Entra nel vivo il progetto di separazione della rete Tim. La compagnia ha ufficialmente notificato all’Agcom l’iter formale che porterà alla separazione volontaria della rete di accesso attraverso la creazione di una entità legale separata. La newco che nascerà dallo spin off dell’infrastruttura “sarà controllata al 100% da Tim – si legge in una nota dell’azienda – disporrà di propri asset (infrastrutture della rete di accesso, dalla centrale alla casa dei clienti, nonché gli edifici, gli apparati elettronici e i sistemi IT) e sarà dotata del personale necessario per fornire servizi all’ingrosso in maniera indipendente”. Grazie a un unico punto di accesso “one-stop shop” per i servizi wholesale regolati e non regolati per tutti gli operatori, Tim inclusa, “il modello garantirà l’assoluta parità di trattamento tra gli operatori”, assicura l’azienda. La creazione della NetCo – questo il nome della società della rete – manterrà invariato il perimetro del Gruppo, ed avverrà rispettando le regole sulla Golden Power.
Per il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, la comunicazione ad Agcom sullo spin off è “una buona notizia”. “Dopo anni di discussioni il progetto è formalmente avviato – dice Calenda – Una rete, sicura, neutrale e moderna è un presupposto fondamentale per la crescita dell’Italia. Ed è un bene che la separazione rimanga un fondamento del piano industriale di Tim con qualunque compagine azionaria. Il governo vigilerà mentre all’Agcom spetta la valutazione, ancora tutta da compiere, sull’adeguatezza di quanto presentato”.
Intanto sale l’attesa per l’assemblea degli azionisti del 24 aprile. Il Collegio Sindacale di Tim ha deciso di provvedere, come da richiesta di Elliott, all’intergazione dell’ordine del giorno dell’assise inserendo – si legge in una nota – la revoca degli amministratori e la nomina di sei nuovi amministratori. Si tratta – questi i nomi della lista depositata dall’hedge fund – di Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli, in sostituzione di Arnaud Roy de Puyfontaine, Hervè Philippe, Frédéric Crépin, Giuseppe Recchi, Félicité Herzog e Anna Jones che si sono dimessi il 22 marzo. Elliott ha salutato accoglie favorevolmente la decisione dei sindaci sull’ordine del giorno dell’assemblea e allo stesso tempo afferma che, nel caso in cui l’assemblea del 24 aprile dovesse schierarsi a suo favore, sarebbe inutile procedere a un altro meeting il 4 maggio. Secondo Elliott la decisione dei sindaci avvicina “la fine del regno” di Vivendi, caratterizzato, si legge in una nota, da “mancato riguardo e deliberato abuso dei diritti degli azionisti”. Il fondo auspica che Tim pubblichi presto la modifica all’odg dell’assemblea “senza altri ritardi”, si legge un una nota.
Proprio sulle dimissioni del cda, espressione di Vivendi, Elliott ha presentato un esposto alla Consob. La tesi, secondo quanto si apprende, si basa sull’assunto che le dimissioni dei consiglieri di Telecom Italia non sono state immediate, ma sono valide a partire dall’assemblea del 24 aprile. Ciò vuol dire che se il cda resta in carica fino al 24, dovrebbero sopravvivere fino ad allora anche le richieste di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea avanzate dal fondo Elliott, con la revoca dei sei consiglieri in quota Vivendi e la proposta di nuovi componenti del board. Da qui l’esposto alla Consob chiamata a dirimere la questione. Anche Asati sta valutando in queste ore di presentare un esposto a Consob, dopo le dimissioni dei consiglieri.
Vivendi è invece al lavoro sulla lista dei candidati al cda di Tim da presentare entro il 9 aprile. Secondo quanto si apprende da fonti vicine a Parigi almeno due nomi sono sicuri, l’Ad Amos Genish e il presidente dimissionario Arnaud De Puyfontaine.
Giovedì 22 marzo il cda di Tim tornerà a riunirsi. Secondo quanto si apprende sul tavolo ci sono alcuni passaggi tecnici in vista dell’assemblea del 24 aprile, come potrebbe essere la relazione sulla remunerazione e alcune modifiche ai punti già all’ordine del giorno. Sul tema delle richieste di Elliott di revoca e sostituzione dei consiglieri, si aspetta la valutazione dei sindaci, dopo che il cda le ha ritenute superate dalle dimissioni degli stessi. Inoltre secondo indiscrezioni di stampa non è finito il giro di poltrone tra le prime linee del gruppo ma questa volta si tratterebbe di spostamenti tra manager già all’interno del gruppo. Sparkle, che il prossimo 4 aprile riunisce l’assemblea e dovrebbe rinnovare il cda, potrebbe vedere la sostituzione dell’Ad Alessandro Talotta con Roberto Delleani, oggi Ad di Olivetti ma dal 2013 al 2015 presidente di Sparkle. Delleani a sua volta sarebbe sostituito da Stefano Ciurli, responsabile del Wholesale.
Sul futuro di Tim è intervenuto Franco Bernabè, vice presidente della compagnia, secondo cui il progetto di separazione della rete dà garanzie sul fatto che il controllo del gruppo resterà italiano. “Tim ha perso moltissimo in termini di capacità industriale e adesso non è più la sesta al mondo ma 16esima o 17esima”, ha spiegato il manager intervistato a Otto e mezzo. L’errore da cui è partito tutto, a giudizio di Bernabè, è stata la privatizzazione, voluta “da un governo di sinistra”, che “è stata piena di complessità e di difficoltà”. Inoltre, ha proseguito, “quello che non avrebbe dovuto succedere è la completa uscita dello Stato, senza dare un tempo sufficiente perché fosse rafforzata”. Focus anche sul debito di Tim. “Nei passaggi continui di proprietà che ha subito, ha continuato a indebitarsi: non vorrei che il processo di altri cambiamenti azionari continuasse con un ulteriore aggravamento della situazione finanziaria”, ha sottolineato il manager.
Sulla possibilità di diventare Ad di Tim, Bernabè chiarisce: “Ho già dato due volte, tenevo alla societarizzazione della rete e quello è stato fatto”.