A partire da domani Tim avvierà il processo di dismissione delle prime 62 centrali interamente in rame. Prende così il via il piano di switch-off della rete di accesso in rame che prevede il progressivo spegnimento di oltre 6.700 centrali, sulle circa 10.500 esistenti, entro il 2028. La campagna di smantellamento dell’infrastruttura di vecchia generazione, si legge in una nota della telco, ha l’obiettivo di “favorire l’adozione delle nuove tecnologie in fibra ottica e accelerare il processo di digitalizzazione del Paese”.
La necessità di puntare sulla fibra ottica
“Diamo corso a una importante fase di trasformazione della nostra rete di accesso”, ha dichiarato Elisabetta Romano, Chief Network Operations & Wholesale Officer di Tim. “La migrazione dai servizi di accesso offerti sulla rete in rame a quelli disponibili sulla rete di nuova generazione segna l’avvio del processo di switch off, che interesserà oltre il 60% delle nostre centrali presenti sul territorio, localizzate prevalentemente in aree periferiche o comuni di piccole dimensioni. Per poter dismettere un numero così consistente di centrali diventa fondamentale il costante impegno alla realizzazione delle reti che utilizzano in tutto o in parte la fibra ottica e all’innovazione delle piattaforme tecnologiche obsolete. Stiamo lavorando per accelerare il processo e creare le condizioni per spegnere un significativo numero di centrali già nei prossimi due anni”.
Come è strutturato il piano di intervento
Le 62 centrali oggetto del primo intervento sono collocate in 54 comuni distribuiti su 11 regioni: Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto. Lo spegnimento comporta il passaggio dei collegamenti attestati su queste centrali (Adsl, Isdn e linee telefoniche Rtg) sulla rete Tim di nuova generazione, già disponibile totalmente o in parte in fibra.
La migrazione dei clienti verso connessioni in banda ultralarga permetterà un significativo miglioramento delle prestazioni e della qualità del servizio, con consistenti benefici anche in termini di impatto ambientale. Si stima, infatti, che la dismissione delle centrali in rame, che comporterà anche il contestuale spegnimento di tutti gli apparati legati ai servizi tradizionali presenti nelle altre centrali ad esse collegate, consentirà a regime una riduzione dei consumi energetici di circa 450 mila MWh e minori emissioni di CO2 per 209.600.000 kg, equivalenti a 16.108.000 alberi.
Gli interventi di adeguamento tecnologico sono stati approvati dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nell’ambito del più ampio piano generale di rinnovamento delle tecnologie, che prevede la progressiva dismissione delle centrali della rete in rame.
Nei mesi scorsi Tim ha inviato un’apposita informativa a tutte le amministrazioni comunali nei cui territori ricadono le centrali interessate dall’iniziativa, organizzando anche specifici incontri di approfondimento sul tema.
Kkr, in corso interlocuzioni one-to-one con gli Olo
Intanto il fondo Kkr, che ha acquistato la rete fissa di Tim, non ha presentato, entro la scadenza di ieri 23 maggio, i possibili ‘remedies’, gli impegni alla Ue per chiudere il deal, ma sta conducendo interlocuzioni e accordi one to one con diversi Olo, gli operatori alternativi, sui servizi passivi. Kkr assicurerebbe, quindi, la validità dei contratti già in essere sui servizi passivi e la possibilità per i concorrenti di Tim di affittare appunto solo la fibra spenta per costruire la propria offerta commerciale. La decisione della Ue sul passaggio di proprietà della rete di Tim è attesa entro il 30 maggio.