IL DOSSIER NETCO

Tim, nuova fumata nera: Vivendi vuole almeno 26 miliardi

Il cda boccia le proposte migliorative di Kkr e Cdp-Macquarie e concede tempo fino al 9 giugno alle due cordate per aggiustare il tiro e valorizzare adeguatamente gli asset infrastrutturali. L’azionista francese non molla la presa. Il ministro Urso: “Operazione privata”. Ma secondo Reuters il Mef sarebbe pronto a sostenere la proposta che vede impegnata Cassa Depositi e Prestiti. Intanto dalla Bei arrivano 360 milioni, con garanzia Sace, per lo sviluppo del 5G

Pubblicato il 04 Mag 2023

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20 miliardi o su di lì non bastano: seconda fumata nera sulle offerte di Kkr e Cdp Macquarie. Per il cda di Tim non sono sufficienti e non valorizzano adeguatamente gli asset di rete. Le due cordate avranno dunque tempo fino al 9 giugno per proporre offerte migliorative.

“Il Consiglio di Amministrazione di Tim, riunitosi oggi sotto la presidenza di Salvatore Rossi, ha analizzato in profondità le offerte non vincolanti ricevute per Netco dal consorzio formato da CdP Equity Spa e Macquarie Infrastructure and Real Assets (Europe) Limited e da Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (“Kkkr”) e le ha ritenute non ancora adeguate – spiega la nota diffusa da Tim – Pertanto, considerata la disponibilità espressa da almeno uno degli offerenti a migliorarla, il Consiglio ha ritenuto di sondare tale disponibilità, al fine di ottenere un’offerta finale entro il 9 giugno prossimo venturo”.

Il ministro Urso: “Governo non parla, in corso operazione privata”

“Il governo non interviene, non parla, quando è in corso un’operazione privata che riguarda peraltro offerte anche di operatori internazionali, credo che questo sia saggio – commenta il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, a margine dell’Annual Meeting Advisory Board Investitori Esteri – E’ una scelta del cda, degli azionisti, è un’azienda privata in cui figurano importanti operatori e azionisti internazionali quindi è saggio che il governo aspetti la decisione dell’azienda”.
Ma secondo Reuters, il Mef sarebbe pronto a sostenere l’offerta per la rete Tim promossa da Kkr e Cdp e sarebbe aperto a coinvolgere nell’operazione anche F2i nel caso la proposta di dimostrasse fattibile.

Le offerte di Kkr e Cdp Macquarie

In dettaglio Cdp e Macquarie hanno presentato un’offerta da 19,3 miliardi, mentre quella di Kkr è pari a 21 miliardi, cifra che include il debito e un earn-out di 2 miliardi da riconoscere in caso di raggiungimento di obiettivi finanziari futuri concordati. In entrambi i casi il rialzo è stato di circa 2 miliardi rispetto alla prima offerta. Proposte ancora lontane dai 30 miliardi e passa chiesti da Vivendi che stando a indiscrezioni sarebbe disposta a chiudere la partita attorno ai 26 miliardi.

Gli appelli al governo

Federmanager chiede al governo di farsi sentire sulla questione delle rete. “In un settore cruciale come le telecomunicazioni l’Italia non può permettersi di far prevalere gli interessi di singoli investitori privati rispetto a quelli del Paese – sottolinea  in una nota il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla – Senza voler esprimere una valutazione nel merito delle offerte di acquisto pervenute per la NetCo, la situazione di stallo che si è creata ci lascia perplessi ed espone l’azienda a manovre speculative. In questo momento, la preoccupazione principale è quella di evitare uno scontro tra azionisti che può solo danneggiare la Società. Pertanto, auspichiamo che il Governo faccia sentire la propria voce tutelando il valore di un asset strategico nazionale”.

Per Cuzzilla “bisogna vigilare attentamente sulla situazione, anche per salvaguardare occupazione e infrastrutture strategiche”. “Non è la prima volta che le dinamiche dell’azionariato di Tim pongono un freno allo sviluppo competitivo dell’azienda – spiega – Ora si rischia persino di immobilizzarla, nonostante i buoni risultati raggiunti finora dal suo management. In un settore ad elevata competizione, con un contesto economico critico – precisa – il management del Gruppo sta raggiungendo gli obiettivi attesi, conseguendo i target economico-finanziari fissati dal piano industriale, per cui occorre garantire stabilità alla governance e continuità gestionale”.

Il management, conclude la nota, “non ha posizioni pregiudiziali rispetto ai potenziali acquirenti ma si preoccupa che vengano assunte decisioni giuste per garantire la competitivita’ industriale di Tim, mettendo al centro innanzitutto gli interessi di tutti gli azionisti, dei lavoratori e dei consumatori”.

In campo anche NoiD, l’associazione che raccoglie le donne del Gruppo Tim. “Negli ultimi nove anni il Gruppo Tim ha avuto l’avvicendamento della carica di Amministratore delegato ogni anno e mezzo circa, con una governance discontinua che non ha mai consentito di realizzare un piano strategico con una visione di lungo periodo. Una situazione di continua instabilita’ che indebolirebbe qualsiasi gruppo industriale – si legge in un post su Linkedin – Le ipotesi di un ulteriore cambio di rotta annunciato ma non ancora chiarito nei suoi dettagli e nei suoi effetti, ci sembrano molto critiche in questo contesto di mercato e come professioniste del Gruppo esprimiamo il nostro profondo rammarico. Riteniamo necessaria per Timuna governance stabile sia per recuperare fiducia da parte dei mercati e dall’opinione pubblica, sia per migliorare le performance del business e portare avanti operazioni ordinarie e straordinarie. Questo sia nell’interesse di tutte le persone di Tim, sia di tutti gli azionisti e del ruolo dell’azienda nello sviluppo del Paese”.

Disco verde di Bruxelles sull’aumento delle tariffe del rame

Nei giorni scorsi la Commissione europea ha dato il via libera alla delibera dell’AgCom che rivede i prezzi wholesale dei servizi di accesso alla rete di Tim e che per il 2023 prevede un rialzo dei prezzi del rame con l’obiettivo di favorire la migrazione alla fibra. Provvedimento che incide inevitabilmente nella partita della valorizzazione della rete e nelle trattative con Kkr e Cdp-Macquarie: secondo alcuni analisti l’impatto è pari a un miliardo.

Poste smentisce i rumors sul dossier rete

Varie banche e advisor stanno bussando alla porta, ma non c’è alcun dossier aperto su Tim”. È la risposta dell’amministratore delegato di Poste, Matteo Del Fante, durante la call con gli analisti sulla trimestrale, in merito alle ipotesi di un coinvolgimento del gruppo nell’iter per la cessione della rete da parte della telco.

Riflettori sulla trimestrale: ricavi ed ebitda in crescita

Secondo quanto emerge dal consensus di 12 analisti, si stima una crescita del fatturato del gruppo del 4,2% su anno a 3,845 miliardi, trainato dal Brasile (+19,7%), mentre i ricavi in Italia si dovrebbero attestare a 2,836 miliardi (-0,5%). Per l’Ebitda organico aumento del 3,8% a 1,46 miliardi, trainato dal +21,9% del Brasile (-3,2% in Italia). Debito after lease a 20,5 miliardi mentre il debito netto adjusted è stimato in aumento a 25,8 miliardi da 22,6 miliardi. Il cda per l’approvazione dei conti del primo trimestre dell’anno è convocato il 10 maggio.

Dalla Bei 360 milioni per il 5G

Intanto la Banca europea per gli investimenti (Bei), assistita in parte da una garanzia di Sace, conferma l’impegno al fianco di Tim nello sviluppo delle infrastrutture di rete di ultima generazione, attraverso un finanziamento da 360 milioni di euro dedicato al potenziamento della copertura 5G in Italia.
Il finanziamento concesso dalla Bei, e garantito al 60% da Sace a conferma della strategicità degli investimenti, permetterà a Tim di ampliare la copertura 5G della popolazione e del territorio nazionale entro fine 2025, anche grazie all’uso delle bande 700 MHz. L’operazione supporta gli obiettivi della ‘Bussola Digitale 2030’, il programma dell’Unione Europea che definisce le ambizioni digitali per il prossimo decennio, come lo sviluppo di infrastrutture digitali sicure e sostenibili, la trasformazione digitale delle imprese e la digitalizzazione dei servizi pubblici.
Inoltre, il finanziamento consentirà al Gruppo Tim di avere accesso ad uno strumento di debito a condizioni più favorevoli di quelle offerte sul mercato bancario obbligazionario.
Tra il 2019 e il 2023, la Bei ha finanziato progetti di Tim per oltre 1 miliardo di euro. Si tratta di finanziamenti che rientrano tra i principali settori di attività di Bei, quelli per lo sviluppo e il supporto alle reti infrastrutturali di telecomunicazione, la riduzione del digital divide, il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale europea e l’impegno per le aree meno avvantaggiate dell’Unione.
Nel 2022 Sace, nell’ambito di Garanzia Italia e assieme a un pool di istituzioni finanziarie, ha supportato Tim garantendo un finanziamento da 2 miliardi di euro a sostegno degli investimenti previsti in Italia dal piano industriale del Gruppo.

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