Una delle prospettive plausibili per il futuro della rete di Tim potrebbe essere alla societarizzazione dell’infrastruttura, includendola in una nuova società che consentirebbe la piena trasparenza contabile della rete e garantirebbe gli eventuali presidi di governance che potrebbero eventualmente essere richiesti.
Intanto l’operatore – secondo l’anticipazione non confermata dall’azienda pubblicata oggi dal Sole24ore – ha depositato al comitato poteri speciali di Palazzo Chigi la notifica che era stata richiesta con l’avvio della procedura sulla possibile applicazione del golden power, basandola però non sull’articolo 1 della legge 56 del 2012, quella che regola gli asset fondamentali per la difesa e la sicurezza nazionale, ma sull’articolo 2, che riguarda gli asset di rilevanza strategica nel settore delle comunicazioni. Azione che apre di fatto il procedimento del vaglio governativo sul dossier, con l’inizio del confronto tra l’esecutivo e Tim, e che potrebbe annoverare tra le possibili soluzioni conseguenti al controllo di Vivendi su Tim la prospettiva della societarizzazione della rete, che rimarrebbe in ogni caso pienamente sotto il controllo dell’operatore, senza “espropri” o separazioni proprietarie.
Probabile che il comitato poteri speciali, prima di dettare eventuali condizioni o prescrizioni all’operatore, possa chiedere di vagliare il piano industriale sulla rete, approfondendo i temi della valorizzazione degli investimenti e della tutela della sicurezza, intervenendo anche sul campo degli assetti organizzativi con l’obiettivo di tutelare gli interessi pubblici nella vicenda.
Quella della societarizzazione tra l’altro è una via già seguita da Tim con Sparkle, che è una società per azioni a sé stante, ma controllata al 100% dall’operatore. Una soluzione di questo genere tra l’altro “supererebbe” quanto avviane nel Regno Unito con Open Reach, situazione che è stata da più parti proposta come esempio della possibile “evoluzione” della rete Tim: in quel caso infatti la rete di Bt è una struttura separata dall’operatore dal punto di vista funzionale, con un board separato, anche se non formalmente separata dal punto di vista societario. La separazione funzionale è già realtà sulla rete Tim con Open Access, con l’accesso alla rete che prevede le stesse condizioni per Telecom e per tutti gli altri Olo, sotto la supervisione di un organo di vigilanza nominato da Agcom.