IL CASO

Tim e l’infinita vicenda del canone del 1998. In ballo 1 miliardo



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Era stato preteso dallo Stato 25 anni fa per un ammontare di poco superiore a 500 milioni di euro ma calcolando gli interessi ora la cifra ammonta al doppio. Lo scorso aprile la Corte d’appello aveva dato ragione alla telco accordando il rimborso. Ma il Governo non ci sta: ricorso in Cassazione

Pubblicato il 31 ott 2024



Tim

Continua lo scontro tra Governo e Tim sulla restituzione alla telco del canone concessorio di 500 milioni del 1998 – una cifra che oggi, con gli interessi, ammonta a circa 1 miliardo di euro. Secondo quanto riportato da Radiocor, il Governo ha fatto ricorso contro la restituzione a Tim del canone preteso dallo Stato 25 anni fa.

La restituzione è stata decisa, lo scorso aprile, dalla Corte d’Appello di Roma con una sentenza che ha dato ragione al gruppo delle Tlc. Il Governo aveva subito comunicato l’intenzione di fare ricorso in Cassazione contro la pronuncia e ora il ricorso è stato depositato.

Il contenzioso tra Governo e Tim sul canone del 1998

È stata sempre la Corte d’Appello di Roma a calcolare la somma di un miliardo di euro che lo Stato dovrebbe pagare a Tim. Il contenzioso del gruppo con il governo dura da 25 anni e si riferisce al canone concessorio preteso dallo Stato per il 1998, l’anno successivo alla liberalizzazione del settore, e che Tim esige sia restituito.

Sulla vicenda è intervenuta in più occasioni la Corte di Giustizia dell’Unione europea, segnalando il contrasto tra la direttiva sulla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni e le norme nazionali che avevano prorogato per il 1998 l’obbligo di pagamento del canone a carico dei concessionari di settore. In particolare, nel 2020 la magistratura europea ha stabilito che il sistema normativo comunitario non consentiva a una normativa nazionale di prorogare per l’esercizio 1998 l’obbligo imposto a un’impresa di telecomunicazioni, precedentemente concessionaria (come Tim), di versare un canone calcolato in funzione del fatturato, ma permetteva soltanto la richiesta di pagamento dei costi amministrativi connessi al rilascio, alla gestione, al controllo e all’attuazione del regime di autorizzazioni generali e di licenze individuali.

I commenti degli analisti

Equita ha affermato che “un iter processuale molto simile è stato seguito da Vodafone Italia, che nel 2014 ha vinto il ricorso contro il ministero e incassato i 49 milioni dovuti, vincendo poi anche il definitivo ricorso in Cassazione nel 2020. Il grado di confidenza di Tim sull’esito della causa è quindi molto alto”.

Gli analisti hanno anche fatto notare che i tempi del ricorso in Cassazione “potrebbero essere piuttosto lunghi, anche se con un pagamento che sarà oggetto di rivalutazione”. Comunque, la sentenza della Corte d’Appello positiva per Tim “è rilevante per l’ammontare e il grado di visibilità che offre”.

Per Kepler la sentenza della Corte d’Appello potrebbe aiutare a ridurre la leva di 0,3 volte dando a Tim “forza contrattuale nella vendita degli asset”, ma anche la possibilità di “finanziare un dividendo in anticipo”. Si tratta di “un fattore di compensazione alla sorpresa negativa sul debito” del piano industriale, anche se “lo Stato italiano cercherà fattori di mitigazione”.

Ora occorre attendere l’esito del ricorso dello Stato in Cassazione.

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