Si inasprisce lo scontro tra Vivendi ed Elliott sul futuro di Tim. Mentre i tre principali proxy advisor, Glass Lewis, Iss e Frontis sono allineati nel sostenere le proposte di Elliott – estromettere i consiglieri vicini ai francesi dal board salvando l’Ad Amos Genish, il cui piano industriale e strategico ha in fondo ricevuto il gradimento del mercato – il cda di Tim dichiara “illegittima l’integrazione dell’ordine del giorno assembleare del 24 aprile” deliberata dal Collegio Sindacale. E preannuncia azioni legali. Non precisa quali, ma vista l’urgenza potrebbe trattarsi del ricorso ex articolo 700 al Tribunale – ovvero il ricorso di urgenza in tribunale – a cui potrebbe allinearsi la stessa Vivendi. Tutta la documentazione sarà inviata anche alla Consob.
Il board si appoggia ai pareri pro veritate di tre eminenze legali Piergaetano Marchetti, Giuseppe Portale e Roberto Sacchi per sostenere che i Sindaci non possono intervenire solo perchè non condividono la decisione presa dal cda, per far notare il difetto di forma nella decisione presa sulla base di una nota dei legali dei fondi Elliott arrivata oltre il termine di legge e non condivisa con il cda. Infine l’integrazione dell’Ordine del Giorno come deliberata dal Collegio Sindacale è in contrasto con lo statuto di Tim e con il codice civile, sostengono i legali e il board delibera di conseguenza. Ma nel farlo si spacca: cinque consiglieri – non a caso quelli che rappresentano le minoranze – votano contro, Ferruccio Borsani, Lucia Calvosa, Francesca Cornelli, Dario Frigerio e Daniele Vivarelli. Secondo il cda l’iniziativa del Collegio Sindacale è “errata e particolarmente grave”.
Il commento di Elliott alle decisioni del cda non si è fatto attendere. “Nel suo ultimo assalto ai diritti degli azionisti, il Consiglio di amministrazione di Telecom Italia, sostenuto dal suo maggiore azionista Vivendi, sta ora contestando la recente sentenza del Collegio Sindacale – si legge in una nota – Gli azionisti dovrebbero vederlo per quello che è: un altro cinico tentativo di Vivendi di evitare la rendere conto e ritardare il voto degli azionisti”.
I Sindaci, ovviamente, confermano la piena legittimità delle loro determinazioni. In una nota evidenziano di aver svolto prima di decidere di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea un’analisi approfondita supportati da un proprio consulente legale. “E’ emerso che l’impostazione evidenziata nei richiamati pareri legali della società non era condivisibile – si legge – dovendosi invece nella fattispecie applicare l’interpretazione più ampiamente sostenuta in dottrina risultata, ad avviso del Collegio Sindacale, ben più coerente, tra l’altro, con la giurisprudenza e con le massime notarili riscontrate, con il contenuto delle direttive comunitarie in materia di diritti degli azionisti di minoranza, nonché con l’incomprimibilità, in linea di principio, del diritto degli azionisti qualificati di società quotate di ottenere l’integrazione delle materie all’ordine del giorno garantita dalla legge”.
I sindaci sono pronti “senza difficoltà ad illustrare in qualsiasi sede, ove richiesto, l’assoluta correttezza della propria valutazione nonché i presupposti giuridici e le motivazioni che hanno portato alla scelta effettuata”. E infine ribadiscono di essersi mossi, “oggi come in passato, solo ed esclusivamente nell’ottica di dar corso con scrupolo e serietà ai propri compiti e alla propria funzione di vigilanza sul rispetto delle norme di legge, regolamentari e statutarie e sempre con l’obiettivo di una tutela, così facendo, dell’interesse di tutti gli azionisti, singoli o qualificati, e degli stakeholders in generale”.
Elliott intanto si rafforza, la sua quota sale all’8,8% e i fondi si schierano dalla sua parte. Il fondo Usa “ha dimostrato la necessità di un cambiamento” scrive Iss nel suo report indirizzando i voti dei grandi investitori istituzionali che nel capitale di Tim rappresentano circa il 60%, perchè “Vivendi sembra essere molto più un peso che un asset per Tim“. “La società ha visto tre ceo in due anni e ricorrenti problemi con i regolatori. Le relazioni declinanti con il governo italiano, il sempre presente conflitto di interesse”. Per questo Elliott ha proposto di rinnovare il cda con manager italiani e indipendenti. Nella lista depositata ci sono Fulvio Conti, Alfredo Altavilla, Massimo Ferrari , Paola Giannotti de Ponti, Luigi Gubitosi , Paola Bonomo, Maria Elena Cappello, Lucia Morselli, Dante Roscini e Rocco Sabelli . Diversamente da quanto scritto Marina Brogi non è presente nella lista, al suo posto Cappello. In questo quadro per la prima volta Assogestioni non presenta la sua lista di minoranza.
Secondo gli analisti è plausibile che Cdp, che di Elliott condivide il progetto “public company” anche se il suo fine è tutelare un asset strategico come la Rete, si allineerà con i fondi ma fino a quando non supererà la soglia di rilevanza del 3% non sapremo quanto “pesa”.
Per Tim Elloitt fissa un obiettivo molto ambizioso, nel caso in cui un nuovo cda indipendente rimpiazzi quello di Vivendi e si affidi alla sua ricetta. Quello di poter raddoppiare nel giro di due anni il valore delle azioni in Borsa, portandole a toccare gli 1,6 euro. La leva principale per spingere il titolo sarà lo scorporo della rete e di Sparkle, da cui potrebbero emergere fino a 7 miliardi di euro di valore nascosto. Una strategia che rappresenta anche un terreno fertile per un ‘patto’ con il Tesoro, entrato nell’azionariato di Tim con la Cdp. Elliott non nasconde infatti che per Tim “non ha senso competere” con Open Fiber ma occorre procedere a una “unificazione delle reti” per “aiutare il Paese a raggiungere i suoi impegni con la Ue” in tema di digital divide senza disperdere risorse e investimenti. Lo scorporo aiuterebbe il mercato a ‘capire’ meglio i due asset, valutandoli 17 miliardi in termini di enterprise value (azioni più debito) contro l’attuale stima di 10 miliardi, grazie a multipli più generosi di quelli riconosciuti alle società di tlc.
Nel bailamme in vista dell’assise interviene anche il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Riferendosi alle mosse di Cpd, Calenda su Twitter spiega che “non c’entra l’italianità”. “Lo Stato non sta prendendo il controllo di Tim – spiega – Riteniamo che una rete unica separata e neutrale corrisponda all’interesse generale. Pensiamo che un modello public company sia preferibile ad un controllo che ha mostrato limiti. Nessuno ha chiesto a Tim la separazione della proprietà ma quella societaria”, ha aggiunto Calenda sulla rete, spiegando ancora che “in ogni caso la difesa dell’italianità non c’entra nulla, Elliott non è italiano”.