Connettere l’Italia entro il 2026, obiettivo ribadito di recente dal ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao, “è alla portata”, ma serve l’impegno di tutti.
E il sostegno pubblico, nell’ambito del nuovo piano di voucher annunciato, va orientato verso le reti Vhcn ad altissima velocità, pena il rallentamento dello sviluppo delle nuove tecnologie. Lo afferma
Elisabetta Ripa, ceo di Open Fiber, società spesso accusata dei ritardi nell’implementazione della fibra a seguito della vittoria delle gare, nel 2015, per portare la banda ultra larga nelle aree bianche dove non c’è l’interesse del mercato.
“Come evidenziato dall’Agcm, un intervento di sostegno della domanda che includa anche le connessioni con velocità inferiori a 100 Mbps – ha sottolineato Ripa – avrebbe l’effetto di ritardare ulteriormente l’adozione di tecnologie più veloci favorendo la permanenza di linee obsolete ancora in rame”.
Rispetto alle criticità alla base dei ritardi nelle aree bianche, Ripa ha ricordato che “a causa di alcuni ricorsi, il piano è partito nel 2018, quindi con due anni di ritardo”.
“Una volta avviati ci siamo trovati davanti a un’enorme mole di burocrazia – ha puntualizzato – Le semplificazioni già varate puntano ad agevolare l’ottenimento dei permessi e il Governo ha dichiarato di considerare a breve ulteriori, drastiche, misure per accelerare i tempi di posa dell’infrastruttura, anche nell’ottica di un efficace utilizzo del Recovery Fund”.
Secondo la manager però “le riforme devono essere scaricate a terra, e l’implementazione delle semplificazioni sul territorio è ancora deficitaria. Nonostante le difficoltà logistiche dovute alla pandemia, nell’ultimo anno siamo riusciti, comunque, a imprimere un’accelerazione. L’Italia ha, infatti, recuperato terreno in Europa anche per quanto riguarda la copertura Ftth delle aree rurali”.
Quanto allo stato delle aree bianche e grigie – aree, queste ultime, dove almeno un operatore aveva dichiarato piani di investimento – ci vorrebbe un aggiornamento della mappatura alla luce delle nuove zone a fallimento di mercato che si sono create “rendendo se possibile più cogenti le dichiarazioni dei privati, in modo da allocare meglio le risorse pubbliche”.