LA LETTERA

Tim, i sindacati si appellano a Draghi: “A rischio tenuta del comparto Tlc”

Cgil, Cisl e Uil lamentano di non essere stati riconvocati dai ministri Colao e Giorgetti come assicurato dagli stessi. Ma soprattutto si oppongono fortemente allo scorporo societario ed evidenziano le difficoltà di tutto il settore: “In ballo circa 40.000 posti di lavoro in un anno. Serve un tavolo a Palazzo Chigi”

Pubblicato il 14 Feb 2022

draghi

Sono in gioco circa 40.000 posti di lavoro nel prossimo anno fra i maggiori player del settore ed il composito mondo degli appalti, installazioni telefoniche, call center, information tecnology”: in una lettera congiunta (QUI IL DOCUMENTO) inviata al presidente del Consiglio Mario Draghi, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pier Paolo Bombardieri nonché i tre di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, Fabrizio Solari, Vito Antonio Vitale e Salvo Ugliarolo, lanciano l’allarme sulla tenuta del comparto e accendono i riflettori sul “dossier Tim” in vista della presentazione del nuovo piano industriale dell’azienda prevista per il prossimo 2 marzo.

Per cominciare i sindacati – che hanno convocato lo sciopero generale per il prossimo 23 febbraio – lamentano le mancate promesse dei ministri competenti ossia il ministro per la Transizione digitale Vittorio Colao e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti: “Il 2 dicembre 2021 incontrando i ministri Giorgetti e Colao abbiamo avuto modo di esporre le nostre ragioni sulla necessità di scongiurare uno “spezzatino” delle attività del Gruppo Tim, un’azione che mal si confarebbe con gli importanti interessi strategici e di sviluppo del Paese e che lascerebbe potenzialmente sul campo migliaia di esuberi. I ministri ci avevano assicurato, vista la rilevanza e la complessità della situazione, non solo il loro impegno ma anche di realizzare un celere aggiornamento sulla evoluzione del contesto riconvocandoci a breve, purtroppo ciò non è avvenuto”.

Riguardo al piano industriale di Tim fumata nera all’esito dei due incontri, il 26 gennaio e il 10 febbraio: “L’amministratore delegato Pietro Labriola non è ancora stato in grado di fugare i dubbi circa la decisione di cessione della Rete. Ha anzi evidenziato gli evidenti, a suo dire, vantaggi dell’operazione in termini di recupero di competitività commerciale dell’azienda. Per quanto ci riguarda questa eventualità continua ad essere sbagliata sotto ogni profilo”. I sindacati portano ad esempio quanto sta accadendo in Europa: “Solo la Danimarca ha deciso di scorporare la rete dall’ex monopolista. I più grandi Paesi del continente continuano a vedere negli ex incumbent delle aziende di sistema, capaci di competere sui mercati esteri, anche in una ottica di aggregazione europea come risposta alla competizione dei colossi asiatici ed americani, ed essere punto di riferimento interno, sebbene in un contesto di libero mercato. Basta vedere con obiettività cosa è invece accaduto nel nostro Paese nell’ultimo trentennio per capire che evidentemente è il modello scelto ad essere sbagliato. Un settore che ovunque rappresenta un volano di crescita e sviluppo tecnologico è ridotto in Italia a bruciare 12 miliardi di ricavi negli ultimi undici anni. Una dinamica che ha aggravato gli effetti dei ritardi sul superamento del digital divide e si è drammaticamente riverberata sull’occupazione del settore, in costante diminuzione da decenni.  Non è con la costruzione di tante piccole reti in fibra che l’Italia si doterà di una infrastruttura inclusiva, aperta, capace di garantire a tutte ed a tutti il diritto alla connettività”.

I tempi sono strettissimi, scrivono allarmati i sindacati: “Il 2 marzo il cda di Tim potrebbe approvare il nuovo piano industriale che darebbe il via allo smembramento del Gruppo. Nel frattempo, tutte le aziende del settore sono pervase da riassetti che potrebbero portare ad un vero e proprio stravolgimento”.

Secondo i sindacati non resta che l’intervento di Draghi: “Apprezzando la sua importante presa di posizione dello scorso 22 dicembre, ci rivolgiamo a lei, per dipanare questa complicata situazione per il bene del Paese e delle lavoratrici e dei lavoratori occupati nel Gruppo Tim e nel settore, considerando il ruolo di protagonista che ha lo Stato in questa vicenda essendo il secondo azionista del Gruppo Tim ed il primo in Open Fiber, ambedue coinvolte nel percorso di realizzazione della rete unica. Per tutte queste ragioni le chiediamo di voler favorire l’apertura di un tavolo complessivo presso la Presidenza del Consiglio”.

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