“La concorrenza infrastrutturale sta accelerando con la novità che, per alcuni operatori, non segue più un modello di integrazione verticale – e dunque di concorrenza tra operatori verticalmente integrati di cui uno è l’incumbent – ma un modello wholesale only. La concorrenza tra modelli wholesale only e un incumbent verticalmente integrato produce evidentemente una tensione che deve trovare uno sbocco”. In occasione di Telco per l’Italia 2019 il commissario Agcom Antonio Nicita fa il punto sulle tappe salienti del settennato dell’Authority presieduta da Angelo Marcello Cardani, ma soprattutto sui “dossier” che saranno lasciati in eredità al prossimo Consiglio. La spinta alla realizzazione delle reti in fibra deve essere la priorità secondo quanto emerso dall’analisi di mercato appena notificata alla Commissione Ue.
Commissario Nicita, va trovato uno sbocco, quale?
Ad esempio nella qualità tecnologica che premierà chi è in grado di soddisfare al meglio l’utente. Vanno evitati due rischi di fallimento della concorrenza e di inefficienze sul mercato: i livelli aggregati di sotto-investimento come quelli di sovra-investimento. Il regolatore deve accompagnare il processo. Lo scenario che stiamo generando di spinta alla migrazione e allo sviluppo infrastrutturale ad alta capacità può aiutare a trovare soluzioni efficienti, anche selettive, nel rispetto del mercato e della concorrenza.
La regolamentazione attuale è ancora in linea con le esigenze degli operatori e dello stesso mercato: cos’è che bisognerà rivedere nel concreto? Quali regole vanno riscritte subito?
Il percorso che abbiamo davanti è quello tracciato dal nuovo codice europeo. Dobbiamo registrare un successo regolamentare relativo a condizioni tecniche ed economiche incentivanti l’accesso a reti Nga dato dall’evoluzione tecnologica nel mix di acquisto dei prodotti all’ingrosso dell’operatore Smp da parte degli operatori alternativi. Gli accessi basati su prodotti narrowband e broadband su rete in rame sono sempre più velocemente sostituiti da accessi sia con un maggiore livello di infrastrutturazione sia più performanti, in tutto (rete secondaria) o in parte (rete primaria) basati su elementi ottici (Slu, Vula, Fttc, Ftth). Tali accessi per servizi in fibra ottica rappresentano oggi oltre il 30% del totale accessi sulla rete Telecom Italia. La sfida adesso è il take up in quadro di crescente integrazione tra rete fisse e reti mobili nel contesto dei servizi 5G. I nuovi prodotti di accesso abilitano connessioni più veloci per il consumatore finale e consentono un miglioramento della qualità del mercato retail. Quantunque sia inevitabile uno scostamento tra disponibilità di connessioni Nga e take-up dei collegamenti Nga, le connessioni Nga totali (includendo anche quelle su reti Ftth e Fwa alternative a quelle dell’operatore Smp) rappresentano, a fine 2018, ben il 45% delle linee dati attive (in aumento, mentre si riducono quelle solo voce), ossia circa 8 milioni su un totale di 17 milioni di linee a banda larga (di queste 3,2 mln oltre i 100 Mbps). La deregolamentazione del comune di Milano, la differenziazione geografica dei rimedi su bitstream e il Wlr poco meno di 30 città italiane e la propsettiva, dal 2021, di un grado di flessibilità nel pricing wholesale Vula, a seguito di un significativo grado di adozione (take up) degli accessi ad alta capacità, sono tutti strumenti di policy regolatoria volta a favorire la vecchia e la nuova concorrenza infrastrutturale.
Possiamo fare un bilancio degli effetti della regolazione nel periodo 2012-2019?
Diciamo innanzitutto che dal 2013 ad oggi vi è stato un salto fondamentale nella infrastrutturazione delle reti Nga in Italia. Questo va riconosciuto anche come risultato di una spinta regolamentare che ha permesso passi importanti dai vecchi obiettivi dell’Agenda digitale 2020 a quelli della Gigabit Society che sta davanti a noi. Il periodo 2012-2019 ha visto un rapido sviluppo della competizione infrastrutturale e delle reti di accesso NGA basate, dapprima, su rete mista fibra-rame, poi anche su architetture Ftth e Fwa. In pochi anni l’Italia è passata dall’essere fanalino di coda in Europa nella copertura con reti NGA ad essere sopra la media. Il 90% delle unità immobiliari è nelle condizioni di attivare un collegamento sopra i 30Mb/s. Ciò è avvenuto attraverso scelte regolamentari consapevoli che hanno, in primo luogo, valorizzato le caratteristiche della rete dell’operatore Smp, che presenta la distanza media più corta in Europa tra la borchia d’utente e il nodo più a monte (sia esso la centrale o il cabinet) e incentivato le scelte di investimento più razionali da parte degli operatori che hanno progressivamente sostituito il rame con la fibra ottica avvicinandosi alle unità abitative. Le delibere dell’Autorità hanno proposto al mercato un nuovo e più completo menù di offerte all’ingrosso che ha favorito concretamente la diffusione di prodotti di accesso abilitanti connessioni più veloci e performanti, sia passivi (come lo Slu) che attivi (Vula), attraverso prezzi orientati al costo e migliori condizioni di accesso all’infrastruttura. In questo quadro si è registrato il piano Bul, l’ingresso di un operatore wholesale only e l’approvazione del nuovo codice che favorisce spinte ulteriori agli investimenti ad alta capacità. Tra le reti Nga, il dato sulla copertura Ftth risente tuttora di un roll-out più lento (oggi del 24% rispetto ad una media EU del 60%). Gli importanti investimenti pubblici e privati si potranno apprezzare solo a partire dal 2020-21.
Il 5G è alle porte ma anche in questo caso la questione investimenti rischia di compromettere l’andamento della roadmap. Il network sharing, anche sul mobile, può rappresentare la chiave di volta? E quali sono gli altri nodi da sciogliere?
Qui l’Italia si gioca una partita fondamentale, perché siamo partiti primi in Europa sia con l’allocazione delle bande che con la sperimentazione. Sui costi vanno trovate sinergie nel rispetto della concorrenza e della trasparenza, così come va chiesto ad alta voce al governo di rispettare la promessa di reinvestire i proventi in eccesso della gara per il sostegno all’innovazione 5G. Un passaggio importante sarà la consumer experience 4,5G e il lancio di nuovi servizi. Ricordo che altre bande potranno essere presto rese disponibili.
Dalla net neutrality alla “next neutrality” acronimo da lei lanciato recentemente: il 5G cambierà le regole del gioco. Quali sono le questioni sul piatto?
Si per me la ne(x)t neutrality è la revisione dei principi della net neutrality sulla base di tre assi: favorire 5G e servizi specializzati che differenzieranno tra usi ma non tra imprese e soggetti all’interno di ciascun uso; favorire la standardizzazione, l’interoperabilità e l’apertura ai servizi; porre il tema dell’uso strategico dell’accesso ai dati ai fini della discriminazione nell’offerta dei servizi. A livello europeo, alcuni operatori hanno evidenziato la necessità di un approccio flessibile nell’applicazione del Regolamento Ue n. 2015/2120 in materia di neutralità della rete, nonché di una maggiore chiarezza delle Linee Guida del Berec, al fine di non limitare l’implementazione dei molteplici casi d’uso attesi con il 5G, e in particolare di non ostacolare la realizzazione del network slicing, fondamentale per soddisfare determinati requisiti prestazionali per l’offerta dei servizi innovativi abilitati dal 5G (ad es. servizi a bassissima latenza rientranti nella categoria Utllc). Nello scenario che oggi appare delinearsi il network slicing sarà impiegato come strumento per offrire in maniera dinamica, flessibile ed efficiente sia servizi specializzati, che IAS differenziati a livello di classi di QoS. In altri termini, ogni servizio potrà essere erogato tramite ‘affettamento logico’ delle risorse di rete fisica, e la scelta del tipo di servizio (Ias o SpS) dipenderà dai requisiti che devono essere soddisfatti per erogarlo. L’Autorità, che è capo file al Berec sulla revisione del regolamento neu neutrality, intende contemperare le esigenze di non discriminazione con quello di sviluppo dei servizi 5G.
La cybersecurity è un altro dei capitoli chiave: quale dovrà essere il ruolo e quali i compiti di Agcom in questo terreno “minato”?
L’Autorità ha nel suo dna l’analisi della sicurezza delle reti, sebbene nel tempo questo concetto si sia esteso anche alla cosiddetta cybesecurity, un tema che coinvolge diversi obiettivi pubblici e diverse istituzioni pubbliche. Agcom in questi anni ha pienamente collaborato con varie istituzioni preposte all’analisi della sicurezza strategica delle reti, ad esempio in tema di golden power. Ritengo che nel futuro vada ampliata questa competenza perché c’è bisogno di mantenere un aspetto tecnico di valutazione indipendente su questi temi.
Last but not least la questione dei big data e della privacy. Sua la proposta di una Authority sul digitale, su cui peraltro si dibatte in molti Paesi. L’ntegrazione di funzioni sarà comunque inevitabile? E in ogni caso quale può essere il contributo di Agcom nella delicata partita della protezione dei dati?
Negli ultimi tempi abbiamo capito che il tema non è soltanto di protezione del dato personale ma di come il suo sfruttamento economico sia strettamente legato alla fortuna di modelli di business di poche grandi piattaforme digitali globali. Da più parti ormai si discute di costituire nuove autorità digitali: che siano di coordinamento o che nascano da fusioni di competenze esistenti poco importa. Il punto è che è venuto il tempo di porsi il tema di definire regole leggere ex-ante che diano certezza a tutti. Persino le piattaforme chiedono una qualche regolazione pubblica che vada oltre le azioni ex-post dell’antitrust o la protezione del dato personale. Il dibattito è ormai avviato. Sono convinto che i prossimi due anni produrranno novità in tal senso a livello europeo e che il parlamento europeo e la nuova commissione ne faranno un punto programmatico fondamentale.