I sindacati all’attacco del piano industriale di Tim. Secondo Slc, Fistel e Uilcom la strategia di Labriola punta esclusivamente a privatizzare gli utili e socializzare le perdite.
“Con la presentazione del Piano Industriale di Tim di ieri sera finalmente il quadro è svelato. Con la nascita della società dei servizi e con la società della rete finisce definitivamente la storia dell’ex monopolista per come l’abbiamo conosciuta – scrivono i sindacati – Nel disegno tracciato dall’Ad si profila una storia già vista in questo Paese: si privatizzano gli utili e si socializzano le perdite. Nascerà una società della rete privata di qualsiasi “intelligenza” e di futuro. Alla società dei servizi andranno 28 milioni di clienti, la società dei data center e del cloud nazionale, la cyber sicurezza, l’internet delle cose, il mobile ed il Brasile. Alla società della rete resterà l’onere di investimenti ingentissimi, una struttura che finirà per diventare più una grande realtà di manutenzione che una società moderna e di sistema”.
In questo disegno, proseguono i sindacati, “si capisce bene la convenienza dell’investitore francese, si stenta a capire il vantaggio che pensano di trarne il Paese e la Politica. Alla fine di questo capolavoro si metteranno le mani in tasca ai lavoratori ed ai cittadini per garantire un ritorno di profitto a Vivendi. Tutto questo lo sta avallando il Governo dei migliori ed i suoi consiglieri corifei del liberismo a spese della collettività”.
“Il mondo del lavoro non ci sta e si batterà con tutte le sue forze affinché questo scempio non passi impunito. I lavoratori hanno già ampiamente contribuito al rilancio del Gruppo Tim che due anni fa era stato individuato e sostenuto anche dai loro sacrifici – concludono – Per la demolizione dell’Azienda che si profila con questo piano di impresa nessuno si illuda di poter chiedere loro ulteriori sacrifici”.
Piano industriale di Tim, le reazioni politiche
La presentazione del piano di Labriola ha suscitato reazioni anche nel mondo politico. Per la sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli “è un bene che l’approvazione del nuovo Piano industriale di Tim sia avvenuta all’unanimità, definendo così un cambio di rotta significativo e soprattutto al passo con i tempi. Da oggi l’azienda inizia a scrivere una nuova pagina, un aspetto ancora piu’ rilevante se si considera l’importante fase storica che stiamo attraversando”.
Notizia positiva anche per il Pd, come evidenzia Gianni Dal Moro capogruppo in commissione parlamentare di Vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti. “È indubbiamente una notizia positiva l’approvazione del piano industriale di Tim all’unanimità da parte del CdA, segna una svolta importante in un mercato sempre più competitivo – dice – Si vada quindi avanti con rapidità nella separazione delle attività di rete dai servizi commerciali e tutelando al contempo il perimetro occupazionale”.
Critico il senatore 5 Stelle Andrea Cioffi. “Un asset infrastrutturale così strategico, come il cloud con tutti i data center, non può prescindere da un puntuale presidio pubblico – spiega – Esprimiamo quindi forte preoccupazione per quella parte del piano industriale di Tim, presentato ieri, che lascia proprio il cloud sotto la società di servizi che dovrebbe nascere dalla riorganizzazione dell’ex monopolista”. Secondo Cioffi “la delicatezza dell’infrastruttura deve invece comportare la collocazione sotto la società della rete, a controllo pubblico, nella quale giustamente sono destinate a finire la rete primaria e secondaria di Tim e la rete dei cavi sottomarini di Sparkle. Ricordiamo sommessamente, per rendere ancora più chiaro di cosa stiamo parlando, che oggi i servizi cloud di Tim sono affidati alla controllata Noovle Spa, che ha in gestione la bellezza di 17 data center, infrastrutture a tutti gli effetti. Tra l’altro – prosegue l’esponennte M5S – il cloud oggi è al centro di uno dei più importanti bandi di gara del Pnrr, quello per il Polo strategico nazionale. Il bando per il cloud, pubblicato nei giorni scorsi dalla società pubblica Difesa Servizi Spa, vale 723 milioni, e Tim è in campo all’interno di un consorzio. Il suddetto Polo strategico nazionale, complessivamente, nel Pnrr vale 1,9 miliardi”.
Per Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia, serve garantire la tutela dell’occupazione e salvaguardia dell’interesse nazionale. “Deve essere questa la nostra azione all’interno del governo, valutando anche il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti”, scrive su Twitter.
Tim, tonfo in Borsa
Nuova seduta da dimenticare per Tim, all’indomani del tonfo del 13,99% in scia a conti e target che hanno deluso il mercato. Il titolo, entrato anche in asta di volatilità, cede al momento il 7,31% a 0,2739 euro per azione, dopo essere sceso fino a 0,271 euro, il minimo storico. Gli analisti non apprezzano le linee guida date dal Cda, considerate da Equita “una sorpresa negativa”, anche se “l’impressione è che per lo meno siano valori conservativi e che il Ceo abbiamo cercato di prendere tempo per il rilancio della società”.
C’è poi la vicenda Inwit, con Tim che ha comunicato che “l’offerta vincolante ricevuta dal consorzio di investitori istituzionali guidato da Ardian, in relazione all’acquisto della partecipazione indiretta in Inwit, ha per oggetto il 41% del capitale sociale della holding Daphne 3, che detiene il 30,2% del capitale sociale di Infrastrutture Wireless Italiane” e “il corrispettivo offerto ammonta a circa 1,3 miliardi di euro
Di pari passo con l’allargarsi delle perdite sul Ftse Mib (-4,1%), anche Tim perde ulteriormente quota e arriva a perdere il 7,7%. All’indomani della pubblicazione dei conti, gli analisti sembrano concordi nel dire che restano ancora molte domande aperte sul futuro della società’, ma una giusta strategia di business potrebbe liberare il valore intrinseco del gruppo. “La nuova visione permetterà a ServCo di competere su basi paritarie con gli altri attori del mercato. Benefici regolatori potrebbero permettere di esplorare potenziali combinazioni e anche l’allocazione di capitale migliorerà. Il carve out di NetcCo permetterà di raccogliere partnership, industriali come quelli di Open Fiber o finanziarie”, sottolineano gli esperti di Mediobanca. Secondo Banca Akros “la guidance dell’Ebitda domestico, con il suo calo implicito del 15/20% nel 2022, sia difficile da far quadrare alla luce dei recenti Kpi operativi e dato che l’impatto di Dazn è stato parzialmente anticipato nei risultati dello scorso anno”. Come spiegato dal nuovo management, il Ceo Pietro Labriola e il Cfo Adrian Calaza, c’è l’impegno a sostenere il valore degli asset, ma “sebbene abbiano detto che i prossimi tre mesi saranno cruciali per dare più visibilità al processo di ristrutturazione in corso (colloqui con Open Fiber, gare Nrrp, rinegoziazione con Dazn, cessione di Inwit, valutazione normativa), riteniamo che non siano riusciti ad alleviare la delusione legata ai risultati 2021, la debolezza della guidance e la mancanza di distribuzione dei dividendi”, hanno aggiunto gli analisti di Intesa Sanpaolo.
C’e’ poi la questione Kkr: “Le probabilità di un’offerta di Kkr sembrano essere ai minimi, mentre qualunque scenario di incremento dell’offerta e’ da escludere. Il fondo potrebbe decidere di ritirarsi o di diventare ostile, in questo caso con un upside sull’attuale prezzo delle azioni”, sottolinea ancora Banca Akros. Ad ogni modo, secondo alcuni osservatori, in attesa del capital market day la separazione sembra un’alternativa credibile rispetto alla situazione attuale e non dovrebbe essere ignorata dal mercato”.