Il Governo ha dato il via libera con prescrizioni all’operazione Netco, ossia alla vendita al fondo Kkr, ai fini della normativa Golden power. “La delibera del Consiglio dei ministri recepisce nelle prescrizioni gli impegni che le parti hanno assunto a cominciare dalla creazione dell’organizzazione di sicurezza, dalla nomina del preposto di cittadinanza italiana, dalla competenza esclusiva su tutte le questioni incidenti sugli asset strategici, dal mantenimento in Italia delle attività di ricerca e manutenzione, e dal monitoraggio”, spiega Palazzo Chigi in una nota.
Ruolo forte da parte dello Stato
“Si prevede un ruolo del Governo nella definizione delle scelte strategiche, vengono assicurati tutti i presidi essenziali e garantita la supervisione allo Stato di tutti gli aspetti inerenti la sicurezza, la difesa e la strategicità della rete e dei relativi asset”, si legge ancora nella nota in cui si puntualizza inoltre che “si delinea quindi un quadro certo di supervisione strategica affidata allo Stato. Un passo avanti importante nella definizione complessiva dell’operazione, che procede secondo le tempistiche annunciate”.
L’opposizione sul piede di guerra
Le opposizioni non concordano sull’operazione Netco. “Il governo Meloni ha autorizzato la cessione della rete Tim al fondo infrastrutturale americano Kkkr, rinunciando all’attivazione del golden power. È una decisione di enorme portata, che consegna ad un soggetto privato estero il controllo della rete di telecomunicazioni, un asset strategico di fondamentale importanza per l’Italia. È indispensabile che il governo renda conto al più presto di fronte al Parlamento sui termini dell’operazione, a partire dagli strumenti previsti per tutelare gli interessi nazionali e su come si intende salvaguardare i livelli occupazionali e gli investimenti sulla rete”, la posizione del senatore Antonio Misiani, responsabile economia, finanze, imprese e infrastrutture nella segreteria del Partito Democratico.
Secondo Marco Pellegrini, componente M5S della Commissione difesa della Camera e del Copasir: “la nuova società che deterrà la rete, vedrà lo Stato italiano messo all’angolo con uno striminzito 20%, mentre il veicolo estero partirà dal 65% con la concreta possibilità di salire intorno al 73-75%. Nella nuova società della rete, infatti, Kkr potrà conferire anche la sua partecipazione in FiberCop, la società della rete secondaria già costituita all’epoca dagli americani con Tim. È un gravissimo regalo della rete di telecomunicazioni all’estero, la subalternità totale del Governo Meloni ai poteri forti esteri rischia di svendere pezzetti di Italia neanche fossimo tra le bancarelle di un mercato”.
“Il via libera del governo Meloni alla vendita della rete Tim al fondo statunitense Kkr è grave”, afferma il senatore dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Tino Magni. “Da domani un soggetto privato americano avrà il controllo di un asset strategico fondamentale e, con la cessione della rete ad un operatore straniero il Paese ne perde il controllo pubblico. Ma non erano il governo della tutela degli interessi nazionali? Siamo preoccupatissimi per la salvaguardia dei livelli occupazionali a seguito di questa scellerata dismissione di una infrastruttura strategica per l’Italia. I lavoratori non possono essere quelli che pagano sempre il prezzo piu’ alto. Occorre salvaguardare l’occupazione per i prossimi anni. Sono mesi che chiediamo al governo di riferire su questa operazione senza ottenere risposta. Lo facciamo ancora: vengano in Aula a spiegare”.
I sindacati in allarme
“Vogliamo sapere se fra le garanzie degli interessi strategici nazionali ci sono anche quelle sulla tenuta occupazionale”. È l’interrogativo che Cgil e Slc Cgil rivolgono al Governo a fronte del via libera all’operazione Netco.
“Si consegna ad un soggetto privato estero il controllo della rete di telecomunicazioni, ignorando del tutto la portata strategica di un asset fondamentale per il Paese”, dichiarano il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario nazionale Slc Cgil Riccardo Saccone. “Purtroppo dobbiamo constatare come tutta questa vicenda continui ad essere avvolta da una coltre di opacità intollerabile. Ma oramai i nodi stanno arrivando al pettine”. A fine febbraio scadranno gli ammortizzatori sociali e allo stesso tempo dovrebbe essere presentato il piano industriale delle due aziende. “Davvero qualcuno al governo pensa di poter evitare il confronto con il sindacato sulle ricadute infrastrutturali e, soprattutto, occupazionali di questa operazione?”.
Per Gesmundo e Saccone “ad oggi non esiste più lo strumento dei contratti di espansione, la base esodabile in Tim per eventuali uscite in prepensionamento è praticamente esaurita almeno per tutto il 2024 e nessuna risposta abbiamo ricevuto alla richiesta di una partecipazione delle Istituzioni alla dotazione di partenza del neonato Fondo di Solidarietà di settore che pure potrebbe essere indispensabile alla gestione di questa delicatissima fase. Se non arriveranno risposte metteremo in campo tutte le azioni sindacali a nostra disposizione”.
Il rinnovo del board Tim
Domani, giovedì 18 gennaio, il cda di Tim è chiamato ad avviare il processo di formazione della nuova lista del consiglio di amministrazione uscente. Stando a indiscrezioni ci sarebbe divergenza sul numero dei consiglieri: c’è chi ritiene che il numero dei consiglieri debba scendere a 9 dagli attuali 15 per effetto della cessione di Netco a Kkr ossia della riduzione del perimetro di attività in capo a Tim. Stando a quanto si apprende il Presidente di Tim Salvatore Rossi, nonostante abbia confermato di non essere disponibile per un nuovo mandato, avrebbe dato la propria disponibilità nella gestione del processo di formazione della lista, che dovrebbe essere pronta entro il 6 marzo, quando il cda si riunirà per approvare l’aggiornamento del piano industriale. Previsti dopo il 18 gennaio gli incontri con i principali azionisti.