L'EDITORIALE

Tim: i sindacati si arroccano, ma procrastinare è diabolico

Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil chiedono un nuovo incontro con l’Ad Labriola, puntano il dito contro Cdp e minacciano lo sciopero nazionale. Ma l’azienda versa in serie difficoltà ed è necessaria una svolta: lo scorporo appare, al momento, l’unica via percorribile. L’alternativa? Continuare sulla vecchia strada, prendere tempo e rischiare di mandare tutto all’aria

Pubblicato il 04 Feb 2022

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Il piano industriale di Tim che si va delineando e che prevede, secondo quanto si apprende da indiscrezioni, la suddivisione dell’azienda in due entità separate – NetCo e ServiceConon piace ai sindacati. Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil chiedono un nuovo incontro con l’Ad Pietro Labriola e contemporaneamente minacciano la mobilitazione nazionale dicendosi fortemente contrari alla piega che sta prendendo la situazione. E puntano il dito anche contro Cassa depositi e prestiti, in Tim con una quota vicina al 10%.

“La rinnovata debolezza della governance del Gruppo Tim e il fallimento degli impegni presi dalla Cassa Depositi e Prestiti e dal Governo nell’agosto del 2020 (memorandum Rete unica) oggi fanno emergere prepotentemente l’ipotesi dello smembramento dell’azienda e del Gruppo in nome di non si sa bene quale utilità per Tim, per il Paese e la sua digitalizzazione – si legge nella nota unitaria -. Tim è un’azienda strategica, già drasticamente ridimensionata da operazioni finanziarie, che non può e non deve essere definitivamente distrutta. L’Italia, se vuole avere un ruolo continentale nel mercato delle Tlc, non può rinunciare ad avere un “campione nazionale” a controllo pubblico”. Secondo i sindacati della situazione “devono farsi carico le istituzioni e tutte le forze politiche. Abbiamo davanti un mese per evitare uno scempio che rischia di produrre migliaia di esuberi”.

La richiesta di un incontro urgente con il vertice di Tim fa il paio con l’annuncio dell’ipotesi di uno sciopero nazionale di otto ore e manifestazioni a livello territoriale nel caso non siano coinvolte le Rsu nella definizione del nuovo piano industriale.

La linea dura dei sindacati che si appellano alla difesa dei lavoratori sembra però non tenere conto della difficile situazione in cui versa l’azienda: i conti sono al ribasso, sono stati annunciati tre profit warning, il mercato italiano delle Tlc è ultra competitivo e non consente margini (non è un caso che si stiano profilando ipotesi di consolidamento) e dunque urge una soluzione che sia in grado di garantire la sostenibilità nel medio-lungo termine e che dia all’azienda una prospettiva di crescita. Alias: che sia in grado anche di garantire la tenuta della forza lavoro.

Il piano industriale che si va delineando punta alla creazione di una New Tim e in particolare alla valorizzazione della componente servizi, finora relegata in secondo piano rispetto al tema delle reti. Vivendi, il principale azionista di Tim, punta infatti al rilancio dell’offerta commerciale e soprattutto alla messa a punto di una strategia che consenta la creazione di un “polo paneuropeo” auspicato da tempo facendo leva su servizi innovativi. Sul fronte delle reti è atteso il pronunciamento sulla manifestazione di interesse da parte del fondo Kkr – azionista forte in Fibercop -. Al momento la proposta resta sulla carta, ma stando a quanto si apprende anche altri fondi si sarebbero fatti avanti per salire a bordo della partita della reti.

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