IL CASO

Tlc, dumping export: la Cina minaccia ripercussioni

Pechino replica alla possibile applicazione di tasse e sostiene che l’Europa ne uscirebbe penalizzata: numerose le Ict company occidentali operative nel Paese asiatico sulle quali potrebbe abbattersi la scure cinese. E non a caso Ericsson prende le distanze dalle misure restrittive ipotizzate da Bruxelles

Pubblicato il 16 Mag 2013

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Come era prevedibile tornano a salire i toni della polemica tra Cina e Unione europea sulle dispute commerciali, che nelle ultime settimane hanno visto una accelerazione. La Cina ha minacciato ritorsioni dopo che ieri la Commissione europea aveva riferito di aver deciso di avviare una procedura antidumping e sulle sovvenzioni alle imprese cinesi di forniture di attrezzature per le telecomunicazioni.

“Speriamo che l’Unione europea non prenda misure che risulterebbero nocive per entrambe le parti”, ha affermato un portavoce del ministero del Commercio cinese, Shen Danyang, che per rendere più espliciti i suoi avvertimenti ha aggiunto che le società europee hanno una quota sul mercato delle tlc cinese ben più rilevante di quella che le cinesi hanno in Europa.

Secondo la Commissione europea l’export di equipaggiamenti per telecomunicazioni della Cina verso l’Ue ammonta a circa 1 miliardo di euro l’anno.

Ieri l’esecutivo comunitario aveva precisato che per ora l’avvio operativo della procedura resta congelato, per consentire un’eventuale soluzione amichevole su base negoziale con Pechino: tuttavia si rischia una escalation degli attriti con la Cina, con tensioni che nei giorni scorsi si sono moltiplicate dopo che Bruxelles ha deciso di sottoporre a dazi i pannelli solari cinesi, e a breve giro la Cina ha adottato misure di rappresaglia.

Il ministero del commercio di Pechino ha emesso oggi un comunicato nel quale si legge che “gli interessi cinesi ed europei saranno intaccati se l’Ue dovesse adottare le misure commerciali unilaterali contro le aziende cinesi di telecomunicazioni”. Nel mirino della possibile inchiesta antidumping sulle esportazioni cinesi di sistemi hardware e componenti per reti di telecomunicazione mobile ci sono principalmente Huawei e Zte, che hanno anche importanti investimenti in alcuni paesi europei. Il ministero cinese ha comunicato che le due parti stanno discutendo da tempo sulla questione, ma la decisione annunciata dall’Ue cambia le carte in tavola, spingendo la Cina “a prendere le misure necessarie per proteggere i suoi interessi legittimi. La parte che suscita l’attrito deve sopportarne le conseguenze”. Pechino avverte anche che la riscossione di dazi punitivi sui pannelli solari cinesi (l’Ue ha deciso di sostenere la proposta di imporre dazi provvisori che vanno dal 37 al 68% sui pannelli solari cinesi)compromette gravemente” gli scambi commerciali bilaterali.

I timori di ripercussioni sono dunque concreti, tanto che oggi il produttore svedese di attrezzature di rete Ericsson ha fatto sapere di non essere d’accordo con l’indagine paventata dall’Unione europea: “Ericsson si schiera da sempre a sostegno del libero commercio e non crediamo in questo tipo di misure unilaterali”, dichiara Ulf Pehrsson, Head of Government and Industry Relations di Ericsson. “La nostra policy è da sempre a favore di scambi aperti, liberi e privi di restrizioni, a favore di supply chain globali che vanno a beneficio di società e singoli utenti”.

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