Tlc, Enzo Savarese (Agcom): “Una nuova fase regolatoria”

Il commissario Agcom è convinto della necessità di conciliare investimenti e concorrenza. “Serve concertazione. Non è facile. ma conviene a tutti”.

Pubblicato il 06 Lug 2009

«C’è bisogno di una fase nuova della regolazione. Potremmo
chiamarla regulation by concertation»:  Enzo Savarese,
membro dell’Authority per le Comunicazioni e componente della
Commissione per le infrastrutture e le ret
i, delinea col
Corriere delle Comunicazioni quelli che potrebbero essere i
rapporti tra autorità regolatoria ed aziende di telecomunicazione
nel prossimo periodo. Un periodo, tra l’altro, che vede
l’Italia (e l’Europa) davanti alla “sfida impegnativa della
realizzazione delle reti di nuova generazione”.
Servono proprio queste reti?
Sì, ma ricordiamoci Manzoni: adelante cum juicio. La banda larga
è certamente necessaria, ma non indispensabile adesso. A cosa deve
servire? Solo a vedere meglio la Tv? Non vorrei che si enfatizzasse
la costruzione di una infrastruttura destinata forse, almeno nel
breve, a restare vuota, fine a se stessa.
Allora niente 50 mega?
Non è un problema di fede ma di scelte di politica industriale. E
di priorità d’uso delle risorse pubbliche. Personalmente, penso
che il primo obiettivo sia di assicurare a tutti un minimo di banda
con cui poter accedere a servizi qualificati, a partire da quelli
della PA digitale.
Il governo investirà 800 milioni di euro per
questo.

È uno stanziamento significativo, ben superiore ai 200 milioni di
sterline di Digital Britain. Detto questo, non aspettiamoci
risultati miracolistici. Se non si attrezzano la PA, gli ospedali,
i servizi civili alle opportunità della banda larga, tutto questo
sforzo rischia di restare monco. E poi bisogna investire in
formazione e informazione.
Non c’è solo il digital divide. Ci sono anche le
Ngn.

Non c’è dubbio. Ma per un bel po’ di tempo avremo uno sviluppo
integrato di rame e di fibra.
Ma chi poserà la fibra?
È un tema da tenere ben presente. Dobbiamo pensare a ritorni che
invoglino le aziende ad investire, soprattutto in tempi di
recessione economica. Ciò significa anche stabilire poche regole,
ma certe e trasparenti.
Propone una vacanza regolatoria?
No. Ma la regolazione deve essere leggera, come ha detto la
commissaria Reding. Alla fibra non si può applicare le stesso
quadro regolatorio del rame. Se vogliamo che qualcuno la posi. E
poi, non va dimenticato che la nuova infrastrutturazione è di
fatto prodromica a nuovi livelli di concorrenza di medio-lungo
periodo.
Ma nel breve non si rischia di rendere più forti gli
incumbent?

La regolazione deve lavorare di freno e di acceleratore,
contestualmente. Dobbiamo operare per stimolare gli investimenti,
ma anche per preservare la concorrenza: è un problema di dosaggio,
di verifica sul campo, non di ricette aprioristiche. Non mi
nascondo che non sarà facile, ma la via è questa.
Immagino gli scontri che ne seguiranno.
Non servono a nessuno. Abbiamo attraversato varie fasi.
All’inizio vi è stata una regolazione dall’alto, necessaria
per aprire un mercato monopolistico e dare spazio alla
competizione. Poi vi è stata una fase di regulation by litigation,
quasi tribunalizia, meticolosa, con operatori fortemente in
contrasto fra loro, a volte anche in modo pretestuoso. È un
modello che non giova a nessuno, oggi. Meglio pensare ad una
regolazione per concertazione che tenga conto delle necessità
della concorrenza ma anche dei grandi temi di politica industriale.
Ovviamente, ognuno nell’ambito delle sue competenze: il governo
la politica industriale, l’Autorità le regole e la loro
osservanza.
Riuscirà a convincere gli operatori?
Conviene anche a loro. Il rischio, altrimenti, è di avere un
mercato totalmente ingessato: per mancanza di regole o per troppe
regole. E poi, l’Italia non può certo permettersi di perdere il
treno delle infrastrutture digitali.

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