MERCATI

Tlc, il trimestre dello spread

La frenata degli operatori italiani acuita dalle variazioni delle tariffe di terminazione mobile, oltre che dall’aggravarsi della crisi economica. Proprio mentre si discute degli investimenti nelle nuove reti

Pubblicato il 07 Dic 2012

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Altro che spread. Il terzo trimestre per le Tlc italiane ha segnato uno degli arretramenti più forti. Mentre le prime reti 4G prendono il via e il futuro della rete d’accesso diviene argomento da prima pagina, gli operatori devono fare i conti con ricavi in giù, tariffe sotto pressione, svalutazioni di asset.

Telecom Italia chiude il terzo trimestre 2012 con un fatturato di gruppo di 7,27 miliardi di euro, in calo del 3,3% rispetto al trimestre 2011 (-1,4% organico); il comparto domestico chiude il periodo a 4,36 miliardi (4,13 il “core”), in frenata del -7,8% in termini organici. L’Ebitda del trimestre a livello consolidato si attesta a 3 miliardi, giù del 5,7%, mentre il dato domestico risulta in calo del 5,6% chiudendo il periodo a 2,3 miliardi. L’utile del trimestre (post minorities) si attesta a 681 milioni, in flessione del 13,4% rispetto al corrispondente periodo del 2011. A tirare i conti sono Brasile e Argentina anche se con una redditività minore. In un mercato competitivo, a lasciare più segni sull’asfalto ormai sono le comunicazioni mobili (in nove mesi in Italia -6,2% contro il -4% del fisso).

Fastweb, che a fine 2011 aveva indotto Swisscom ad una svalutazione di asset per 1,3 miliardi di euro, ha tenuto ricavi piatti: +0,3% nei nove mesi a 1190 milioni di euro (-2,6% a 1261 con il wholesale), con un Ebitda organico in aumento dell’1,1% a 355 milioni e fa già sapere che i ricavi nell’anno resteranno stabili. Nel trimestre però, il fatturato è calato del 2,9% a 408 milioni. Il tutto, pur con un aumento in un anno del 9,2% della base clienti, mentre è stata abbandonata la TV su IP in favore di un accordo commerciale per il satellite di Sky. Sono lontani i tempi in cui il ceo Carsten Schloter spiegava il motivo dell’acquisizione da 4,6 miliardi di euro, spiegando che Swisscom era un’azienda di solidi utili ma in un mercato piatto e per questo comprava un’azienda ancora senza utili ma con fatturati in crescita.

Vodafone a livello gruppo ha svalutato asset per 5,9 miliardi di sterline (“60% Spagna e 40% Italia”, spiega il Ceo Vittorio Colao), ma conferma la guidance per l’anno e aumenta i dividendi. In Italia, sconta al pari di Tim, gli effetti della riduzione delle tariffe di terminazione e l’ipercompetitività di un mercato in cui i bundle tariffari se da un lato garantiscono stabilità di entrate, dall’altra deprimono la spesa di utenti che ormai sanno come gestire il traffico meglio di un ufficio acquisti. Nel semestre, I ricavi da servizi in Italia sono diminuiti del -6,8% al netto dell’impatto della riduzione delle tariffe di terminazione fisso mobile. Un quadro simile a quello spagnolo: da qui la svalutazione, che tiene conto delle prospettive di mercato, spread sui tassi d’interesse incluso. I dati positivi sono quelli del mercato: sempre più utenti che fanno uso di servizi dati in mobilità.

Wind chiude i primi nove mesi del 2012 confermandosi come la società con la migliore performance del mercato italiano con ricavi pari a 4.058 milioni di euro -2,1% rispetto al 2011 principalmente per effetto del taglio delle tariffe di terminazione, al netto del quale la crescita è pari al 2,1%. L’Ebitda nei primi nove mesi si attesta a 1.549 milioni di euro in diminuzione del 2,4% rispetto all’anno precedente per effetto dei minori ricavi e dell’aumento dei costi di approvvigionamento dell’energia. Il margine Ebitda nei primi nove mesi è stabile al 38,2%.

H3G prima della recente sentenza del Tar del Lazio che ha parzialmente annullato la delibera 621/11/CONS si attendeva benefici dalla riduzione dei costi di terminazione, contando sull’asimmetria tra quelli in uscita e quelli in entrata, come spiega il rapporto semestrale della casa madre Hutchison Whampoa. A giugno i ricavi erano in crescita del 6% a 920 milioni di euro, con un Ebitda di 136 milioni (+28%) e un break-even a livello Ebit (da 1 a 2 milioni di euro). Più che l’aumento dei clienti (da 9,1 a 9,3 milioni in un anno), ora fa premio l’innalzamento del profilo, con quelli a contratto saliti dal 36 al 41 per cento del totale ma responsabili dell’82% dei ricavi. Una carta rilevante alla luce dei lancio dei nuovi servizi LTE, che anche H3G ha avviato, accanto all’HSPA+, così come Tim e Vodafone.

Se il settore somma un’economia che flette, un peso dei ricavi dei servizi di Tlc sul Pil passato dal 2009 al 2011 dal 2,88 al 2,57% (dati Agcom), e l’ effetto del calo delle tariffe di terminazione (che sono insieme costi e ricavi), la redditività del business in Italia non sfigura nel contesto internazionale. Almeno in termini operativi. Telecom Italia ha un Ebitda Margin superiore a quello degli omologhi europei: un 41,3% che arriva al 49,9% per le attività domestiche, che si confronta con il 32,6% di DT (41,9% in Germania) o il 35,1% per Telefonica, il 33,5% di France Télécom e Bt. Vodafone, pur con un’erosione di 4 punti, mantiene in Italia un rilevante 42,5%, contro il 30,5% di gruppo o il 35,2% della Germania. Wind è attorno al 40% così come, situazioni eccezionali a parte,Fastweb. Forse anche per questo, l’interesse degli investitori continua ad esserci.

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