20 miliardi o su di lì non bastano: seconda fumata nera sulle offerte di Kkr e Cdp Macquarie. Per il cda di Tim non sono sufficienti e non valorizzano adeguatamente gli asset di rete. Le due cordate avranno dunque tempo fino al 9 giugno per proporre offerte migliorative.
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Le offerte di Kkr e Cdp Macquarie
In dettaglio Cdp e Macquarie hanno presentato un’offerta da 19,3 miliardi, mentre quella di Kkr è pari a 21 miliardi, cifra che include il debito e un earn-out di 2 miliardi da riconoscere in caso di raggiungimento di obiettivi finanziari futuri concordati. In entrambi i casi il rialzo è stato di circa 2 miliardi rispetto alla prima offerta. Proposte ancora lontane dai 30 miliardi e passa chiesti da Vivendi che stando a indiscrezioni sarebbe disposta a chiudere la partita attorno ai 26 miliardi.
Gli appelli al governo
Federmanager chiede al governo di farsi sentire sulla questione delle rete. “In un settore cruciale come le telecomunicazioni l’Italia non può permettersi di far prevalere gli interessi di singoli investitori privati rispetto a quelli del Paese – sottolinea in una nota il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla – Senza voler esprimere una valutazione nel merito delle offerte di acquisto pervenute per la NetCo, la situazione di stallo che si è creata ci lascia perplessi ed espone l’azienda a manovre speculative. In questo momento, la preoccupazione principale è quella di evitare uno scontro tra azionisti che può solo danneggiare la Società. Pertanto, auspichiamo che il Governo faccia sentire la propria voce tutelando il valore di un asset strategico nazionale”.
Per Cuzzilla “bisogna vigilare attentamente sulla situazione, anche per salvaguardare occupazione e infrastrutture strategiche”. “Non è la prima volta che le dinamiche dell’azionariato di Tim pongono un freno allo sviluppo competitivo dell’azienda – spiega – Ora si rischia persino di immobilizzarla, nonostante i buoni risultati raggiunti finora dal suo management. In un settore ad elevata competizione, con un contesto economico critico – precisa – il management del Gruppo sta raggiungendo gli obiettivi attesi, conseguendo i target economico-finanziari fissati dal piano industriale, per cui occorre garantire stabilità alla governance e continuità gestionale”.
Il management, conclude la nota, “non ha posizioni pregiudiziali rispetto ai potenziali acquirenti ma si preoccupa che vengano assunte decisioni giuste per garantire la competitivita’ industriale di Tim, mettendo al centro innanzitutto gli interessi di tutti gli azionisti, dei lavoratori e dei consumatori”.
In campo anche NoiD, l’associazione che raccoglie le donne del Gruppo Tim. “Negli ultimi nove anni il Gruppo Tim ha avuto l’avvicendamento della carica di Amministratore delegato ogni anno e mezzo circa, con una governance discontinua che non ha mai consentito di realizzare un piano strategico con una visione di lungo periodo. Una situazione di continua instabilita’ che indebolirebbe qualsiasi gruppo industriale – si legge in un post su Linkedin – Le ipotesi di un ulteriore cambio di rotta annunciato ma non ancora chiarito nei suoi dettagli e nei suoi effetti, ci sembrano molto critiche in questo contesto di mercato e come professioniste del Gruppo esprimiamo il nostro profondo rammarico. Riteniamo necessaria per Timuna governance stabile sia per recuperare fiducia da parte dei mercati e dall’opinione pubblica, sia per migliorare le performance del business e portare avanti operazioni ordinarie e straordinarie. Questo sia nell’interesse di tutte le persone di Tim, sia di tutti gli azionisti e del ruolo dell’azienda nello sviluppo del Paese”.
Disco verde di Bruxelles sull’aumento delle tariffe del rame
Nei giorni scorsi la Commissione europea ha dato il via libera alla delibera dell’AgCom che rivede i prezzi wholesale dei servizi di accesso alla rete di Tim e che per il 2023 prevede un rialzo dei prezzi del rame con l’obiettivo di favorire la migrazione alla fibra. Provvedimento che incide inevitabilmente nella partita della valorizzazione della rete e nelle trattative con Kkr e Cdp-Macquarie: secondo alcuni analisti l’impatto è pari a un miliardo.
Poste smentisce i rumors sul dossier rete
Varie banche e advisor stanno bussando alla porta, ma non c’è alcun dossier aperto su Tim”. È la risposta dell’amministratore delegato di Poste, Matteo Del Fante, durante la call con gli analisti sulla trimestrale, in merito alle ipotesi di un coinvolgimento del gruppo nell’iter per la cessione della rete da parte della telco.
Riflettori sulla trimestrale: ricavi ed ebitda in crescita
Secondo quanto emerge dal consensus di 12 analisti, si stima una crescita del fatturato del gruppo del 4,2% su anno a 3,845 miliardi, trainato dal Brasile (+19,7%), mentre i ricavi in Italia si dovrebbero attestare a 2,836 miliardi (-0,5%). Per l’Ebitda organico aumento del 3,8% a 1,46 miliardi, trainato dal +21,9% del Brasile (-3,2% in Italia). Debito after lease a 20,5 miliardi mentre il debito netto adjusted è stimato in aumento a 25,8 miliardi da 22,6 miliardi. Il cda per l’approvazione dei conti del primo trimestre dell’anno è convocato il 10 maggio.