-for-tim.com) – e in una lunga presentazione ha messo nero su bianco la propria posizione e lanciare il contrattacco a Vivendi. I francesi, ribadisce, si sono “rifiutati di intrattenere con Elliott un dialogo costruttivo, si è opposta lo scorso anno alla giustificata revoca delle deleghe all’ad Amos Genish e ha ripetutamente minacciato incessanti battaglie assembleari finché non sarebbe riuscita a riguadagnare il controllo della Società. Tutto questo è coerente con il consolidato disprezzo per le più elementari regole di corporate governance che caratterizza Vivendi e il suo azionista di controllo Vincent Bolloré”. “Crediamo che Vivendi stia lavorando per portare benefici a bollore. Se Tim tornasse sotto il controllo di Vivendi diventerebbe solo un’altra pedina nel suo impero”. Il fondo americano, presentando le ragioni per cui non bisogna appoggiare la richiesta di revoca e sostituzione dei consiglieri di Tim, passa sotto la lente i cinque candidati proposti dai francesi: “promosso” solo Francesco Vatalaro. Di Franco Bernabè Elliott ricorda la precedente elezione nel board sotto proposta di Vivendi, Gabriele Galateri di Genola è stato nel board di Mediobanca insieme a Bolloré; Robert Van Der Valk ha sostenuto Vivendi nella battaglia proxy del 2018 e infine Flavia Mazzarella era consigliere di Fondiaria Sai, “accusata di non aver esercitato le sue funzioni di controllo” mentre “Bolloré fu condannato per manipolazione di mercato”.