Il titolo Tim continua a perdere colpi in Borsa. E da inizio settimana registra un -10% avvicinandosi alla soglia critica dei 40 centesimi, ben al di sotto dei 50 previsti nell’ambito della manifestazione di interesse presentata dal fondo americano Kkr per acquisire la maggioranza del capitale, offerta considerata non congrua dai francesi di Vivendi (e non solo) ma che al momento risulta più favorevole rispetto alla risposta del mercato.
A pesare, in particolare, le stime sui prossimi esercizi messe nero su bianco da Barclays ed Exane Bnp Paribas. Barclays ha diminuito il target price da 0,45 a 0,27 euro, sostenendo che il gruppo sta fronteggiando un deterioramento del contesto competitivo in Italia. Aggiornate al ribasso le stime su ricavi, margini e utili per i prossimi esercizi. E in un report di Exane Bnp Paribas sulle società Tlc in Europa il target price del gruppo italiano è stato ridotto a 0,31 euro.
Il direttore generale Pietro Labriola – candidato ad assumere le redini in qualità di amministratore delegato – va avanti sulla messa a punto del piano industriale che sarà presentato a inizio marzo. Ieri si è tenuta una riunione di 4 ore con i consiglieri in “un clima collaborativo e costruttivo” per illustrare le linee guida del nuovo piano in un documento di circa 150 pagine.
Ma le attenzioni del mercato sono tutte incentrate sul dossier Kkr. Secondo gli analisti di Websim “il mercato crede sempre di meno nell’opa”. Equita focalizza il giudizio sull’ipotesi di spezzatino secondo cui la società sarebbe suddivisa in due con la creazione di una NetCo in cui far confluire gli asset di rete fissa, Sparkle e Telsey “un perimetro molto ragionevole – evidenziano gli analisti di Equita – visto che comprende tutti gli asset di rilevanza strategica nazionale su cui il governo aveva chiesto qualche sorta di mantenimento di controllo statale”. Le attività retail, il cloud e Tim Brazil andrebbero invece a far parte di una ServiceCo, società dei servizi che potrebbe includere anche Inwit e la rete mobile. “Questa ipotesi – sottolinea Equita – offre un appeal speculativo più alto per Inwit perché potrebbe essere un asset che ServiceCo potrebbe monetizzare per ridurre il debito. La presenza in NetCo avrebbe potuto suggerire invece una valutazione dell’asset come core”. Anche in merito alla successiva fusione di NetCo e Open Fiber gli ostacoli sul cammino – in particolare sul fronte Antitrust – “non sono ritenuti insormontabili”. Ma riguardo all’offerta del fondo americano “la maggiore incertezza sul deal potrebbe derivare dal contesto politico che è molto fluido a causa dell’elezione del presidente della Repubblica e delle ipotesi di rimpasto di governo”.